Il retroscena

Il pranzo di Giorgetti con il governo sulla Manovra: attenzione al debito. E Meloni: piano natalità

Simone Canettieri

Incontro a Palazzo Chigi del ministro dell'Economia con Giorgia Meloni e i leader del centrodestra. Pochi spazi a esotismi, dice il titolare del Mef. Sullo sfondo le parole di Draghi a Bruxelles

Niente Liguria, zero Rai e nemmeno situazione internazionale con il grosso rovello di cosa fare con le armi all’Ucraina. Il pranzo di Giorgia Meloni con Antonio Tajani, Matteo Salvini e Maurizio Lupi viene in un certo senso monopolizzato dalla presenza di un altro commensale: il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti. Si è parlato dunque di una manovra non semplice alla luce delle nuove regole del patto di stabilità da rispettare in Europa e dello scadenzario da inviare a Bruxelles. Giorgetti ha illustrato il Piano strutturale di medio termine  (gli investimenti) e la traiettoria (il percorso di rientro del debito) che dovrà essere consegnato entro il 30  settembre. Nella nota finale si parla di “manovra seria” senza spazio a “esotismi”. Poche cose e serie. Si trattava di una riunione programmata per spiegare di fatto il nuovo piano che sostituisce Def e Nadef.  


E’ stata più una lezione che un pranzo, dicono dal ministero di via XX Settembre. I desiderata dei partiti si conoscono: la Lega batte su flat tax, Forza Italia sogna le pensioni minime a 1000 euro. Nei prossimi giorni al Mef si svolgeranno una serie di riunioni con staff e ministro Giorgetti per capire le priorità dei partiti. L’insieme della manovra si aggira intorno ai 25 miliardi. Le misure che il governo vuole rifinanziare sono il taglio del cuneo e scaglioni Irpef che costano in tutto, entrambe, circa 10 miliardi. Meloni sogna un piano per la natalità che vada oltre i congedi parentali e i bonus per le donne che hanno più di  due figli.   

Mentre andava in scena il pranzo, uscivano le dichiarazioni di Mario Draghi a Bruxelles. Usate subito dal centrodestra per rovesciare una certa narrazione dell’Europa cara al centrosinistra. E così il capo delegazione di Fratelli d’Italia a Strasburgo, Carlo Fidanza, non ha avuto problemi a dire bravo al dossier di Draghi “perché  ha il merito innegabile di richiamare l'Ue alla concretezza delle grandi sfide e di scrivere finalmente la parola 'fine' su una stagione dominata troppo a lungo da una dannosa ideologia ultra-ambientalista e anti-industriale”. Stesso spartito anche per Paolo Borchia, capo delegazione della Lega al Parlamento europeo: “L’establishment che da sempre governa in Ue si accorge che questa Europa, a dispetto della retorica imperante, ha grossi problemi e non piace ai cittadini, così l’establishment stesso tenta di trovare le risposte per rimediare ai suoi stessi errori. La nota positiva, in questo caso, è che il report Draghi è costato molto meno dell'inutile carrozzone della Conferenza sul Futuro dell’Europa, già finita nel dimenticatoio”.

L’immagine restituita dal pranzo di ieri a Palazzo Chigi è quella di un governo che vuole chiudere per sempre la storia che ha portato alle dolorose dimissioni di Gennaro Sangiuliano per cercare di concentrarsi “sui temi concreti che interessano ai cittadini”, per dirla con Meloni. Una risposta che arriva a 24 ore dalle parole d’ordine di Elly Schlein, leader dell’opposizione, su manovra e diritti. Il canovaccio cioè di questo autunno parlamentare. E’ convinzione comune, ad ascoltare le confidenze dei presenti all’incontro di ieri a Palazzo Chigi, che non ci sarà spazio per le bandierine. Da Giorgetti sarebbe arrivato ai leader dei partiti un invito alla prudenza di fronte al debito pubblico elevato. Non ci saranno tesoretti da spendere, dunque, ma per dirla con le parole del vicepremier Antonio Tajani “una manovra che non sarà lacrime e sangue ma non dovremo nemmeno sperperare denaro pubblico”. Una novità intanto si vede all’orizzonte per i dipendenti pubblici. Potranno restare al lavoro fino a 70 anni per il tutoraggio o l’affiancamento dei nuovi assunti. Funzionerà così: a fronte del trattenimento in servizio di un dirigente – scelta non imposta per legge ma che spetterà alla singola amministrazione e alla volontà del singolo lavoratore – si rinuncerà all’assunzione di personale per lo stesso importo di spesa, ma nel limite del 10 per cento delle facoltà assunzionali, col beneficio di mantenere invariati costi del lavoro delle amministrazioni, e ridurre allo stesso tempo la spesa previdenziale. E' quello che prevede una bozza di articolo da inserire nella manovra, allo studio del ministero della Pubblica amministrazione di intesa con il ministero dell’Economia. Vacanze finite, dunque. E sotto con i numeri, duri e poco inclini a essere tirati per convenienze politiche. I prossimi appuntamenti riguardano i piani da inviare a Bruxelles che dovrebbero passare dal Consiglio dei ministri il 17 settembre. Le opposizioni vorrebbero discuterne prima alle Camere. Meloni sa che la strada è stretta e che con un vicepresidente esecutivo come Raffaele Fitto la serietà dell’Italia dovrà passare dai conti in ordine. Poi penserà a ridistribuire le quattro deleghe del ministro destinato a Bruxelles a fare da spalla a Ursula von der Leyen.

  • Simone Canettieri
  • Viterbese, 1982. Al Foglio da settembre 2020 come caposervizio. Otto anni al Messaggero (in cronaca e al politico). Prima ancora in Emilia Romagna come corrispondente (fra nascita del M5s e terremoto), a Firenze come redattore del Nuovo Corriere (alle prese tutte le mattine con cronaca nera e giudiziaria). Ha iniziato a Viterbo a 19 anni con il pattinaggio e il calcio minore, poi a 26 anni ha strappato la prima assunzione. Ha scritto per Oggi, Linkiesta, inserti di viaggi e gastronomia. Ha collaborato con RadioRai, ma anche con emittenti televisive e radiofoniche locali che non  pagavano mai. Premio Agnes 2020 per la carta stampata in Italia. Ha vinto anche il premio Guidarello 2023 per il giornalismo d'autore.