La legge sul cinema

Che cosa deve fare il neo ministro Giuli sul tax credit, bestia nera di Sangiuliano? Parla il produttore Tozzi

Marianna Rizzini

La preoccupazione di produttori e registi, l'appello di Nanni Moretti. La questione della "griglia di accesso" e quella "della composizione delle commissioni per i contributi selettivi" (no all'esempio dell'ex ministro)

Titoli di coda su Gennaro Sangiuliano ministro della Cultura, titoli di testa su Alessandro Giuli nello stesso ruolo. In mezzo, per quanto riguarda il cinema, il tema e il problema del tax credit, tra l’intervento dell’ex ministro in materia (intervento che ha sollevato molte preoccupazioni nel settore, nei mesi scorsi), e le parole di Nanni Moretti dal palco di Venezia: “Forse”, ha detto il regista ricevendo il premio per il miglior restauro a “Ecce bombo”, “noi registi e produttori dovremmo essere più reattivi nei confronti della nuova, pessima legge sul cinema”. Intanto la segretaria del Pd Elly Schlein ha invocato una “grande mobilitazione a difesa della cultura e dell’audiovisivo” e il presidente dell’Unione produttori di Anica Benedetto Habib, su Repubblica, non ha nascosto il “fastidio” per l’empasse createsi – Sangiuliano regnante al Mic – in attesa delle nuove norme sul tax credit: “Noi non siamo una controparte”, ha detto Habib, “siamo l’industria di riferimento del ministero della Cultura. Che impiega duecentomila persone, che rappresenta un sistema di promozione internazionale enorme, che ha mutato negli ultimi quindici anni completamente la sua natura da struttura artigianale a industriale, anche con i grandi investimenti da parte delle piattaforme”.

 

Ma che cosa si può fare, ora? Come intervenire? E che cosa si aspetta l’industria del cinema (e indotto) dal nuovo ministro Giuli? Il produttore Riccardo Tozzi invita a “riprendere il senso della realtà, fuori dalle polemiche: l’irritazione del settore, e  lo stesso ritardo d’intervento sulla materia, erano a mio avviso anche dovuti a una certa difficoltà di dialogo con Sangiuliano, visto il suo atteggiamento per così dire non simpatizzante a prescindere per la categoria”. Invita, Tozzi, a “ricordare che, negli anni passati, da più parti era stato sollecitato un intervento su alcuni specifici aspetti della legge Franceschini – legge che ha dato molti frutti positivi ma che ha mostrato, negli anni, alcune debolezze. Ed è vero che, sempre da più parti, erano stati sollecitati interventi volti a riequilibrare la distribuzione delle risorse, per ovviare al problema dell’‘eccesso’ di film non ben identificati e prodotti in modo estemporaneo. Il decreto di cui parliamo, a mio avviso, nel suo impianto, non è da buttare tutto in blocco. Ma ci sono due punti critici, in particolare, su cui il ministro Giuli – da cui ci si aspetta un atteggiamento diverso, nel senso del non pregiudizialmente antipatizzante – potrebbe partire, pur nella complessità della materia, per raggiungere una soluzione, magari dopo aver ascoltato le varie categorie del settore audiovisivo”. Quali sono i punti? “Intanto, la fondamentale questione della ricerca di una griglia realistica di accesso al tax credit che permetta per quanto possibile di evitare ingiustizie. E’ questione non facile da risolvere, è chiaro che qualche limite deve essere messo, ma senza tagli con l’accetta. Con l’impegno di tutti è possibile farlo, ripeto, essendo a monte consapevoli che è complicato trovare soluzioni da cui non scaturiscano ingiustizie. Motivo per cui il dialogo è essenziale. Secondo, vista la diminuzione dei contributi automatici, e invece di lanciare campagne apocalittiche, in un senso o nell’altro, ci si concentri sulle commissioni per i contributi selettivi e sulla loro composizione: l’ex ministro Sangiuliano, in uscita, ha agito in questo senso in modo a mio avviso molto discutibile. Si può fare di meglio, ci aspettiamo si faccia di meglio. E ripeto: il settore è esasperato per la lentezza d’intervento, lentezza che ha creato grande incertezza riguardo al processo produttivo, e anche per il clima che si è creato”.  
 


 

  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.