Foto Ansa/Facebook Arianna Meloni

L'intervista

Ritanna Armeni: “Le Meloni sorelle libere. La sinistra lo ammetta”

Francesco Gottardi

"Insieme fanno un bell'esercizio di femminismo", spiega la storica portavoce di Bertinotti ai tempi di Rifondazione. "L'emancipazione delle donne di destra incarna i valori del progresso: dovrebbe essere una buona notizia per tutti"

L’ironia è doppia. “Da un lato c’è una premier di destra che dà corpo al femminismo storicamente invocato dalla sinistra”, fattore Meloni, pure doppio. “Dall’altro, il suo ‘Dio, patria e famiglia’ va in frantumi. E quello slogan esiste anche nell’inconscio degli uomini di sinistra”. Parola di Ritanna Armeni. Saggista, scuola Potere Operaio, quindi Manifesto, Unità e portavoce di Fausto Bertinotti ai tempi d’oro di Rifondazione Comunista: praticamente l’intero cursus honorum della falce e martello. Dell’emancipazione di genere. “Va riconosciuto”, dice oggi al Foglio: “Giorgia ha costruito un suo personaggio efficace e coerente. E’ una donna reazionaria molto protagonista. E come lei Arianna. La notizia non è che tengono loro le redini della famiglia – questo succede dappertutto –, ma che comandano anche al di fuori di essa. Insieme fanno un bell’esercizio di libertà femminile. E il centrosinistra dovrebbe avere l’onestà intellettuale di riconoscerlo”.

 

Alla vigilia delle ultime elezioni politiche, Armeni augurava a Giorgia “di infrangere il tetto di cristallo”. Ci è riuscita? “Direi che l’ha sfondato. Ha una sua linea politica, dei dossier aperti, la situazione in pugno. Ormai molte donne italiane, sia di destra sia di sinistra, stanno ricoprendo ruoli impensabili fino a poco tempo fa. La cosa curiosa è che in casa Meloni si tratta di due sorelle: all’una il governo, all’altra il partito. Entrambe con vicende personali normali”. Separazioni incluse. “Ci mancherebbe. Quel che un po’ mi sconcerta e un po’ mi fa sorridere, casomai, è la loro idea di sorellanza: un privilegio familistico, anziché un sistema di valori con cui combattere il patriarcato. Sia come sia, svolgono il loro mestiere come ritengono opportuno. Ma senz’altro liberamente. E questo è un processo interessante, molto predicato dalla sinistra eppure praticato dalla destra”.

Una discrepanza sottolineata su questo giornale anche da Anna Paola Concia, altra intollerante al maschilismo in area dem. Come nasce la frattura? “Da una parte”, riflette Armeni, “attraverso un certo vittimismo con cui sono state trattate e protette le donne di sinistra: strumenti – come le quote rosa – non di per sé negativi, ma che hanno costruito un’immagine di donna tutelata. Ecco. La destra invece le donne non le ha mai protette. Anzi, le ha combattute. Quindi loro hanno dovuto davvero erompere dall’interno, contro l’etichetta che gli uomini volevano imporre. E questo è avvenuto in modo plastico con Giorgia Meloni”. Secondo la scrittrice “è in corso un cambiamento da tenere d’occhio, che questa vicenda della sorella – Lollo e dintorni, ndr – conferma in tutta la sua importanza e ambiguità. Si immagini il contrario, Schlein che assegna il potere alla sua fidanzata: non oso immaginare il titolo dell’Andrea’s Version. Al contempo, le dinastie famigliari in politica ci sono sempre state. Anche dall’altra parte dello spettro: i Kennedy, i Clinton, gli Obama, i Biden”. I Craxi, i Berlinguer. “Non mi entusiasmano ma nemmeno mi scandalizzano, dovremmo esserci abituati. Semmai a scandalizzarmi è l’atteggiamento dei giornali italiani che si perdono in campagne stucchevoli sui principi traditi. Non c’è nulla da tradire: ci sono le esistenze umane e basta. Ribadisco, a modo loro le sorelle Meloni sono donne coerenti e tranquille”.

Ma perché allora la sinistra non ne prende atto, magari spostando l’arena della contesa sui contenuti? “E’ vittima della dualizzazione”, conclude Armeni. “Del ragionamento sempre binario: sì e no, pro e contro, buoni e cattivi, giusti e ingiusti. Nemmeno la destra ne è immune. Si tratta di un meccanismo della modernizzazione che intacca le ideologie. Dunque le Meloni devono essere per forza il male. E così non si vede che rappresentano banalmente uno sviluppo sociale e culturale: Arianna che separa la vita pubblica dalla vita privata, che racconta in modo sobrio una separazione sobria”. E per il suo Lollo, ipsa dixit al Foglio, si butterebbe ancora nel Tevere. “Sono dinamiche di cui la sinistra dovrebbe essere orgogliosa. E noi tutti esserne contenti”. In quanto a Dio, chissà. Ma matria e famiglia son già cosa fatta.

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