Il racconto

Le facce di Meloni & Co: così il governo ha somatizzato il potere. Ritocchini e bilancia contro il complotto dell'età

Simone Canettieri

La premier fa politica con la faccia, la usa e la usura con un mimica unica: dopo due anni la sua cera è scudo ai tornanti di questa legislatura. E poi: il rinforzino di Lollobrigida, le diete di Fitto e Crosetto, il taglio sulla testa che ha accompagnato Sangiuliano fuori dal ministero. Viaggio tra il prima e l'oggi 

Volevano cambiare i connotati all’Italia, intanto hanno cambiato faccia, fisico e postura. Con nevrotica naturalezza sta succedendo così a un po’ tutti i corpi mediali del governo Meloni. Davanti al primo tagliando dopo quasi due anni a stringere il bastone del comando, l’estetica politica dei patrioti appare mutata. Nel bene o nel male. Per scelta o per ambizione, magari europea. Il potere logora chi ce l’ha, altroché. Lo dicono le foto, i video e i post sui social network. Ma soprattutto i dettagli, le smorfie, i look impreziositi, le grandi civetterie e le piccole consuetudini alla buvette della Camera.  

Chiacchiere da bancone: “Buongiorno, ministro, i soliti cornetto e cappuccino?” “No, per me un’acqua e limone, grazie”. C’è un prima e c’è un oggi: trova le differenze. “Sì, ma come mi vedi?”.Tutto cambia e tutto si cerca di arrestare a Palazzo Chigi e nei ministeri in una costante battaglia contro i complotti causati dal tempo e dall’età. Nuova categoria entrata nel libro nero di chi trama nell’ombra. E allora vuoi vedere che pure il finto democratico dio Kronos, zitto zitto, c’aveva la tessera del Pd e faceva parte del circoletto dell’amichettismo de sinistra? Chissà.

Passano i giorni, scorrono i mesi e, toc toc, bussa lo stress. Che a questi livelli deve essere peggio di Schlein, Conte, Fratoianni & Bonelli più Renzi e Calenda messi in una stanza a concionare contro l’esecutivo in filodiffusione. Altro che lady Pompei (è pur vero, però, che Maria Rosaria Boccia si era infilata anche in un intergruppo parlamentare ideato dalla maggioranza sulla medicina estetica, un altro fantastico organismo a Montecitorio è quello sulla dieta mediterranea).

Insomma patrioti, alle armi: qui ci vuole un fisico bestiale perché “non siamo più nei campetti dell’oratorio ma in Champions”, copyright Arianna Meloni. E allora si cerca la salute (sacrosanta) e spesso si incontra la vanità (che ci sta). Non si tratta di cortisolo da combattere sull’addome, rughe da piallare sulla fronte, borse sotto gli occhi da asciugare, rinforzini tricologici (e come tutto, ovvio, tricolori) o enormi cicatrici, su fronti culturali, comparse durante questa calda, caldissima estate roman-pompeiana di musica e fotografia. Il fatto è che il governo della nazione somatizza tutto, senza dubbio. E quando può reagisce. “E te credo!”, direbbe ancora Arianna Meloni. Nemmeno lei, sorella d’Italia e tirata in mezzo a tutti gli inghippi fino a Ustica, è immune a questo periodo sospeso fra il ritratto di Oscar Wilde e un’intervista da Paolo Del Debbio. E dunque: pancia indietro e lavorare, patrioti. Un ministro tutto contento in Transatlantico: “Hai visto che ora la mia giacca si chiude? E a te no!”.

Niente di nuovo comunque, dopo trent’anni di Cav. Padrone di un corpo bibbia e museo, prima che manifesto politico immortale: dai capelli alle dita, passando per il sorriso, la barba come tabù, la pancetta sempre nascosta dalle giacche doppiopetto. Il governo Meloni parla – come quelli che l’hanno preceduto – anche con il corpo. Agli elettori e agli italiani. Nella perenne sfida, fra bilancia e ritocchino, che suona così: rimaniamo noi stessi o cerchiamo di fermare la forza di questi tempi così avvincenti (“stiamo facendo la storia”) e durissimi (“a volte mi chiedo chi me l’abbia fatto fare”)?

Di sicuro bisogna arrivare in forma al gran finale: gong della legislatura 2027, salvo complotti, s’intende. Forti della massima prezzoliniana che il conservatore è il rivoluzionario del dopo domani. Ma il problema, intanto, è l’oggi. “Come sto? Mi vedi gonfio?”, è l’assillo di un altro ministro prima di una fondamentale diretta tv.  L’indagine parte dalla premier e leader di Fratelli d’Italia che il 22 ottobre 2022 entrò al Quirinale per il giuramento del suo esecutivo a bordo di una Fiat 500 di colore bianco, provata da notti insonni. Erano le notti prima del governo, finite in bianco per via delle bizze di Silvio Berlusconi. Rivista oggi la foto di classe, tra gli stucchi e gli specchi, colpisce. E’ quella tutti insieme, presidente e ministri. Sorridete, ma non troppo, trasmettete forza tranquilla. Per alcuni, oggi, c’è l’effetto del film “Compagni di classe”, quando la comitiva si rincontra dopo tempo e c’è un ex studente che non se li porta benissimo (“Fabris, guardate com’eri! Guardate come sei: me pari tu zio”) in altri si nota lo sforzo, la mutazione plastica o il mantenimento che è poi è manutenzione.
 

La premier

Meloni è la sua faccia. Quella dei manifesti 6x3 su tutte le plance del globo terracqueo, delle card su Instagram e delle inquadrature in primo piano tv: “Chiudi tutto, stringi sugli occhi!”. Meloni è anche le sue smorfie. La sua teatralità vibrante e a volte esasperata. Che piace – dicono i sondaggi – perché è commedia all’italiana e autobiografia della capitale, quindi anche un po’ della nazione: “Eccomi qua! Sono ricomparsa! Richiamate tutte le unità!", dice in un’apoteosi di situazionismo, a fine agosto su Instagram. Ha appena rimesso piede a Palazzo Chigi dopo le vacanze e soprattutto dopo tre giorni di buco in agenda, extra masseria Beneficio, in cui sembra introvabile. La romanità si cela e appare nei suoi occhi che ruotano come pianeti e poi strabuzzano di indignazione, la mano “a cucchiara” se serve, il no che diventa “noneeee”, le vocine in falsetto, i balletti sul palco, lo sguardo che ricorda il crollo di una diga quando certe giornate amare, insomma lascia stare. “Anzi, fammi accendere una sigaretta”. Album necessario. Chi si dimentica dell’occhiata lanciata a Emmanuel Macron al G7 pugliese mentre il presidente francese saluta Sergio Mattarella e la figlia Laura? O della smorfia americana in attesa del ritardatario Joe Biden? E la mimica visiva tutte le volte che va in Parlamento e ascolta gli attacchi e le provocazioni delle opposizioni? Resterà agli annali la gag con la testa dentro la giacca in Aula. La presidente del Consiglio, se in forma, è la regina del teatro “Ambra Melonelli” o “Giorgia Jovinelli” di Fratelli d’Italia. Tra improvvisazione e padronanza della scena di chi è cresciuta a pane e comizi. E’ la caratterista che usa il volto più che il resto del corpo. Lo usa e lo usura, viene da pensare. E’ l’Antonio Rezza di destra: trasformista, giocoliera, funambola. Unica nel metterla, la faccia, davanti a tutto e tutti. Come modo di dire (da ghigliottina), ma anche, soprattutto, di fare. Anna Magnani, che era Mamma Roma, diceva di “essere gelosa delle sue rughe perché le aveva pagate tutte care”. Per Meloni, che sogna di essere Mamma Italia, potrebbe valere la massima inversa: “Si possono eliminare quelle visive, ma le rughe dell'anima sono le più pericolose perché fanno perdere entusiasmo”. Sarà così? Se non fosse per tutte le volte che, dall’ottobre 2022 a oggi, ha dovuto aggrottare fronte e sopracciglia davanti alle birichinate dei suoi cari, prima che degli avversari o in un Europa. Il termine “cari” va usato in accezione estesa e intima – seppur iper pubblica – comprensiva dei fuorionda guasconeschi di “Striscia la notizia” (Mediaset, famiglia Berlusconi: complotto!) dell’ex compagno Andrea Giambruno, mollato poi con un post sui social una mattina di ottobre con il paese intento a fare colazione. Meloni da quando è premier non si perde un Salone della cosmetica a Bologna. E con lei, sua sorella. Ha candidato in Senato l’imprenditore, re del beauty, Renato Ancorotti con tanto di interventi per il settore: rimmel e voti. La sua cera, due anni dopo, è una difesa contro i tornanti che le sono capitati fin qui. Una volta Virginia Raggi, sindaca di Roma a cui ne sono capitate di tutti i colori, disse a chi scrive: “Quando governi gli anni percepiti dal corpo si contano come con quelli dei cani: uno anno vale sette”. Raggi alla fine governò Roma sei anni, causa pandemia.

 

Il Fazzo

Giovanbattista Fazzolari è il volto del potere senza faccia. La maschera di ferro. Da un anno non va più in televisione. Perché lui, con il suo mattinale Ore 11, “fa” le televisioni, di sicuro i tg. Detta i tempi – attacco, difesa, oblio – come un forsennato vogatore. E’ in forma. Forse a dieta, così appare nelle rarissime foto scattate di recente davanti a Palazzo Chigi, il suo regno, senza poliziotti né commessi al piano nobile che conta. Essendo più di un sottosegretario alla presidenza del Consiglio, ma una sorta di soprasegretario del melonismo, si occupa, tra le altre mille cose, di tv e comunicazione. Mesi fa disse in una riunione riservata con i comunicatori di FdI di non mandare nei talk chi ha il “panzone”. E’ la “dieta Fazzo”: petto in fuori, bocca chiusa, il nemico ti ascolta.


Beautiful

In arte Francesco Lollobrigida, ministro della Sovranità alimentare, da agosto ex compagno - tramite intervista a questo giornale - di Arianna Meloni ed ex cognato della premier. Tiene alla linea, Lollo, e a 50 anni non è semplice. Tiene anche dalle 10 alle 30 riunioni al giorno, con la tentazione delle migliori degustazioni made in Italy. Due foto simbolo per lui quest’estate. La prima: in palestra con Andrea Giambruno dopo essere andati a fare la spesa in paese durante le vacanze in masseria alla faccia del patriarcato. E la seconda con la tuta da apicoltore dopo la strage accaduta sul tetto del suo ministero per colpa delle vespe orientalis: apologo, per i maligni, di una luna di miele terminata con la Fiamma magica. E’ rimasto uguale rispetto a due anni fa, anzi come Sansone ha trovato più forza nei capelli. Merito di un “rinforzino”, così ci confessò, che si è regalato lo scorso Natale. Il suo sorriso, da far invidia, non cambierà mai: fa tremare i trattori. Il ciuffo poi li fa impennare. Giovinezza, giovinezza primavera di bellezza.
 

Genny

Si è scritto tanto, pure troppo, dell’ex ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano. Lascia il Collegio romano con 14 chili in meno rispetto a quando vi entrò due anni fa per fare scorpacciate di egemonia di destra. Lascia il posto con un’intervista a suo modo storica a Gian Marco Chiocci, direttore del Tg1, con il volto segnato da questa esperienza: un taglio molto visibile sopra la fronte. Quando lo scorso agosto, in pieno Boccia-gate, gli venne chiesto come si fosse procurato quella ferita rispose senza indugiare: “Sono scivolato in bagno dopo la doccia”. Per una nemesi fisica ed estetica, che è politica, ha preso il suo posto Alessandro Giuli, agli antipodi su tutto. Basta osservarli. Non a caso il neo ministro della Cultura è pronto, finito il G7, a fare piazza pulita – lui ha parlato nei colloqui riservati di tabula rasa – di tutto lo staff sangiulianesco. Sono stati due anni bellissimi con il ministro giornalista, rientrato in Rai. Peccato solo che siano finiti, il sindacato dei cronisti è disperato.
 

Mister Difesa

Guido Crosetto è riuscito, sotto forte pressione medica, a perdere 22 chili, finora. La scorsa primavera nel giro di poche settimane è stato colto da due malori. Problemi cardiovascolari, pericardite. Una brutta esperienza raccontata in un’intervista al Foglio. E racchiusa in questa frase: “Ogni lavoro logora, se fatto con intensità. La politica di per sé non sarebbe un lavoro faticoso se non ti facesse trovare talvolta di fronte a dei cialtroni quaquaraquà disposti a dire tutto e il suo contrario, smentire oggi cosa dicevano ieri, essere pusillanimi con i potenti e arroganti con i deboli”. Sempre in quel colloquio sganciò una bomba: “Sono più forte degli sciacalli e non mollo, ma quante cattiverie dentro il mio partito contro di me”. Auguri per tutto. Doppi. 

Mister Europa

Raffaele Fitto, in odore di Bruxelles, da mesi è pronto per una nuova stagione di magrezza e abbronzatura con i galloni di Commissario europeo. Ha fermato il tempo rispetto a due anni fa. E’ ringiovanito quasi. Merito della dieta democristiana della parola: non rilascia interviste, non va in tv, non cerca telecamere, sfodera al massimo un sorriso fanciullesco di chi la sa lunga ma tanto non te la dice. A Meloni mancherà, alle trattorie del centro storico di Roma molto, ma molto meno.

 

Arbitri elegantiarum

Vince il Guardasigilli Carlo Nordio: audace negli spezzati, nei gessati e nei tessuti colorati e pregiati quando fa freddo. E’ il Lord Blummel di Via Arenula. Ha prescritto la grisaglia che tanto piaceva a uno dei suoi predecessori come Alfonso Bonafede, l’ex ministro con il panciotto. Nordio è uomo di buone letture e bon vivant dai gusti raffinati. Non è cambiato in questi due anni. Immerso fra codici e leggi nel gineceo del suo ministero, è raccontato con simpatia da un video rimbalzato ovunque. Quando lo scorso 1° giugno chiese a Roberta Benvenuto, inviata di “Piazza Pulita”, uno spritz sotto la calura di piazza del Popolo durante una manifestazione di Meloni. Aveva scambiato la giornalista (con in mano il microfono) per una componente dello staff di FdI, pare. L’eleganza - notava Lord Blummel - per essere perfetta deve contenere almeno un’imperfezione. Matteo Piantedosi non è da me. Il prefetto diventato ministro dell’Interno è curatissimo, con abiti sartoriali napoletani. In questi due anni ha scoperto la ribalta alla quale non si sottrae. Anzi. Lo dimostra anche l’attivismo sui social network a cui sembra tenere molto. Se qualcuno dei suoi gli dice: ministro, è un po’ ingrassato, lui lo spedisce, si fa per dire, in un Centro di prima accoglienza in Albania.

La sfinge

Imperturbabile. Sguardo che non traspare emozioni incerte, ma sempre sicurezza. Daniela Santanchè, la Santa Pitonessa, ha un viso che è un manifesto politico. Rappresenta il muro di gomma del potere davanti alle richieste delle opposizioni che le chiedono di dimettersi, a fronte delle inchieste che la inseguono, da quando è ministra del Turismo per qualche diavoleria legata alla sua attività di imprenditrice. Abituata a stupire, in un giusto orgoglio femminile che rompe gli schemi, da quando fa parte del governo le hanno chiesto un po’ più di sobrietà nell’apparire, almeno se non si trova nel suo Twiga. Ma la Santa è la Santa. A ottobre sarà alle prese con due richieste di rinvio a giudizio, e con un responso che potrebbe cadere a ridosso del G7 sul Turismo a Firenze in programma a novembre. Cadrà il muro di gomma?      

                           
Così il governo dei patrioti lavora, fatica, si stanca, si tiene in forma per non sfigurare, si protegge. Non dorme, ma riposa. Non cammina, ma incede. Eccoli, due anni dopo, attori e comparse dell’epopea di Palazzo Chigi. Potrebbero marciare uniti e compatti fino al 2027. Ce la faranno?  

  • Simone Canettieri
  • Viterbese, 1982. Al Foglio da settembre 2020 come caposervizio. Otto anni al Messaggero (in cronaca e al politico). Prima ancora in Emilia Romagna come corrispondente (fra nascita del M5s e terremoto), a Firenze come redattore del Nuovo Corriere (alle prese tutte le mattine con cronaca nera e giudiziaria). Ha iniziato a Viterbo a 19 anni con il pattinaggio e il calcio minore, poi a 26 anni ha strappato la prima assunzione. Ha scritto per Oggi, Linkiesta, inserti di viaggi e gastronomia. Ha collaborato con RadioRai, ma anche con emittenti televisive e radiofoniche locali che non  pagavano mai. Premio Agnes 2020 per la carta stampata in Italia. Ha vinto anche il premio Guidarello 2023 per il giornalismo d'autore.