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Grillo sfida Conte a duello per il M5s: “O me o lui”. In caso di sconfitta sarà scissione e carte bollate

Gianluca De Rosa

Il fondatore durissimo con l'avvocato: "Vuole abbatere il Movimento" e si prepara alla conta all'assemblea costituente (che vorrebbe però fermare) sul vincolo dei mandati. Ma se perde è pronto ad andare via con la palla (nome e simbolo)

E’ un guanto che precede un duello o è la minaccia di un terremoto politico? In fondo, sono entrambe le cose. Che Beppe Grillo non escluda ormai la scissione dal M5s fattosi “partito di Conte” il Foglio l’ha anticipato giorni fa. Prima però vuole combattere. Paf-paf. Ieri, di buon mattino, con due sonori colpi di guanto alle guance fellone dell’ex premier, il fondatore ha lanciato la sua personalissima sfida a duello. In palio non c’è l’onore, ma il controllo del M5s: “O me o lui”. E al diavolo il contratto da 300 mila euro che il Movimento paga al suo fondatore e che adesso Conte minaccia di far saltare.  Ovviamente la sfida arriva dal Blog, con un post dal titolo schietto: repetita iuvant. E’ forse la prima volta che lo stile di Grillo è diretto, asciutto, senza fronzoli. Nessuna metafora, immagine paradossale o gioco di parole: “Ormai è chiaro come il sole: a ottobre vi troverete davanti a un bivio, costretti a scegliere tra due visioni opposte di cosa debba essere il M5s. La prima è di una politica che nasce dal basso, e non da politici di professione, la seconda è quella di Giuseppe Conte”. E’ una chiamata agli “attivisti”. Più che della sciabola o della pistola sono loro la vera arma – scelta dalle regole del M5s più che Grillo – per decidere il vincitore di questo duello. Con loro il fondatore vuole fermare Conte il fellone, che non sta portando avanti il “rinnovamento, ma un’opera di abbattimento, per costruire qualcosa di totalmente nuovo che non ha nulla a che fare con il M5s”.  Cosa lo indica? All’Assemblea costituente di ottobre Conte vuole votare anche il cambio di nome, simbolo e, soprattutto, vuole rivedere la regola dei due mandati per gli eletti del M5s.

 

Chi è vicino al fondatore ricorda come ammoniva  Gianroberto Casaleggio: “In una riunione ci disse il Movimento ha delle regole, senza rispettarle, una volta entrati in Parlamento, diventerete voi i principali nemici di voi stessi. E la storia si è avverata”. Alessio Villarosa, ex parlamentare  e ultrà per Grillo, ragiona così: “Ma certo che il nodo sono i due mandati, con quella regola Conte che ha già fatto il presidente del Consiglio e il parlamentare, a un certo punto dovrebbe sloggiare, per quello deve togliere il divieto”. Ma tra i beneficiari dell’eventuale cancellazione ci sono anche tanti celebri ex: da Vito Crimi a Paola Taverna, passando per Roberto Fico. Ieri i fedelissimi di Conte, da Michele Gubitosa a Riccardo Riccardi e Alessandra Maiorino intervenivano per difendere il presidente con un profluvio di “Grillo non può fermare il voto”,  “Non decide lui”,“Grillo padre padrone”. Taverna & C, invece, pur schierati con Conte, rimanevano in un pudoroso silenzio, forse memori dei palchi calcati insieme al fondatore ai bei tempi andati.

 

Tra i graziati del vincolo di mandati ci sarebbe  ovviamente anche Virginia Raggi. L’ex sindaca però non apprezza la svolta ultracontiana del Movimento ed è, dicono, “l’unica che ha ancora un rapporto costante con Beppe”. Il comico per due giorni è stato a Roma al solito Hotel Forum. Sicuramente ha incontrato l’ex senatore Elio Lannutti. Sarà passata anche l’ex sindaca di Roma? Sarà lei il vero padrino di Grillo in questo duello ? Conte intanto ha scelto il suo. Il senatore notaio Alfonso Colucci. Uno che ha scalzato il mitico avvocato Lorenzo Borrè nella classifica dei massimi esperti di diritto grillino. In grado con mezza intervista di sminare tutte le trappole giuridiche che Grillo minaccia per prendersi il simbolo, il nome o fermare le votazioni. Eh si perché come dicevamo a Grillo, vedovo di Casaleggio, in piena nostalgia dei Vaffaday, annoiato dai palchi sempre più vuoti, è tornata una passionaccia politica. Soltanto che nel 2021, quando invece si era stufato della politica ha rinunciato, con il cambio di statuto, a moltissimo potere. E in questi tre anni Conte ha ormai preso il partito saldamente tra le mani: il M5s è già il partito di Conte. Anche vincere la conta dell’assemblea costituente sembra una strada davvero complicata. E così, Grillo si è messo in testa di fermare Conte con le carte bollate. Ma è qui che interviene Colucci. Alcuni giorni fa Grillo provava a ricordare due sentenze del tribunale di Genova che darebbero solo a lui la titolarità di simbolo e nome, ecco allora che Colucci intervistato dal Corriere della Sera fa sapere che non è vero, Grillo non possiede niente: “Sono intestati all’associazione presieduta da Conte”,  dice. Non solo. “Grillo con un accordo di riservatezza ha rinunciato a ogni contestazione relativa al nome e al simbolo del M5s”. Ieri Grillo ci ha riprovato,   buttandola stavolta sul suo ruolo di “garante”, che prevede che lui sia “il custode dei valori” e “l’interprete autentico dello statuto del M5s”. Ma ecco subito Colucci dichiarare alle agenzie che il potere di interpretazione di Grillo “non può riguardare la regola dei due mandati per gli eletti perché questa non è contenuta nello Statuto ma nel codice etico”.  La scissione si avvicina.
 

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