Femministe, e allora?
Il caso Boccia ricorda alle donne che non si vive di sola lotta al patriarcato
La quasi-consulente dell'ex ministro Sangiuliano, instancabile, si sta producendo in un revenge political con allusioni porn sui social che dura da giorni. E' diventata un ormai simbolo. I difetti dei maschi li si denuncia sempre, quotidianamente. Ma i difetti delle donne, e quello che rappresentano in alcune occasioni, perché le donne hanno così paura a denunciarli?
Al trentanovesimo “dottoressa Boccia”, Fantozzi (io) non si sentì tanto bene. Sono tutti condivisibili i discorsi contro di lui. Indegnità ministeriale, sospetto di peculato, inopportunità, inconsistenza del maschio, exequatur tutto, non si salva niente. Abbiamo pregato affinché Meloni accettasse le dimissioni per finirla con questo strazio, perché le brioche al popolo sono buone quando sono poche, perfino i pettegoli avevano la nausea (bugia!). Passiamo a lei. La dottoressa. Maria Rosaria Boccia viene chiamata dottoressa a profusione, continuamente, seriamente. Un timore di possibile lesa maestà quando si parla di lei. Per paura di che?
Quale sarebbe il riflesso pavloviano? Se la chiamiamo dottoressa siamo il tipo di persona corretta, che mai e poi mai penserebbe provinciale, che non la confonde con una con mire espansionistiche? La chiamo dottoressa e devo trovarla amazzone fantastica, prode guerriera contro il potere? Una è libera di avere ambizioni politiche, ma per le ambizioni politiche non c’erano i concorsi da assistente parlamentare? Fidanzarsi è corsia preferenziale, è inutile cercare il dottoressa per nasconderci.
Non si può dire che fa ridere. Non si può dire impresentabile lui e impresentabile pure lei. Il paladinismo femminista ti guarda storto, bisogna prendere le difese di qualsiasi cosa in nome di qualche altra cosa che nessuno conosce, e si prosegue con un blind trust generale tra femmine e siamo tutte perse nella nebbia, come in una tazza di latte.
C’è questa ragazza, sorriso ignifugo e accogliente, piena di denti. Bellezza da cartoline americane del secolo scorso, bambolosa e bionda, l’aggravante è che ha studiato e non ha vent’anni. Quindi, a meno di non volerci sempre considerare poverelle e vittime ad usum, possiamo dire che non è Cappuccetto, l’ultima arrivata nel bosco. E’ una che il fatto suo lo sapeva e lo sa, Sangiuliano o un altro sarebbe stato lo stesso. I difetti dei maschi li si denuncia sempre, ogni giorno, in nome del patriarcato. Ma i difetti delle donne, e quello che rappresentano in alcune occasioni, perché le donne hanno così paura a denunciarli?
La quasi-consulente del ministro, instancabile, si sta producendo in un revenge political con allusioni porn sui social che dura da giorni. Non appena le chiacchiere danno cenno di calare, è pronta su Instagram con una nuova storia, un post criptico, un foglio allegato a una mail. Accorta nella scelta del momento giusto per aprire il rubinetto, nell’intervista per La Stampa è calma, asettica ed energica. Soprattutto è cauta, è ben addestrata da un avvocato. Sa come rispondere, come prendere il perimetro migliore delle domande, come alludere a cose che il ministro saprebbe, rilanciando poi a lui l’onere di rivelarle. Sa bene quando calciare in tribuna: questo fa di te una giocatrice molto più che un bersaglio.
Pettinatissima, liftatissima, rossettatissima. E meglio ancora: vede bene la linea sottile della diffamazione, dell’intrusione penalmente rilevante. È intelligente e per niente turbata. Sicuramente non era amore per Gennaro Sangiuliano, il cuore non le fa male.
Che avrà ancora da parte? Chissà. Intanto il capitale social aumenta: centomila follower sull’Instagram, quindi già un bell’introito a sfruttamento certo, comunque vada. E’ l’epoca in cui lo scandalo è prezioso, se sai come fare. Moltiplica il tuo nome in giro, e si moltiplicano i pani e i pesci. Era così attrezzata che ha filmato il filmabile con gli occhiali lisergici, registrato telefonate e varie conversazioni, ha le chat piccanti. Prudentemente e di traverso le è stata fatta la domanda: ma lo scopo di farsi il dossier qual era, cara signora?
Dribbla, si sposta subito in difesa. Perché non sarei stata creduta, dice. E da chi voleva essere creduta? Ma soprattutto: per fare che? Ci sarà una parte della storia in cui lei è stimabile, è una campionessa dell’opposizione, o di qualsiasi altra cosa si trovi dalla parte giusta. Poi ho chiesto ai giovani, perché ho sempre il dubbio che sto facendo donna contro le altre donne, che domani mi sveglio fascista, e la mia collega più giovane, Anna Chiavacci, ventiquattro anni e quasi avvocato dice di no. Non si salva niente.
Ma quale femminismo? Femminismo è quando lo fai per tutte, non quando lo fai solo per te. I due personaggi della storia si meritano a vicenda. La dottoressa si sta ben sistemando gli affarucci suoi, cosa legittima anche se il metodo è detestabile. Voleva l’italianissima unisex raccomandazione, è pregata quindi di ritirare in portineria la sua parte di pernacchie.