la dama bionda

Meloni e il caso Sangiuliano: il timore di audio imbarazzanti sul cellulare di Boccia

Simone Canettieri

La premier vuole evitare il rimpasto in autunno, ma teme che il G7 a Pompei si trasformi in una figuraccia internazionale. Salvini e Tajani in cinico silenzio. L'imprenditrice agita il governo

La descrivono di umore pessimo. Perché dopo il faccia a faccia di venerdì, a margine del Cdm, Giorgia Meloni ha letto sui giornali dettagli che il ministro Gennaro Sangiuliano le aveva omesso. Tra la premier e il titolare della Cultura c’è questa dama bianca, o meglio bionda, Maria Rosaria Boccia. Una presenza minimizzata dal ministro che invece, si continua a scoprire, giorno dopo giorno, ben più centrale e potenzialmente pericolosa. A Palazzo Chigi temono che l’imprenditrice di Pompei sia in possesso di audio e video compromettenti. Soprattutto perché tra due settimane proprio a Pompei sarà in programma il G7 della cultura. Un palcoscenico globale che rischia di trasformarsi in una storia da commedia all’italiana davanti ai giornalisti di tutto il mondo. Ragionamenti che ronzano nella testa di Meloni, costretta  a  una decisione: mollare Sangiuliano subito o difenderlo, ma fino a quando? Intanto opta per scudarlo. 

 

Gli alleati di centrodestra, Matteo Salvini e Antonio Tajani, assistono alla vicenda chiusi in un cinico silenzio. Leggono, commentano in stanze mute, forse sghignazzano. Tuttavia nella Lega e in Forza Italia le bocche sono cucite. Nessun attacco al ministro-giornalista, ma soprattutto zero difese, nemmeno di maniera. La famiglia Berlusconi si tiene alla larga e anzi, non ha mai avuto un grande rapporto in questi due anni con il responsabile della Cultura italiana. Idem Salvini che nel corso degli anni lo ha visto avvicinarsi molto a lui per poi allontanarsi attratto dal richiamo della foresta (e della Fiamma).

 

La decisione è in capo a Meloni, come sempre. Abituata, anche per non darla vinta alle opposizioni e ai giornali, a difendere i suoi colonnelli in pubblico, salvo fare loro il pelo e il contropelo in privato (come accadde, per esempio, con la vicenda del sottosegretario Andrea Delmastro, accusato e a  processo per aver rivelato informazioni riservate al collega di partito e coinquilino Giovanni Donzelli, che poi le usò in Aula contro il Pd: era il caso legato alle visite in carcere  all’anarchico Alfredo Cospito). Questa volta è diverso, pare. Perché le decisioni di Meloni sono legate a una parola: rimpasto.  

 

Se il caso Sangiuliano diventasse indifendibile nei prossimi mesi si unirebbe alla sostituzione di Raffaele Fitto, indicato come commissario Ue, e forse a quella di Daniela Santanchè, titolare del turismo, con due udienze preliminari, per reati diversi, fissate entrambe a ottobre. Tre ministri da cambiare, uguale rimpasto, uguale Meloni 2 con fiducia alle Camere. Non si scappa, lo sanno bene anche al Quirinale. Scenario che la leader di Fratelli d’Italia ha sempre deplorato.

 

Di sicuro in queste ore fioccano nel partito di Meloni gli scenari di possibili sostituti di Sangiuliano. In ordine: il giornalista Alessandro Giuli, direttore del Maxxi, e Giampaolo Rossi, dg  Rai. Poi nel frullatore circolano i nomi dello scrittore Giordano Bruno Guerri (considerato troppo eretico), ma anche dei sottosegretari Gianmarco Mazzi (entrato in quota FdI) e Lucia Borgonzoni (leghista, ipotesi praticamente impossibile).

 

Scenari che restano sospesi. Perché dopo una giornata di riflessioni, al momento di registrare l’intervista con Paolo Del Debbio per “4 di sera” Meloni decide di non forzare la mano. Prende tempo. E dice: “Il ministro mi dice che effettivamente lui aveva valutato la possibilità  di dare a questa persona un incarico di collaborazione non retribuito, poi ha fatto una scelta diversa, ha deciso di non dare quell'incarico di collaborazione per, diciamo, chiarire alcune questioni. Mi garantisce che questa persona non ha avuto accesso a nessun documento riservato, particolarmente per quello che riguarda il G7 e soprattutto mi garantisce che neanche un euro degli italiani e dei soldi pubblici è stato speso per questa persona. E queste sono le cose che a me interessano diciamo per i profili di governo e il gossip lo lascio ad altri perché non ritengo di doverlo commentare oltre..”.

 

Ma il ministro? Alle 15 lo vedono lasciare la sede del Collegio Romano senza rilasciare dichiarazioni. La sua ombra si staglia a Palazzo Chigi, anche se non ci sono conferme di un confronto di persona. “Si sono sentiti al telefono”. E non sono arrivate sviolinate, da parte di Meloni. 

 

Lui dice al suo staff: “Non mi dimetto”. Convinto di poter spiegare tutto, ottimista sul fatto che prima o poi l’affaire Boccia si sgonfi. Opinione che però non corrisponde a quella che si percepisce dalle parti della presidente del Consiglio. Interessata, e quindi preoccupata, dalle ricadute mediatiche internazionali del G7 di Pompei. “Non esistono problemi di sicurezza”, spiegano dal ministero dell’Interno. Il pasticcio resta e non si sa che piega potrà prendere, questo sì.

 

Dentro Fratelli d’Italia i deputati Marta Schifone e Gimmi Cangiano da giorni fanno a gara a disconoscere qualsiasi legame con la dama bionda, entrata da più di un anno nella vita parlamentare del partito. La decisione è in capo alla premier. Le parole restano sospese. Come i giudizi e la fiducia. Come Sangiuliano, ministro sulla corda.
 

  • Simone Canettieri
  • Viterbese, 1982. Al Foglio da settembre 2020 come caposervizio. Otto anni al Messaggero (in cronaca e al politico). Prima ancora in Emilia Romagna come corrispondente (fra nascita del M5s e terremoto), a Firenze come redattore del Nuovo Corriere (alle prese tutte le mattine con cronaca nera e giudiziaria). Ha iniziato a Viterbo a 19 anni con il pattinaggio e il calcio minore, poi a 26 anni ha strappato la prima assunzione. Ha scritto per Oggi, Linkiesta, inserti di viaggi e gastronomia. Ha collaborato con RadioRai, ma anche con emittenti televisive e radiofoniche locali che non  pagavano mai. Premio Agnes 2020 per la carta stampata in Italia. Ha vinto anche il premio Guidarello 2023 per il giornalismo d'autore.