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L'intervista

Concia: “Altro che il mio Pd, donne al potere grazie a Meloni”

Francesco Gottardi

L'ex parlamentare dem, attivista doc, riconosce "il protagonismo femminile in campo conservatore, che la premier ha sdoganato in Italia". E a sinistra? "Tante belle parole. Ma poi i caporali massacrano chi ci prova: Schlein faccia attenzione"

Non è una provocazione. “È un semplice dato di realtà”, sorride Anna Paola Concia. “Due donne, due sorelle dal legame molto forte, hanno inaugurato una stagione del potere femminile completamente altra rispetto al passato”. Queste due donne, due sorelle – manco a dirlo – sono Giorgia e Arianna Meloni. “Comandano loro, fra tanti uomini un po’ mediocri. All’interno di un matriarcato totale”. Piaccia o no alle sentinelle del femminismo, cui pure Concia, già parlamentare del Pd, si sente di fare parte. “Eppure è sotto gli occhi di tutti che a sdoganare tanti traguardi – prima premier donna, prima in un partito di maschi, prima a nominare altre donne ai vertici della pubblica amministrazione – sia la leader di Fratelli d’Italia”.

 

È il paradosso che fa ammattire i dem e mezzo mondo progressista: ma insomma, il femminismo è di destra o di sinistra? Oggi pure Gaber andrebbe in tilt. “A prescindere dai contenuti politici e da come si esercita questa autorità”, spiega Concia, “la dinamica non mi stupisce. Le donne di destra hanno un’altra leggerezza nei confronti del potere: l’approccio di fare, di cambiare le cose. Senza paura di esporsi in prima persona. Dall’altra parte invece abbiamo Schlein, che per fortuna l’ha fatto e spero possa essere esempio per tutte”. Ma è in ritardo, Elly. Insegue. “Ed è innegabile che a sinistra le donne siano sempre state relegate in seconda fila. Mentre quelle che cercavano di emergere sono state massacrate”. Proviene da quella stagione anche Concia: attivista per i diritti civili, omosessuale, sposata in Germania con la sua compagna. E alla fine messa in disparte dal suo stesso partito. Dai suoi cacicchi. “Mi auguro che il Pd esca un giorno dalle sabbie mobili: di galli pronti a ostacolare questa voglia tenace di cambiamento ce ne sono ancora. Perché fanno fatica ad accettarlo, il cambiamento. Non vogliono perdere il proprio status”. Invidiosi, reazionari mascherati? “Abituati, forse. Per questo apprezzo molto il tentativo di Schlein, il suo segnale di autorevolezza, nonostante tutto e tanto scetticismo. Anche se sulle modalità di ascesa dovrebbe prendere spunto da Meloni”. Altro bagno di realtà. “Sicuro. Senza Giorgia a Palazzo Chigi, i caporali dem non avrebbero mai permesso una leader donna”.

Come si spiega allora questo stacco, sul femminismo sbandierato a sinistra e poi messo in pratica a destra? “In campo progressista le donne continuano a essere scelte dagli uomini”, ragiona Concia. “Al contrario, tra i conservatori spicca un protagonismo femminile oggettivamente diverso. Non solo in Italia: si pensi a Thatcher, Merkel, von der Leyen, Metsola, Lagarde. Tutte leadership forti e di centrodestra”. Il confronto storico in effetti è impietoso. In zona rossa, stiracchiandola un po’, vengono in mente Nilde Iotti, Rita Montagnana, Evita Peron, Hillary Clinton. Ma emersero tutte come mogli di (le prime due pure dello stesso, Togliatti). Tocca rispolverare Rosa Luxemburg, progresso congelato per un secolo? “Con grande cautela, percepisco una maggiore subalternità alle logiche maschili da parte delle donne di sinistra, per le quali sembra quasi disdicevole voler comandare. Così vengono cooptate da uomini meno disponibili ad accettarle, e che anzi per il potere si scannano. Meloni invece sostiene che in FdI sono più libere perché non esistono le quote rosa: se sei brava, ti sai districare da un mondo ostile, allora farai strada. Nessuno ha il coraggio di riflettere su questo”. Concia ci provò. “Durante la pandemia, moderando un incontro online fra Giorgia e l’ex vicesegretaria dem Irene Tinagli. Lei sosteneva che non è sufficiente essere donna per essere femminista, la futura premier che nessuna delle sue avversarie politiche è una donna di potere. Forse ci vorrebbe una sintesi tra le parti”. Kamala, oltreoceano. “Ma è uscita allo scoperto soltanto per un passo indietro altrui: anche Harris era tenuta nell’ombra, da un presidente molto padre padrone”. Meloni invece il suo partito machista se l’è mangiato. Da sola.