giorgia si rafforza
Con Carfagna, Gelmini e Versace la maggioranza potrà contare su altri otto eletti. Più stabilità al Senato
Dall'inizio della legislatura, complice anche lo sfaldamento del Terzo polo, il centrodestra ha guadagnato parlamentari. Forza Italia è il gruppo che si è ingrossato di più. Così Meloni può tirare un sospiro di sollievo
Una volta andata in porto l’operazione “rientro dei centristi ex calendiani”, Giorgia Meloni potrà rivendicare ai suoi con discreta fierezza: lo vedete che in Parlamento ci siamo rafforzati? Dopo due anni di legislatura, una maggioranza uscita dalle elezioni politiche già di per se piuttosto solida, si sta consolidando ancor di più numericamente nei due rami del Parlamento. Con l’imminente ingresso di Mara Carfagna, Mariastella Gelmini e Giusy Versace nelle file di “Noi moderati”, benedetto dalla stessa premier, il centrodestra potrà contare ufficialmente su otto “acquisti” in più rispetto a quando il governo è nato, nell’ottobre del 2022. Frutto di una serie di fuoriuscite dalle opposizioni che hanno ingrossato per lo più i gruppi di Forza Italia (che ha guadagnato cinque nuovi eletti, tre dei quali dal M5s). La maggioranza potrà arrivare a contare su 240 voti alla Camera e 120 al Senato, dove il margine sarà di più 16.
Ripercorrendo le origini della legislatura, il primo ingresso è stato quello dell’ex ministra Michela Vittoria Brambilla, che era stata eletta nelle file del centrodestra ma che ha aderito a Noi moderati solo dopo un transito nel Gruppo misto. Semplici dinamiche parlamentari intra-coalizione. Qualcosa di molto diverso da quel che è successo a Raffaele De Rosa, senatore eletto con il M5s che nel febbraio di quest’anno ha deciso di abbandonare i grillini e di aderire a Forza Italia. Una scelta motivata anche dalle troppe “ambiguità del Movimento sull’Ucraina e sulla Nato”, per lui che è un militare. E’ stato l’innesco a una specie di scouting che i forzisti hanno operato in questi mesi tra gli eletti del Movimento cinque stelle. Questo perché soltanto nell’estate di quest’anno sono stati altri due i grillini che hanno mollato Conte per andarsi ad accasare nel partito guidato da Antonio Tajani. Si tratta del senatore salentino Antonio Salvatore Trevisi, che ha subito ricevuto un incarico da responsabile Energia di Forza Italia in Puglia. E poi del deputato foggiano Giorgio Lovecchio, che ha giustificato il passaggio alla maggioranza così: “Sono imprenditore, ho diverse attività e in più sono un moderato, un liberale, questa è la mia estrazione politica. Il livello locale non c’entra nulla”.
Giuseppe Castiglione è stato sottosegretario alle Politiche agricole nei governi Letta, Renzi e Gentiloni. Alle scorse politiche era stato eletto alla Camera con Azione, ma nel maggio di quest’anno ha fatto rientro in Forza Italia, in cui aveva già militato, per divergenze politiche con Calenda “relativamente ai rapporti con Salvatore Cuffaro”. Un po’ il percorso seguito anche da Enrico Costa, anch’egli ex forzista, poi ministro per gli Affari regionali con Renzi e Gentiloni, eletto con Azione a Montecitorio ma rientrato in FI non più tardi della scorsa settimana, perché “provengo da una tradizione liberale e intendo impegnarmi al fianco di chi condivide gli stessi valori e principi”. E’ così, insomma, che s’è andato componendo questo rafforzamento della maggioranza che, qualora, come lascia presagire l’attivismo di Maurizio Lupi, porti davvero Mara Carfagna, Mariastella Gelmini e Giusy Versace ad aderire alla componente di “Noi moderati”, disegnerebbe plasticamente la nuova solidità del centrodestra. Un discorso che non ha risvolti solamente d’immagine, bensì precisi riverberi sul pallottoliere parlamentare.
Alla prima fiducia, ottenuta nell’ottobre del 2022, il governo Meloni potè contare su 236 voti alla Camera e 115 al Senato. I numeri della maggioranza, contando tutti gli eletti, erano di 237 deputati e 116 senatori, ma i presidenti Lorenzo Fontana e Ignazio La Russa non partecipano alle votazioni. Come sappiamo nemmeno i ministri-parlamentari partecipano al lavoro d’Aula, ma si tratta comunque di un buon margine di sicurezza rispetto alle maggioranze assolute nei due rami del Parlamento (201 deputati e 104 senatori), sebbene in alcune occasioni quel margine abbia risentito di tribolazioni, come quando nell’aprile del 2023 le numerose assenze nella maggioranza portarono a una clamorosa sconfitta sullo scostamento di bilancio. Per questo la premier Meloni sin dall’inizio della legislatura guarda con interesse alla stabilizzazione della compagine parlamentare. Un presupposto essenziale perché il lavoro del governo non venga spazzato via da crisi improvvise. Considerando pure che l’unico espulso tra le file di Fratelli d’Italia, che ha lasciato il gruppo, è il senatore Andrea De Bertoldi, iscrittosi al gruppo Misto: difficilmente voterà in contrasto con il centrodestra. I litigi tra Renzi e Calenda, l’esplosione del fu Terzo polo e un Movimento cinque stelle che perde pezzi qua e la sembrano insomma averle fatto riavere, alla presidente del Consiglio, una discreta tranquillità. Soprattutto al Senato, dove con i nuovi subentri si arriverebbe a superare la soglia dei 120 senatori (con un margine di più 14 rispetto alla maggioranza assoluta). Come a poter tirare un sospiro di sollievo. E dirsi: dureremo.