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Stecchito dal Tg1

L'intervista di Sangiuliano al Tg1, e le risate che sono più pericolose dei pm 

Salvatore Merlo

Nel suo discolparsi davanti al direttore Gian Marco Chiocci il ministro trasforma la sua funzione in commedia all’italiana, al pari di Bombolo o Alvaro Vitali: uno spettacolo che ha tenuto 3,2 milioni di italiani incollati alla tv

La sinistra rispolvera “teleMeloni” che diventa un ritornello nasale quando, invece, il Tg1 e il suo direttore Gian Marco Chiocci hanno dato il colpo di grazia a Sangiuliano. Ce l’hanno mostrato per quello che è. Un ministro che ha trasformato la sua funzione in commedia all’italiana. L’amante consigliera culturale? “Non c’è giurisprudenza”. Chiede scusa? “A mia moglie, e a Meloni per l’imbarazzo che ho creato”. E poi le lacrime che avrebbero suscitato la reazione di René, il regista di “Boris”, quando commentava la recitazione dell’attrice scarsa: “Cagna, cagna maledetta”. Sicché gli italiani piuttosto che indignarsi, si ammazzano dalle risate. Vittorio Feltri finge di dolersi su Instagram: “Gennaro s’è fatto fottere dalla pucchiacca”. E il vero guaio è che le risate sono molto più efficaci dei pm o delle tiritere di Elly Schlein.


Commedia, dunque, che infatti è piaciuta: l’intervista del Tg1, che conteneva tutte le domande ma soprattutto le fantastiche risposte, è stata vista da 3,2 milioni di persone, il 18,6 per cento di share. La confessione del ministro tontolone  che chiagne e fotte, che s’avvolge in un rovo di bugie e che al ministero aveva portato una signora, Maria Rosaria Boccia, che gli assomiglia tantissimo perché pare uscita dalla stessa sceneggiatura comica. Una che parla come fosse la talpa del Watergate e che sui social rilascia comunicati come una tupamaros, Che Boccia Guevara, l’eroina anti sistema: “Sono stata ingannata, non permetterò che la mia storia venga strumentalizzata dal cinismo, dall’arroganza e dal capriccio di un potere tirannico”. Ecco, il potere tirannico. Solo Sangiuliano poteva produrla una così, ed è proprio vero che Dio li fa e poi li accoppia. Commedia, appunto.  Nemmeno quella antica e nobile di Risi e di Monicelli, ma quella di Banfi, di Bombolo e di Alvaro Vitali, tutta gente che andrebbe presa drammaticamente sul serio. E infatti altro che gli scontrini, il denaro pubblico, le registrazioni, i ricatti in camera da letto, la ricerca del reato che non esiste e le solite dieci domande che sono il rifugio del giornalismo senza idee: solo due cose uccidono davvero, lo sbadiglio e la risata. Mica i magistrati che sono l’arma spuntata e screditata della sinistra. La risata è assassina.

E l’Italia ride di Sangiuliano, va pazza per l’intervista del Tg1, e produce meme a getto continuo, barzellette, video ironici, battute da bar, persino canzoni: “La chiamavano Boccia di rosa / metteva l’amore metteva l’amore”. E dunque c’è Sangiuliano con l’accappatoio di Chiara Ferragni che dice “ho commesso un errore di comunicazione”, e poi c’è lui vestito da antico romano abbracciato a Boccia con sullo sfondo il Vesuvio e una scritta: “Pompei, una serie Netflix”.  E potremmo anche continuare a ridere tutti se alla fine non fosse drammatico per qualcuno, ovvero per il governo che rischia di essere travolto dalla risata, diventandone anch’esso l’oggetto. Giorgia Meloni può scegliere di tenere il ministro comico, per non concedere uno scalpo alla sinistra, pensando legittimamente che “oggi è Sangiuliano domani potrebbe essere un altro”. Ma rifletta che se lo tiene, oggi è lui e domani sarà di nuovo lui. Cantavano Cochi e Renato: “E lo sputtanamento olé / E lo sputtanamento che cos’è? / Forse è voglia di barare / Abbracciare e non toccare”.

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  • Salvatore Merlo
  • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi universitaria in Inghilterra. Ho vinto alcuni dei principali premi giornalistici italiani, tra cui il Premiolino (2023) e il premio Biagio Agnes (2024) per la carta stampata. Giornalista parlamentare, responsabile del servizio politico e del sito web, lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.