Meglio Meloni
Il cuore nero della Germania e la Donna della Provvidenza
Perché pensando a quel che avviene in Turingia col fenomeno AfD e al contesto di crisi che connota l’indebolimento del sistema dei partiti storici a Berlino, noi italiani dovremmo accendere il classico cero alla Madonna
Anche a non fare il tifo per questo governo italiano, che ha aspetti molto seri e molto caricaturali, anche a prendere con le dovute cautele l’entusiasmo femminista per le sorelle terribili, anche facendosi venire qualche dubbio importante sul funzionamento di una coalizione che talvolta pare mezza atlantica e mezza russa o almeno monacense, e con tutto il disagio per la piccola chiacchiera reazionaria di un generale parecchio temerario e del suo dante causa, o per sporadici sfregi liturgici alla decenza costituzionale e repubblicana antifascista, basta pensare alla Turingia, alla formazione ideologica e politica di Björn Höcke, insomma al cuore nero della Germania in crisi, per consolarsi e perfino rallegrarsi.
Questo professore di storia che nella storia del suo paese si rinvoltola come in un brago il suino, sulla scia di temibili e variamente dissimulati maestri nazi, e che punta al successo elettorale invocando minaccioso la deportazione universale degli immigrati e degli stranieri: “Abschieben! Abschieben! Abschieben!”, vuole passare dalla Turingia per arrivare alla Germania imponendo lo schema di una nuova identità nazionale fortemente revisionista e decisamente antiliberale, che sarà anche un progetto forse troppo ambizioso, ma non si sa mai. Il nucleo duro del fenomeno AfD è il rovesciamento strategico del paese che si fece costituzionale, democratico, moderno con un movimento di popolo e di classe dirigente capace di scavare nel profondo dell’anima nazionale e di trovare nell’Europa e nell’atlantismo molto più che una collocazione provvisoria nella Guerra fredda. Nel sistema stabile dei partiti, nella costruzione culturale di istituzioni fondate sul superamento radicale dell’antiparlamentarismo che travolse la Repubblica di Weimar, i tedeschi si sono o si erano letteralmente reinventati e, salvo l’effimera scintilla passatista dell’Npd negli anni Sessanta, niente aveva turbato, malgrado gli imperativi della Riunificazione e la funzione di mezzo o di mediazione nei rapporti con l’Unione Sovietica, coltivata dalla socialdemocrazia e dal liberale Genscher come via d’uscita dal nanismo politico di un gigante economico di frontiera tra occidente e oriente, la crescita di una nazione che era arrivata a considerare un reato la formula almirantiana, da noi per un certo tempo blandamente diffusa nella destra missina, del “non rinnegare né restaurare”.
Pensando a quel che avviene nel cuore luterano dell’Europa, luogo di fermenti insieme liberatori e pericolosi, e al contesto di crisi che connota l’indebolimento del sistema dei partiti storici a Berlino, noi italiani dovremmo accendere il classico cero alla Madonna. E sopra tutto dovremmo domandarci come sia stato possibile che l’approdo del famoso “fascismo eterno”, formula offerta da Umberto Eco alle profie col cerchietto nel suo impianto argomentativo sofistico, sia stato un revisionismo del revisionismo e una soluzione politica con lo stampino della normalizzazione, del femminile, dell’alternanza regolare e indolore, di una politica priva di brutalità nonostante gli annunci e le tonanti apparenze originarie, e di una collocazione atlantica e europeista della famosa “nazione”, ché “paese” è dizione anglosassone e di sinistra liberale non amata dal nuovo potere insediato a Palazzo Chigi. Insomma, dovremmo studiare ciò che veramente siamo diventati con l’avvento, alla Flaiano e alla Fruttero & Lucentini, di una Donna della Provvidenza.