patrioti a pontida

Orbán & Co., il processo a Salvini è un test per l'internazionale sovranista

Pietro Guastamacchia

Il leader leghista punta a fare il pieno di solidarietà internazionale al raduno a Pontida e ha già ottenuto la conferma da due pesi massimi del sovranismo europeo: il premier ungherese Viktor Orbán e l’olandese Geert Wilders. E altri nomi potrebbero presto aggiungersi

Bruxelles. I Patrioti a Pontida. Matteo Salvini punta a fare il pieno di solidarietà internazionale al raduno leghista e ha già ottenuto la conferma da due pesi massimi del sovranismo europeo: il premier ungherese Viktor Orbán e l’olandese Geert Wilders. Tuttavia, il palco del 6 ottobre potrebbe riservare ancora qualche sorpresa. Per il neonato gruppo dei Patrioti per l’Europa il processo Salvini rappresenta il primo test politico di solidarietà internazionale. La famiglia sovranista, infatti, è spesso priva di una linea politica comune a Bruxelles, intrappolata nella difesa dei rispettivi interessi nazionali. Ma l’affaire Salvinì, come l’hanno ribattezzato gli eurodeputati lepenisti, è diventato un’occasione per tentare una sortita comune, basata su un tema che mette tutti d’accordo, dai portoghesi di Chega ai cechi di Ano: la difesa dei confini e la lotta contro le politiche migratorie europee.

 

Il primo test della campagna di solidarietà a Salvini è arrivato, infatti, la settimana scorsa a Strasburgo con una conferenza stampa congiunta di tutte le delegazioni dei Patrioti al Parlamento europeo per esprimere sostegno al leader leghista. Una prova di amicizia tecnicamente ben riuscita, ma offuscata dall’epilogo dello psicodramma sulla sospensione della vicepresidenza del gruppo al generale Vannacci. I sondaggi, d’altronde, sembrano indicare che il processo Open Arms stia giovando alla leadership di Salvini, che, grazie alla sua autodefinita “persecuzione giudiziaria”, è riuscito a scongiurare l’ombra di un congresso e a tornare sulle prime pagine dei giornali. Il duetto con l’ungherese Orbán sul pratone bergamasco, inoltre, porta con sé anche una sfida di governo.

 

L’ungherese è infatti grande amico di Giorgia Meloni ma nella sua collocazione europea ha scelto il gruppo di Matteo Salvini. E mentre la premier italiana oggi mostra un volto più moderato e dona il suo ministro più prezioso a Ursula von der Leyen come pegno della loro alleanza, Orbán non perde occasione per attaccare frontalmente il varo della nuova Commissione Europea.

 

L’intesa Salvini-Orbán, nel frattempo, procede a gonfie vele. “Se a qualcuno non sto simpatico io e non sta simpatico Orbán, è libero di pensarlo: basta che non prevedano il carcere per gli antipatici. Se a sinistra prevedono il carcere per quelli che non gli sono simpatici, allora è un problema”, ha dichiarato ieri Salvini da Rho, facendo intuire che il suo processo è ormai al centro della sua strategia di comunicazione.

 

Grande attesa anche per il leader olandese Geert Wilders, che arriverà a Pontida a poche settimane dal terremoto politico europeo scatenato dall’annuncio del governo olandese, costruito grazie all’appoggio del suo Pvv, sulla volontà di abbandonare il Patto Ue sulla migrazione e l’asilo. Ma le sorprese potrebbero non essere finite. L’unica opzione considerata quasi impossibile è il ritorno della leader della destra francese, Marine Le Pen, che è stata ospite sullo stesso palco solo un anno fa.

 

Tuttavia, altri leader europei dei Patrioti, o forse anche qualcuno che è stato escluso dal movimento, potrebbero presto aggiungersi alla lista dei presenti o, in ogni caso, inviare i propri emissari in rappresentanza. Ancora Pontida, dunque. A trent’anni esatti da quando Umberto Bossi fece votare per acclamazione la trasformazione della Lega in partito di governo, Salvini cerca il colpo di scena. Puntando sulla sua “persecuzione giudiziaria”, con gli alleati pronti a rispondere alla chiamata. Del resto, per loro, a differenza del leader leghista, il rischio è zero.