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l'analisi

Populismo e azzardo morale. Perché l'Italia non si assicura contro i disastri naturali

Oscar Giannino

Il governo dovrebbe ignorare Salvini e Tajani e mettere subito allo studio uno schema serio d'assicurazioni anche per il patrimonio abitativo. Esattamente come fatto per le imprese

Quando si tratta delle case degli italiani, l’ipocrisia elettoralistica scatta automaticamente nei partiti. Parte la gara a chi alza più la voce scandendo “la casa non si tocca”. Si è visto sul Superbonus: unico paese al mondo a riservare l’incameramento totale dell’avvaloramento immobiliare nelle tasche dei proprietari, senza versare un euro visto che l’incentivo era superiore al valore dei lavori. Il sacro valore dei Lari e dei Penati scatta contro ogni obbligo d’investimento dei proprietari per efficientare l’impronta energetica di un patrimonio immobiliare tra i più vetusti d’Europa. 

Ed è con la stessa ipocrisia e malafede che oggi Salvini e Tajani tuonano contro ogni ipotesi di obbligo assicurativo contro i rischi catastrofali per milioni di immobili residenziali. Per loro non conta che l’Italia sia ad altissimo rischio sismico e idrogeologico, bassissima penetrazione assicurativa e consolidata tradizione di azzardo morale, scommettendo tutti che sia lo stato, cioè i contribuenti, a indennizzare calamità e ricostruzioni. E tutto ciò mentre, paradossalmente, proprio ieri il governo incontrava le associazioni d’impresa per illustrare i dettagli del decreto attuativo dell’obbligo assicurativo anticatastrofale che, per le imprese, scatta da inizio 2025, deciso dopo le maxi esondazioni in Romagna e Marche dell’estate 2023. Eventi con danni di 10 miliardi di euro, di cui Swiss Re stimò che solo il 6 per cento era coperto da polizze.

 

La stessa norma posta nella legge di Bilancio 2024 che stabiliva l’obbligo per le imprese citava la necessità di un successivo intervento anche per gli immobili residenziali. Il governo dovrebbe dunque ignorare Salvini e Tajani e mettere subito allo studio uno schema serio anche per il patrimonio abitativo. C’è ampia scelta degli esempi cui guardare. L’Ivass, l’Istituto di vigilanza sulle assicurazioni, in questi ultimi anni ha prodotto una vasta serie di schede informative, memorie e audizioni sul tema. Nessuno pensa che la bassissima propensione italiana ad assicurarsi si superi da un giorno all’altro con un diktat di stato.  La diversità dei modelli seguiti dalla legislazioni in materia nasce proprio dalla necessità di dover intervenire su schemi di premi e copertura rischi delle polizze secondo diverse soglie, soluzioni consortili sia sul versante dell’offerta sia della domanda,  garanzie pubbliche sulla riassicurazione dei massimali alle assicurazioni attraverso sia strumenti di mercato sia garanzie pubbliche, soglie di prezzo che evitino premi altissimi concentrati nelle aree di massimo rischio, che indurrebbero fenomeni socialmente incontrollabili. 

 

Ma guardiamoci negli occhi, cari signornò per partito preso. Ci sono paesi ad altissimo rischio sismico come la Turchia, di esondazioni come la Romania, di eruzioni come l’Islanda, di valanghe e frane come la Svizzera, in cui l’obbligo di assicurazione catastrofale vale per ogni immobile residenziale. Gli Stati Uniti non hanno alcun obbligo assicurativo, ma uragano dopo uragano il Fondo federale anticatastrofi è finito tecnicamente in bancarotta e dipende da anticipazioni del Tesoro, mentre in aree devastate da incendi come la California il costo delle polizze assicurative residenziali è salito a prezzi così siderali che in primis la Fed lo ha indicato come componente fuori controllo d’inflazione con effetti sociali disastrosi. 

 

E poi ci sono diversi modelli europei di successo. La Francia ha ottenuto quasi il 90 per cento di immobili assicurati da catastrofi grazie a un sistema che incentiva domanda e offerta attraverso una società di riassicurazione pubblica che offre alle compagnie come riassicurarsi a un tasso fisso di cessione, e che gode di garanzia illimitata da parte dello stato. Chi scrive è convinto che questo modello si adatti poco al maxi debito pubblico italiano. C’è la Spagna, che è un esempio molto più liberale, cioè pubblico-privato. I rischi catastrofali sono in carico al Consorcio de Compensaciòn de Seguros, nato per affrontare le distruzioni della Guerra civile. E’ una compagna assicurativa in cui stato e assicurazioni private sono soci paritari. Copre sia rischi naturali sia terroristici. E si alimenta attraverso una quota su tutti i contratti assicurativi: nei decenni il caricamento ha quasi sempre superato gli indennizzi, e in questo caso viene retrocesso in percentuale alle assicurazioni.

 

Infine c’è l’esempio Flood Re nel Regno Unito, che a mio giudizio si attaglia meglio all’Italia. Perché è nato nel 2014, con durata di 25 anni, proprio per spingere la transizione all’assicurazione di massa. E’ un fondo no profit paritario tra compagnie assicurative e stato, e si è dato un programma scalare partendo dalle aree più esposte a rischio catastrofi. E’ finanziato da un contributo delle compagnie  che operano sui rischi immobiliari, con mutualizzazione dei massimali coperti solo in parte a carico dello stato, e con sconti tariffari rigorosamente definiti da parametri inversi rispetto a valore dell’immobile e reddito dei proprietari. Le case degli italiani hanno un disperato bisogno di qualcosa di smile. 

Ps: cari signornò, piantatela di mirare ai voti espandendo il debito pubblico.

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