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L'intervista

Tajani chiede a Netanyahu di fermarsi. Chiacchiere con il ministro degli Esteri

Claudio Cerasa

“Tavoli per la pace in medio oriente e in Ucraina? Possibili. Armi a Kyiv? Non siamo come Orbàn. Ius Scholae? Sì, e su ius sanguinis serve una stretta. Rai e canone? Non si tocca. I veri antifascisti? Al governo”

Dice Antonio Tajani, ministro degli Esteri, vicepremier, capo di Forza Italia, che l’estate non è passata invano e che sbaglia chi crede che il suo partito, in queste settimane, si sia limitato a fissare bandierine ideologiche sul terreno di gioco. Non è così, non sarà così e, dice Tajani in questa conversazione con il Foglio, nei prossimi mesi la posizione di Forza Italia, su alcuni temi che hanno catturato l’attenzione di molti, sarà ancora più chiara ed entrerà nella carne viva del dibattito parlamentare.

Il riferimento di Tajani, in questo caso, è al tema dell’immigrazione e la posizione del vicepremier sullo ius scholae è la seguente: “Nel programma che abbiamo presentato alle elezioni, nel 2022, abbiamo scritto con chiarezza che il centrodestra, in caso di vittoria elettorale, avrebbe favorito l’inclusione sociale e lavorativa degli immigrati regolari. Io penso che oggi lo ius scholae possa aiutare a centrare questo obiettivo, rivedendo alcuni automatismi sbagliati che esistono oggi e introducendo un principio di civiltà che possa aiutare a portare avanti un sano principio di un’inclusione sociale nel nostro paese”.

Quando Tajani dice che vi sono alcuni automatismi sbagliati, il riferimento è a un’altra legge dello stato, lo ius sanguinis, che prevede che la cittadinanza sia acquisita per discendenza o filiazione, sul quale, dice il ministro, “ci sono troppi abusi e su cui servirà certamente una stretta”. Sul tema immigrazione, poi, Tajani dice di sottoscrivere le parole pronunciate al Meeting di Rimini dal governatore Fabio Panetta, secondo cui l’Italia avrebbe il dovere di portare avanti “misure che favoriscano l’ingresso di lavoratori stranieri regolari” per il semplice fatto che “le proiezioni demografiche indicano che nei prossimi decenni si ridurrà il numero di cittadini europei in età da lavoro e aumenterà il numero degli anziani” e per il semplice fatto che, come detto sempre da Panetta, “questa dinamica rischia di avere effetti negativi sulla tenuta dei sistemi pensionistici, sul sistema sanitario, sulla propensione a intraprendere e a innovare, sulla sostenibilità dei debiti pubblici”. “Mi sembra evidente”, dice il ministro, “che l’Italia abbia bisogno di maggiore manodopera e che vi siano alcuni settori specifici, come per esempio il mondo della medicina, che senza immigrati regolari in grado di fare ciò che oggi in molti non vogliono fare rischiano di collassare”. Pausa. “Io sono convinto, straconvinto, che questo governo andrà avanti fino alla fine della legislatura. E sono convinto che stare attaccati al centro, come facciamo noi, sia il modo migliore per far crescere il centrodestra. Non voglio andare a sinistra, voglio prendere i voti potenziali di una parte del centrosinistra prima che vadano stabilmente di là. Questo è quello che sto cercando di fare”.

Sullo ius scholae Forza Italia non farà passi indietro, dunque, mentre qualche passo in avanti il partito lo farà, dice ancora Tajani, prima di arrivare ai temi che riguardano la politica internazionale, sul terreno della legge di Bilancio. Due priorità. “Un centrodestra moderno è quello che si fa carico con responsabilità dei problemi di un paese ed è quello che cerca di stare con i piedi per terra offrendo un’alternativa pragmatica ad alcuni problemi reali che non possono essere usati utilizzando solo il megafono della propaganda. Dal mio punto di vista, nella prossima legge di Bilancio Forza Italia ha tre priorità. La prima: utilizzare i soldi che saranno disponibili per intervenire, con più forza rispetto al passato, sul cuneo fiscale e sull’Irpef. La seconda: tornare a offrire agli under 35 delle condizioni migliori rispetto a quelle attuali per poter aprire un mutuo. Terzo: aiutare le madri, nel nostro paese, rafforzando il più possibile il sostegno alla maternità anche per i lavoratori autonomi e le partite Iva”. Tajani ribadisce l’impegno “inderogabile” di Forza Italia a portare le pensioni minime a mille euro “entro la fine della legislatura”. Lancia un messaggio ai partiti della sua coalizione che vorrebbero rivedere il canone della Rai, “che semplicemente non si tocca, non si può toccare, non possiamo mettere in crisi un’azienda”.

Auspica che sul servizio pubblico le nomine vengano presentate al più presto e si dice convinto della possibilità che attorno al nome del prossimo possibile presidente della Rai, Simona Agnes, vi sia “un’ampia convergenza anche tra le opposizioni”. E rispetto ad alcune partite future delicate, che riguardano l’intreccio fra la traiettoria italiana e quella europea, si dice doppiamente ottimista. Si dice ottimista per Raffaele Fitto, “l’uomo giusto al posto giusto”. Si dice ottimista per il peso che potrebbe avere l’Italia nella prossima Commissione europea, “stiamo lavorando bene, la nostra premier sta lavorando benissimo, il nostro partito, che ha votato von der Leyen, sta lavorando bene, anche per smussare gli angoli del dialogo europeo, e sono convinto che molti editoriali che ho letto in queste settimane sull’isolamento del nostro paese in Europa potrebbero essere riscritti, e qualcuno si imbarazzerà di ciò che ha scritto sul dilettantismo presunto di questo governo”. E, ragionando sempre sui temi europei, Tajani sorride quando gli si fa notare un dettaglio, ovverosia che i successi dell’Italia meloniana in fondo nascono dalla negazione dell’agenda estremista, perché il pil italiano cresce grazie all’Europa, le imprese crescono grazie alla globalizzazione, la stabilità dell’Italia non è in discussione grazie alla responsabilità sulle pensioni e l’immigrazione non è un’emergenza anche grazie ai successi di una strategia che si trova all’estremità opposta rispetto alla stagione dei blocchi navali, ovvero la collaborazione con l’Europa.

Tajani dice che è così, “l’Italia è europeista, non può essere altrimenti, e ogni dettaglio della contemporaneità ci dice e ci suggerisce che il nostro paese, per crescere, competere, contare, ha bisogno di più Europa non di meno Europa”. Gli estremismi, già. E il caso tedesco? Quanto è minacciosa, per l’Europa, l’ascesa dell’AfD? “L’AfD fa paura, è un partito estremista, pericoloso per la Germania, pericoloso per l’Europa, e ogni tentativo di imitarlo va combattuto, anche a destra. Detto questo non sono preoccupato. La Germania est è sempre stata così. Penso che sia una questione limitata. La Germania, grazie alla Cdu e alla Csu che sono parte della nostra famiglia popolare, troverà un modo per disinnescare anche questa miccia”. E a questo proposito, rispetto alla lotta contro gli estremismi, il ministro, ragionando sugli scenari futuri internazionali e ragionando in particolare sul futuro degli Stati Uniti, dice di aver paura di una corsa verso il protezionismo. “La crescita dell’Italia si fonda sulle esportazioni. Le esportazioni dell’Italia possono crescere se il protezionismo non prolifera nel mondo. Se il protezionismo dovesse proliferare nei prossimi mesi per l’Italia sarebbe un problema”. A buon intenditor poche parole. Più Europa per l’Italia, dunque, ma l’Italia, per l’Europa, cosa sta facendo? Tajani sa che affrontare questo argomento significa entrare anche qui nella carne viva del sostegno offerto dal nostro paese all’Ucraina, “una democrazia ferita, violata, ostaggio dell’estremismo putiniano”, ma il ministro non accetta in nessun modo di vedere la posizione dell’Italia paragonata a quella dell’Ungheria. “L’Italia”, dice Tajani, “continuerà a sostenere l’Ucraina, anche inviando armi per tutto il tempo necessario, nella consapevolezza che difendere l’Ucraina oggi significa difendere i confini delle democrazie di tutta l’Europa. Ci sono paesi che le armi non le vogliono inviare come l’Ungheria, e ci sono paesi, come il nostro, che hanno scelto di inviare armi ponendo una condizione: non si possono usare fuori dai confini dell’Ucraina, perché concedere di usarle per colpire la Russia significherebbe anche concedere di utilizzarle non solo per colpire obiettivi militari al confine con l’Ucraina ma anche per colpire obiettivi diversi, come potrebbe essere la stessa Mosca”.

Chiediamo al ministro se sia consapevole del fatto che la posizione dell’Italia sia un unicum tra i paesi del G7, considerando il fatto che, Germania a parte, gli Stati Uniti, la Francia, il Regno Unito abbiano imboccato una direzione diversa, ma su questo punto Tajani insiste: “Noi vogliamo aiutare l’Ucraina a difendersi, ma non vogliamo che in nessun modo il nostro aiuto all’Ucraina possa trasformarsi in una guerra contro la Russia. Non siamo pacifisti ipocriti, sappiamo che per difendere la pace serve armare chi si difende, non solo sventolare bandiere bianche, ma sappiamo anche che per difendere la pace occorre tenere aperta una finestra di dialogo ed è quello che proveremo a fare”. Rispetto al rimescolamento del governo ucraino, Tajani dice di non vedere “nulla di drammatico e di diverso rispetto a quanto ampiamente atteso da tempo, e lo stesso presidente Zelensky aveva annunciato prima dell’estate che avrebbe fatto un ampio rimpasto”. Ciò che andrà osservato con attenzione, e ciò a cui sta lavorando diplomaticamente anche l’Italia, è “se nei prossimi mesi si riuscirà a organizzare quella che potrebbe essere una svolta per il conflitto in Ucraina: una conferenza di pace in Arabia Saudita, dove far partecipare anche la Russia e anche la Cina, oltre ai paesi occidentali”. L’Arabia Saudita, ammette Tajani, potrà avere un ruolo cruciale anche in medio oriente, “anche per cercare di arrivare a un cessate il fuoco, che ha la priorità per il governo italiano”, e quando si parla di Israele il ministro degli Esteri consegna al suo interlocutore due riflessioni. La prima: “La comunità internazionale, quando si parla del conflitto in medio oriente, non dovrebbe mai scordare, neppure per un istante, chi è l’aggredito e chi è l’aggressore, ed è incredibile che ci sia qualcuno che consideri il terrorismo di Hamas come il simbolo di una resistenza legittima contro il presunto invasore. Ma una volta stabilite le coordinate bisogna anche chiedersi che destino possa avere la campagna di Israele a Gaza. Lo dico da amico di Israele: ci sono troppi morti, ci sono troppi palestinesi uccisi, non si vedono un’uscita e una direzione possibili e per questo gli sforzi della comunità internazionale dovrebbero essere sempre di più rivolti a chiedere al premier israeliano di lavorare per una tregua, un cessate il fuoco: non si può più aspettare”.

Pausa e sintesi finale. “Vede, noi siamo contro tutti i totalitarismi. Siamo, con forza, contro il totalitarismo putiniano. Siamo, con forza, contro il totalitarismo incarnato da Hamas. Siamo, con forza, contro una dittatura come quella di Maduro, e trovo preoccupante che vi sia una richiesta di arresto, del tutto ingiustificata, per il leader dell’opposizione del Venezuela. Noi siamo contro tutti i fascismi del presente. Senza sconti e senza se e senza ma. Mi chiedo se tutta l’opposizione che ogni giorno accusa i suoi avversari di essere titubanti sul tema dell’antifascismo possa considerarsi fino in fondo distante come lo siamo noi da tutti gli estremismi del presente. Sarebbe bello poter dire di sì, ma qualche dubbio mi resta, e a voi?”.

  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.