Il personaggio
Giuli si laurea a 48 anni: lunedì l'ultimo esame, poi la discussione della tesi
Il ministro della Cultura conclude gli studi e diventerà dottore in Filosofia alla Sapienza: "Una decisione presa prima di essere chiamato al governo da Meloni"
Prima il G7 sulla Cultura, poi l’agognata laurea. È l’agenda Giuli. Nel senso di Alessandro, il giornalista e scrittore passato dalla presidenza del Maxxi e ora, da meno di tre settimane, al posto di Gennaro Sangiuliano. Lo chiameranno “dottor Giuli”, dunque, e in Filosofia. Perché il ministro voluto da Giorgia Meloni sta per colmare il gap accademico a 48 anni. Francesco Rutelli, che fu ministro della Cultura anche lui, lo fece a 62, nel 2017 già fuori dalla politica da un pezzo, in Architettura “per la memoria di mio padre”. E anche in questo caso ci sono molle personali più che da talk (il primo a ricordare la mancanza del pezzo di carta al ministro è stato Matteo Renzi). E comunque, come diceva il maestro Manzi, non è mai troppo tardi.
Sicché lunedì prossimo alla Sapienza ecco l’ultimo esame con Gaetano Lettieri, direttore del dipartimento di Storia e antropologia delle religioni. Discuteranno di Teoria delle dottrine teologiche. E a gennaio, se lunedì filerà tutto liscio, la tesi sempre con Lettieri. Poi tocco e alloro. E chissà brindisi in Cdm con suonata di piffero.
“Sì, è vero. Confermo la presenza di questo studente, ma è un fatto personale e non posso assolutamente aggiungere altro”, dice il prof. al Foglio, studioso dalla prolifica penna scientifica in libreria con “Dolce naufragium, desiderio infinito e ateofania in Leopardi” ma anche autore, tra le altre cose, di un colloquio con Luigi Manconi (“Poliziotto-Sessantotto” per Saggiatore). Lettieri, che è docente di storia del cristianesimo e delle chiese, non si sbottona di più e rimanda i curiosi alla sua vasta produzione. Che si intreccia, per passione e formazione seppur non ancora ultimata a quella di Giuli, affascinato dal grano e dal paganesimo, ma anche convinto che Antonio Gramsci sia ancora vivo. Dalla Sapienza spiegano che le pratiche dello studente Giuli per sostenere l’ultimo esame e quindi per laurearsi sono state avviate mesi fa. Quando cioè sedeva sulla poltrona del museo romano. “Nessuna corsa” dopo la nomina a ministro della Cultura che tecnicamente, regole alla mano, sarebbe impossibile per qualsiasi comune mortale (Giuli ha giurato al Quirinale venerdì 6 settembre). E quindi nel nome della dea Cibele, la Magna mater ripresa da Gabriele D’Annunzio e ci si risiamo, il ministro della Cultura diventerà dottore, e non per decreto. Giuli contattato da questo giornale preferisce confermare senza commentare l’imminente impresa, altro che Fiume.
Libretto universitario in una mano e flauto di Pan nell’altra, tutto è quasi pronto: il 30 l’ultimo esame, con un’alta media da confermare, poi la discussione della tesi l’anno prossimo, alla prima sessione disponibile. Probabilmente – si scommette un euro – sul legame fra la topografia e le religioni, già oggetto di monografie e studi in un lontano passato. Il ministro sogna il 110 (come il bonus contiano) ma chissà se ce la farà. Si è dato la consegna ardita del silenzio, evitando qualsiasi chat. Giuli lo fa per chiudere il cerchio di un’incompiuta personale per evitare, anche lui, uno sfregio, ma alla sua famiglia. Lo chiameranno dottore. Ha già pronta nel suo ufficio la boccia buona, ma di vino. Sic transit gloria mundi, direbbe il quasi dottore.