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La scelta di Giorgia

Riunioni d'urgenza, linea di difesa e cedimenti: così Meloni decide il destino di Sangiuliano 

Simone Canettieri

La difesa vacilla. I commenti dei militanti, i dubbi della presidente del Consiglio: il ministro della Cultura sempre più a rischio

Di mattina la difesa non è più granitica. I vertici di Fratelli d’Italia iniziano, per la prima volta, a interrogarsi sull’opportunità delle dimissioni di Gennaro Sangiuliano. Giorgia Meloni è costretta ad aspettare gli eventi, ma il clima intorno al ministro della Culturadopo l’intervista scoop del Tg1 al ministropeggiora di ora in ora. In Via della Scrofa evitano di sondare gli iscritti, ma già prima di pranzo  suonano campanelli minacciosi. Chi monitora i social network di FdI nota come la base sia divisa. Fatto inedito. Sotto ai post di ministri e parlamentari c’è chi commenta: “Deve lasciare, questa volta abbiamo mostrato il fianco”.

Certo una parte della fanbase melonista è per “non darla vinta alla sinistra”, ma ormai affiora un altro sentimento: si deve dimettere, chi sbaglia paga. Tacciono i vertici del partito – Giovanni Donzelli e Arianna Meloni – e resta in livido silenzio la premier per tutta la giornata. E però, scava scava, si percepiscono strane vibrazioni intorno al ministro che ieri ha provato a reagire. A resistere. Ad asciugarsi le lacrime con la fatica del lavoro cantando alla Vasco Rossi: “Io sono ancora qua”. Facendo cioè sapere che avrebbe incontrato il sottosegretario all’Economia Federico Freni per parlare di manovra e che avrebbe firmato i decreti attuativi del riordino del suo ministero, un dicastero paralizzato e sotto choc. Con Freni l’incontro è stato solo di percezione: era fissato da tempo, non è stato disdetto, ma è durato appena trenta minuti. Quanto alla macchina del Collegio Romano sembra essere solo una posa. Nell’affaire di Maria Rosaria Boccia, l’influencer di Pompei che tiene in ostaggio il governo, ci sono pezzi della struttura ministeriale che potrebbero aver mentito o che hanno informazioni non note. Nessuna decisione viene presa nei loro confronti. Perché prima della tecnostruttura c’è la responsabilità politica del ministro che sognava l’egemonia culturale della destra. Il tunnel immaginario che collega Via della Scrofa con Palazzo Chigi teme ripercussioni sulla credibilità del governo. I prossimi sondaggi, quelli degli istituti demoscopici, sono attesi con ansia. Per Meloni tergiversare ancora rischia di trasformarsi in uno stillicidio sul piano della popolarità del suo esecutivo e di quella personale. 

Tutto è sospeso, tutto è snervante. Anche l’organizzazione del G7 della Cultura vacilla. A due settimane dall’evento manca ancora il programma. Il prefetto di Napoli Michele Di Bari: “Non abbiamo nessuna novità, perché, come voi ben sapete, il programma è di competenza strettissima del ministero della Cultura. Quando avremo novità dal ministero ci muoveremo”. Farà ancora tappa a Pompei? E soprattutto ci sarà ancora il ministro Sangiuliano a rappresentare l’Italia? Le voci di dimissioni inseguono l’ex giornalista come un’ombra che poi gli si proietta davanti ai suoi passi.

Alle 19 la faccenda prende un’altra piega. L’intervista della Stampa a Boccia è una miccia che deflagra a Palazzo Chigi. Giorgia Meloni sente e vede i suoi vice, Antonio Tajani e Matteo Salvini (collegato). La misura è colmissima. La versione di Boccia confuta quella del ministro. La sedicente imprenditrice dice che: Sangiuliano è ricattato, che lei era conoscenza dei percorsi riservati del G7 a Pompei, che si muoveva in qualità di consigliera per i grandi eventi, che faceva dei sopralluoghi, che tutte le spese erano a carico del ministero, così le diceva lui. Dichiarazioni esplosive che alimentano caos e fanno montare la rabbia di Meloni e dei vertici del partito. La sorella Arianna, numero due di FdI, a chi le chiede un commento preferisce non parlare, ma durante le riunioni che si susseguono si lascia sfuggire con i colleghi un commento che suona così: “Non ci sono aspetti penali, ma Gennaro ha commesso delle leggerezze innegabili”.

L’idea che Boccia possa aver ascoltato telefonate della premier o di altri membri del governo, ipotesi smentita dal ministro, appare invece confermata da Boccia. Chi sussurra a Meloni, e cioè il sottosegretario Giovanbattista Fazzolari, è per la linea dura: la difesa a oltranza del “fino a prova contraria” vacilla. E’ ora di dare una scossa per uscire agilmente da queste sabbie mobili. Anche perché l’opposizione non molla, ci sono gli esposti, le richieste di question time. “Quanto può reggere Sangiuliano?”. La domanda rimbalza a Palazzo Chigi. Dove per prassi e grammatica istituzionale si cerca un’opinione anche del Quirinale. Il presidente della Repubblica rientra in serata dal G7 di Verona. Meloni deve e vuole parlarne con lui di questa vicenda. L’opportunità politica ormai sovrasta tutto. Oggi Meloni è attesa nella città scaligera per l’evento dedicato ai Parlamenti con Roberto Metsola e lo speaker della Camera Mike Johnson. La sua presenza balla. Coma quella nel governo di Sangiuliano.

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  • Simone Canettieri
  • Viterbese, 1982. Al Foglio da settembre 2020 come caposervizio. Otto anni al Messaggero (in cronaca e al politico). Prima ancora in Emilia Romagna come corrispondente (fra nascita del M5s e terremoto), a Firenze come redattore del Nuovo Corriere (alle prese tutte le mattine con cronaca nera e giudiziaria). Ha iniziato a Viterbo a 19 anni con il pattinaggio e il calcio minore, poi a 26 anni ha strappato la prima assunzione. Ha scritto per Oggi, Linkiesta, inserti di viaggi e gastronomia. Ha collaborato con RadioRai, ma anche con emittenti televisive e radiofoniche locali che non  pagavano mai. Premio Agnes 2020 per la carta stampata in Italia. Ha vinto anche il premio Guidarello 2023 per il giornalismo d'autore.