Foto dal profilo Instagram di Maria Rosaria Boccia

la rassegna

“Piazzale caduti della figa”. Sangiuliano è solo l'ultimo

Francesco Palmieri

Ministri dimessi, leader azzoppati. C’è una maledizione a destra. Prima dell'(ex) ministro della Cultura ci fu Fini, poi Bocchino (e c’è pure Lollo) 

Le “vecchie zie” di Longanesi non battono più un colpo. O si sono forse reincarnate nelle nipoti della destra, costrette a raddrizzare la barra per correggere la scombinata rotta degli uomini invaghiti delle ondine. Sono forse loro, le nipoti, a supplire quali “custodi dell’ordine classico”, “fusti di quercia, dalle radici ben solide, ben piantate”, mentre una sorta di anatema si perpetua sugli esponenti maschili. La maledizione si condensa in un succoso vocabolo napoletano di origine latina citato da Vittorio Feltri per il caso Sangiuliano (“pucchiacca”); l’altro Feltri invece, Mattia, evoca ironicamente “le vecchie care tradizioni” amatorie del Ventennio, traendo esempi da un gustoso libro del maudit Giancarlo Fusco (ricordevole anche per la parte dell’ufficiale golpista nella commedia monicelliana “Vogliamo i colonnelli”). 

  

Sarebbe ingeneroso giudicare ignorando i precedenti la vicenda dell’ex ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano, impallinato dalla influencer Maria Rosaria Boccia che col suo stillicidio su Instagram ha convalidato la massima maschilista di Ennio Flaiano: “Le donne scrivono per vendicarsi”. All’ideale galleria di carriere politiche & destini privati finiti in cocci per ragioni di cuore la destra ha consegnato diversi casi, forse per la sovrapposizione tra sorte ideologica e sfera personale tipica di una comunità costretta ai margini per molto tempo.

 

La relazione con Elisabetta Tulliani (e famiglia) segnò la fine politica del grande traghettatore Gianfranco Fini, oltre a quella del suo matrimonio con Daniela Di Sotto, un amore a sua volta maturato in circostanze drammatiche. Lei era sposata con un dirigente del Msi, all’epoca segretario provinciale del Fronte della Gioventù romano, che quando fu lasciato tentò il suicidio. La condivisione militante rende pubbliche faccende intime e le espone al gossip mediatico nel borgesiano giardino dei sentieri che si biforcano. Si dissero due volte addio, la seconda per sempre, Gianni Alemanno e Isabella Rauti: la separazione nacque la prima volta per motivi ideologici, la successiva per ragioni personali. Segmenti di vita condivisa nel giorno e nella notte che prima o poi si spezzano come è accaduto per Francesco Lollobrigida e Arianna Meloni, con inneschi al confine del pettegolezzo, e casi in cui la colleganza è fertile terreno anche per nuove, magari effimere liaison (vedi la vicenda Bocchino-Carfagna, che ruppe un matrimonio).

 

Sono gli uomini a inchiostrare le sceneggiature degli addii che si consumano tra pubblici uffici e camere d’albergo, con meno discrezione e ipocrisie che a sinistra ma perciò più suscettibili di oscillare tra lo script di Neri Parenti e qualche capoverso di Louis-Ferdinand Céline (“decisamente avevo un’anima sbottonata come una brachetta”, considera il protagonista di Viaggio al termine della notte). Gli amori tragici e sofferti che hanno segnato il ricco pantheon narrativo di destra, come quello per Jeanne raccontato da Drieu La Rochelle nel Diario di un delicato, sembrano adeguarsi ai tempi minori degli anni del selfie, al profetico flaianesco “chi mi ama mi preceda”, per cui sono le immagini molteplici e confidenziali postate da Boccia con ’o ministro a preludere alla burrasca pubblica, e sono tempi minori quelli in cui la diffusione di fuori onda imbarazzanti fa scoppiare le coppie.

 

E’ per nulla patriarcale la destra del 2024, perché se si richiamasse interamente alle tradizioni evocate da Fusco vedrebbe Genny Sangiuliano (e non soltanto lui) ancora nel suo letto e dietro la sua scrivania, né la premier dovrebbe fungere da “vecchia zia”. E’ da Fusco difatti che traiamo la poesiola che Ettore Muti, testa calda e tombeur de femmes con alcova sulle Mura Aureliane, consegnò a un amico impicciatosi in duello con un conte per via della contessa: “Mi domando perché mai/ ti vai a mettere nei guai/ con le dame aristocratiche/ rompiballe ed antipatiche/ quando invece puoi venire/ con soltanto 10 lire/ senza il rischio di un duello/ in un comodo bordello!”.

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