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Diplomazia veneta

Zaia scrive a Zuppi e riapre la partita sull'autonomia

Francesco Gottardi

L’ostilità della Cei alla riforma rischia di essere un duro colpo alle ambizioni del Veneto, regione leghista ma ancora di più cattolica. Da qui la lettera del governatore al porporato: dall’allarme per “morte del Meridione”, ora i vescovi aprono al dialogo

La fumata bianca in questo caso non sarebbe un nuovo papa. Ma per il Veneto poco ci manca: il placet della Chiesa sull’autonomia differenziata. Per adesso un miraggio. Eppure, dopo l’accorata lettera di Luca Zaia al cardinale Zuppi, presidente della Conferenza episcopale italiana, s’è aperto un barlume di dialogo. Inimmaginabile, fino a ieri. Poi in serata il monsignore si trova a Mestre, per il Festival della Politica. E a margine dell’evento fa trapelare poche ma chiare considerazioni: “Ci confronteremo. Da parte della Cei non ci sono preclusioni”. Soltanto la settimana scorsa il vice di Zuppi aveva parlato di “rischio Far West e morte del Meridione”. Nel mezzo, l’intervento diplomatico del doge. A quanto pare un capolavoro.

La lettera di Zaia al porporato – sotto il testo integrale – si apre con “il dispiacere che ho provato come amministratore pubblico, ma anche come cattolico, di fronte alle affermazioni di Francesco Savino in cui viene ribadito il concetto di ‘secessione dei ricchi’”. Viene poi sottolineato “l’egoismo e la mancanza di solidarietà” di fronte al volere dei veneti “che al 98 per cento hanno risposto affermativamente al quesito referendario per avere maggiori forme di autonomia”. E qui il monito a Zuppi: “L’uso politico che può essere fatto di una simile presa di posizione cela il rischio di far percepire una divisione tra ‘cattolici buoni e cattolici cattivi’ con l’idea che chi sostiene l’autonomia debba essere ascritto tra i secondi. Non spetta me a dirlo, ma me lo lasci ricordare, il ruolo della Chiesa è quello di unire. Quanto sollevato dal rappresentante della Cei non può esaurirsi nelle cronache dei giornali: mi piacerebbe che fosse possibile condividere un confronto sul tema dell’autonomia in modo serio, aperto e, soprattutto, costruttivo”.

 

 

Evidentemente Zaia tocca i tasti giusti. Perché la lettera, datata 31 agosto, trova subito l’attenzione dell’assemblea permanente dei vescovi. Nei giorni seguenti Zuppi risponde a Zaia. E giovedì pomeriggio, a poche ore dall’intervento del cardinale a Mestre – tempistica casuale? Assai improbabile –, il governatore si lascia sfuggire qualche sorriso di troppo dal palco di Verona, dove si trovava per il G7 dei Parlamenti. “Ho avuto risposta, ma siccome è fresca di stamattina è corretto che se ne parli nelle prossime giornate. Questione di rispetto nei confronti del monsignore”. Secondo il Gazzettino, l’ottimismo fatto trapelare da Zaia è significativo. E lo è altrettanto la serata veneziana di Zuppi, proseguita fino al Lido: “Cosa ho risposto a Zaia? Sono qui per parlare di cinema”. Sibillino ma cordiale. E quel “troviamoci” mormorato nelle ore precedenti fa pensare che la partita sia ancora aperta.

Non era scontato, dopo la bordata a mezzo stampa di Savino che seguiva settimane di sapiente lavoro ai fianchi da parte di Forza Italia. Come avevamo scritto, Tajani e Tosi hanno perfettamente capito che l’unica chance per rimettere in discussione l’autonomia anche nel plebiscitario Veneto è coinvolgere il popoloso mondo cattolico. E forti del suo appoggio, infliggere spallate centraliste a ripetizione. Avevano iniziato bene, i forzisti. Zaia si è subito preoccupato: sa bene che la sua regione, prima che leghista, è innanzitutto di vocazione democristiana. E i suoi amministratori sul territorio al momento sono troppo deboli, troppo divisi, troppo indaffarati a fermare l’emorragia di consenso per organizzare una risposta concertata. Serviva l’intervento dogale. L’estremo tentativo, verso la fine del suo mandato. Zaia ci ha messo la faccia con una missiva anche abbastanza dura. E ha portato a casa un round importante: se anche Zuppi dovesse dichiararsi contrario ai passaggi tecnici ma non all’aspetto morale della riforma, sarebbe una mezza vittoria. Seguiranno incontri, nelle prossime settimane si vedrà. Intanto il doge sorride: chiedeva “ricerca della verità”, ha avuto l’attenzione della Chiesa.