(foto Ansa)

il caso

Le (nuove) inquietudini di Figliuolo, “ostaggio” del governo in Emilia-Romagna

Luca Roberto

Il generale avrebbe dovuto completare il suo mandato a giugno, complice anche una difficile co-gestione a capo del Covi. Ma la proroga fino a dicembre ha fatto sì che adesso sia finito in mezzo alla campagna elettorale per le regionali, con i partiti che si accusano a vicenda

La certezza assoluta è che a dicembre il suo mandato da commissario straordinario alla ricostruzione post alluvione scadrà per davvero. E questa volta, non ci sarà proprio modo di trattenerlo. Eppure il generale Francesco Paolo Figliuolo qualche rammarico c’è l’ha già: perché questo rimpallo tutto politico di responsabilità sulle nuove esondazioni in Emilia-Romagna, che si sta consumando mentre la sua struttura continua a lavorare alacremente, avrebbe voluto evitarselo. Lo accusano di non essere sul posto, sempre presente. Ma era stato lui stesso a ricordare l’orizzonte temporale del suo operato, a febbraio, intervenendo in audizione in Parlamento. “A giugno il mio mandato scade, vedremo...”, disse. Già da tempo il generale, che è a capo del comando operativo di vertice interforze (Covi), la più importante struttura logistica della Difesa italiana, sapeva quanto fosse difficile coniugare i due incarichi. Per questo avrebbe preferito che il suo lavoro arrivasse a scadenza naturale, senza proroghe, con la possibilità di passare il testimone dopo un lavoro oramai ben avviato, rodato. Risultato? L’hanno confermato giusto in extremis. Non il massimo.

 

E dire che sulla sua nomina in Emilia erano stati i ministri degli Esteri e della Difesa Tajani e Crosetto a nutrire più di qualche dubbio. Non bastarono quelle rimostranze, espresse anche verso Palazzo Chigi. Tanto che un pezzo di maggioranza, la Lega, in seguito alle alluvioni che hanno colpito la Toscana nell’autunno 2023 chiese di promuovere Figliuolo alla ricostruzione anche di quei territori. Il pressing del Carroccio alla fine non ebbe successo, con l’effetto però di lasciare un vuoto: perché il governo in Toscana ha sì nominato commissario all’emergenza il presidente della regione Eugenio Giani. Ma, appunto, all’emergenza. Non alla ricostruzione.

 

Le apprensioni espresse da Tajani e Crosetto, però, col tempo sono addirittura cresciute. Questo perché mentre procedeva il lavoro sui ristori, le tranche di finanziamento e gli indennizzi nei confronti di chi era stato colpito dall’alluvione aumentavano, venivano esaminate le domande, Figliuolo si trovava pure a gestire la logistica militare in teatri complicati come il medio oriente, diventato ormai una polveriera. Negli ultimi sei mesi è stato due volte in Libano, in visita al contingente italiano impegnato nella missione Unifil. Poi anche in Iraq, in Kuwait, in Serbia, in Bosnia Erzegovina. Così come lo si è visto sfilare nelle aule parlamentari per rendere noto lo stato di avanzamento dei lavori della struttura commissariale in Emilia-Romagna, Toscana e Marche, così ha ragguagliato i parlamentari sul numero delle missioni militari italiane all’estero, 41 solo quest’anno. E’ per la gravosità di questo ping pong, mettere la testa su un dossier locale con un occhio sempre rivolto all’estero, che la proroga non era insomma in cima alla lista delle sue priorità. Eppure il governo ha scelto di lasciare a lui l’incarico: il passaggio di consegne avrebbe potuto rallentare qualche iter, è stata la ratio. Ma si è forse guardato anche alle prossime elezioni regionali? I sindaci romagnoli Figliuolo l’hanno spesso criticato ma ne hanno riconosciuto il valore. Solo una cosa chiedevano a Meloni: permettetegli di tornare a fare il militare. Chissà che da gennaio possa davvero non più preoccuparsi di come stanno andando le cose a Bagnacavallo appena atterrato a Beirut.

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  • Pugliese, ha iniziato facendo vari stage in radio (prima a Controradio Firenze, poi a Radio Rai). Dopo aver studiato alla scuola di giornalismo della Luiss è arrivato al Foglio nel 2019. Si occupa di politica. Scrive anche di tennis, quando capita.