Photo by Mauro Scrobogna / LaPresse

Regioni in bilico

Dal Veneto al Lazio. L'Opa di Forza Italia sul centrodestra

Francesco Gottardi

Nella regione di Zaia i forzisti passeranno presto all'opposizione. In quella di Rocca fanno incetta di consiglieri e "aspettano soluzioni dal governatore" (non chiedono il rimpasto, ma è come se). E in quella di De Luca? Semplice: "Saremo noi a sfidarlo". Lega e FdI masticano amaro

Non solo ius scholae e dintorni. Forza Italia sta alzando la cresta. Da nord a sud: Veneto, Lazio, Campania. Nuova linfa di consenso. Vecchie fiamme. E a questo punto l’ambizione – ieri il sorpasso simbolico sulla Lega, domani chissà – di tornare a decidere le sorti del centrodestra. Tre regioni che valgono per venti. Partiamo dalla più corposa, come rimonta a spese degli alleati: nel Lazio il partito del Cav. aveva eletto tre consiglieri come il Carroccio. Oggi il conto è diventato 7 a 1. Mentre gli assessori in giunta restano 2 a 2. “La matematica non è un’opinione, nemmeno in politica”, sorride Claudio Fazzone, senatore e factotum di Tajani sul territorio. Evita la parola rimpasto. Non sia mai. Eppure, dice al Foglio, “Fratelli d’Italia deve accettare la responsabilità del padre di famiglia sul cambio di equilibri all’interno della coalizione. Noi non chiediamo nulla: spetta al presidente Rocca proporre soluzioni. Un riconoscimento sostanziale del nostro valore”.

 

I forzisti gonfiano il petto a ragion veduta. Perché più dei consiglieri Cangemi e Tripodi, soffiati alla Lega “ma in realtà sempre stati dei nostri”, pesa l’acquisto degli altri due: gli ormai ex pentastellati Colarossi e Della Casa. “Hanno visto in Forza Italia un partito pluralista”, continua Fazzone, “che vuole essere protagonista di una politica più moderata e attenta ai problemi reali. Quindi non è solo una questione numerica: serve attenzione a chi è stato capace ad aggiungere valori esterni che oggi rafforzano tutto il centrodestra”. In attesa di “quell’attenzione” s’è ingolfata la regione Lazio. “C’è un problema di metodo e partecipazione. Non usciremo mai dalla maggioranza, ma se qualcuno continua a fare finta di niente senza darci rispetto allora lasciamo perdere anche gli assessori: è inutile stare in giunta senza poter svolgere il proprio ruolo”. Le discussioni con Rocca proseguono. “Attendiamo risposta e ce ne sarà una prima del prossimo Consiglio. Confido nel dialogo”.

Chi invece non si fa scrupoli a uscire dalla maggioranza, è sempre Forza Italia. Ma in Veneto. Dove la crociata anti-autonomista ha provocato una frattura sempre più profonda con la vecchia Liga. “Frattura che non dipende da noi”, sottolinea Alberto Villanova, capogruppo degli zaiani in regione. Cioè, in teoria, l’ala più vicina al moderatismo forzista (e comunque lo rimane, rispetto ai grugniti à la Vannacci). Villanova è perfino sorpreso “dal livore degli attacchi quotidiani di Flavio Tosi”, rampante segretario regionale, “contro il nostro presidente e il governo di cui loro fanno parte dal ‘95. Mentre Tajani frena sull’autonomia e accelera sullo ius scholae. Altro che Forza Nord: questo ormai è un partito meridionalista. Non ha più nulla da spartire con noi e con il Veneto”. Presto verrà messo agli atti, c’è già una data cerchiata in rosso. “A novembre si scopriranno le carte. Ma Forza Italia ha già annunciato che voterà contro la legge regionale di bilancio. E questo vuol dire passare all’opposizione”.

In Campania cambia l’avversario interno, non la sostanza. Qui i forzisti sfidano FdI. E la partita è aperta: l’ultimo presidente di centrodestra, Stefano Caldoro, ha dato il suo aperto endorsement al viceministro meloniano Edmondo Cirielli. Ma attorno a Tajani, i berlusconiani storici fanno scudo. Reclamano la regione. Così in area moderata spuntano due nomi: l’ex numero uno di Confindustria Antonio D’Amato e il campione di preferenze Fulvio Martusciello. Campionissimo, dopo le oltre 100 mila collezionate alle  ultime europee. “Sono pronto a sfidare De Luca”, dichiarava al Mattino. Anche in questo caso, agli alleati viene riservato il solito repertorio: amici, dialogo, squadra. Poi però lampeggia un’unica soluzione. “Quella che conviene a tutti”. Se non un ricatto, è una promessa.

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