Il ritratto
“Dialogo e autonomia”. La ricetta di Stefani, che sta scalando la Lega
A 32 anni diventa il più giovane vicesegretario del Carroccio dopo Matteo Salvini e lo fa dall’entroterra veneto, ostile al capo e scettico verso i suoi yes man: “Così ho ricompattato il partito”. I complimenti di Zaia
È riuscito a conciliare il doge e il capitano. Perfino il Veneto leghista – impresa ardua, di questi tempi. Se l’aspettava, Alberto Stefani? “Ho saputo della nomina soltanto pochi giorni fa”, dice il nuovo vicesegretario del Carroccio, che insieme a Claudio Durigon andrà a sostituire Lorenzo Fontana e Giancarlo Giorgetti. “Mi sono messo al servizio del partito, la nomina è arrivata dal direttivo federale. Ma me l’aveva comunicata Salvini stesso”. E che ha detto, Salvini? “Di valorizzare i territori. C’è tanto da fare, vengo dall’esperienza della segreteria regionale e so bene quali sfide ci aspettano. A proposito: il 21-22 settembre partiremo con la ‘gazebata’, per spiegare ai veneti a che punto siamo sull’autonomia. E per spiegarglielo dalle loro piazze. Da tempo non percepivo tanta unità attorno a noi”.
È per questo che è stato scelto Stefani: ha la stoffa di chi sopravvive. Sa compattare, non sparla mai del suo mondo – nemmeno di Vannacci, poi ci torniamo – ed è un diligente esecutore senza grilli per la testa. Di quelli che piace a Matteo. E a 32 anni ancora da compiere diventa il secondo vicesegretario della Lega più giovane di sempre: il primo oggi è vicepremier. “Milito in questo movimento da quando ne ho 15, a 25 ero deputato”, rivendica Stefani, già sindaco di Borgoricco (Padova) e discepolo dell’area Bitonci. “Ringrazierò sempre Salvini e il Carroccio per avermi dato fiducia: un partito che investe nei giovani sa guardare avanti”. La base della Liga l’ha accusato ripetutamente di essere uno yes man, un soldatino, il parafulmine di Salvini nel nordest eletto con un colpo gobbo. Evidentemente c’è di più. Perché ora, contro di lui, non si sente più mezza voce fuori dal coro. “Alberto ha dimostrato di essere una figura di rilievo nel panorama politico”, lo incorona Zaia. “Il suo lavoro è stato sempre caratterizzato da grande competenza, dedizione e passione per il territorio veneto e l’Italia intera. Sono certo che continuerà a contribuire alla realizzazione di importanti progetti per il paese: Stefani assume questo incarico in un momento cruciale”. Tradotto, repetita iuvant, autonomia.
Tra le varie manifestazioni d’affetto, lo stesso Stefani ammette che i complimenti del governatore sono stati la più piacevole sorpresa. A riprova che a queste latitudini non tutti avevano scommesso su di lui. “Il nuovo vicesegretario sarà un valore aggiunto per tutti i veneti”, ribadisce Alberto Villanova, capogruppo di Zaia in Consiglio e barometro dell’attivismo locale. “Come si fa a fare sintesi? Lavorando, portando a casa risultati, aprendo la strada al dialogo”, spiega Stefani. “L’equilibrio si ottiene nel rispetto reciproco”. Gli arriva tempesta e la trasforma in sereno. Parata e risposta. “Anche candidature indipendenti come quella di Vannacci arricchiscono il nostro movimento: non solo dal punto di vista elettorale. Poi ognuno ha le proprie sensibilità. Ma quando c’è da rimboccarsi le maniche sappiamo fare squadra. Ora in Veneto ce lo riconoscono tutti”.
Non menziona il flop delle europee, sottolinea semmai che “le amministrative sono andate molto bene”. Non si lamenta del pressing di Fratelli d’Italia per il dopo Zaia, ribadisce che “noi continueremo a tenere la barra dritta e a dimostrare di esserci attraverso il consenso territoriale. Viviamo un momento positivo”. E infine non si crogiola nella prestigiosa nomina. Col dovuto rispetto, quasi la ridimensiona. “Diciamo che è un importante ruolo di servizio: tanta gestione interna, attività di tesseramento, organizzazione e logistica”. Sbadigli, insomma. A lui il lavoro, agli altri la copertina. Per chi volesse fare strada nel Carroccio, seguire i consigli del giovane Alberto.