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L'Intervista

Il Pd sbanda sull'Ucraina. Parla Gori: "Dovremmo seguire il Pse"

Pietro Guastamacchia

Dopo il voto sull'uso di armi europee in territorio russo, l'europarlamentare si concentra non sulle divergenze, ma sui punti comuni tra i dem: l'agenda Draghi e fermare sia l'invasione russa che la guerra in medio oriente

Mentre la minoranza del Pd ancora si lecca le ferite per la debacle sul voto di giovedì scorso sull’articolo 8, Giorgio Gori, parlando al Foglio, manda un avviso al Nazareno e serra i ranghi dei riformisti invitandoli ad alzare la testa e ricordarsi una cosa: “Siamo noi a tenere il Pd ancorato alla linea dei Socialisti europei”. Il pretesto è la battaglia di giovedì scorso sull’ormai noto punto della risoluzione sull’Ucraina riguardante l’utilizzo delle armi europee contro obiettivi militari russi, in cui la delegazione di eurodeputati del Pd si è frammentata su tre linee diverse. “Ne parlo come se lo avessi votato, anche se purtroppo non ero in Aula”, spiega Gori, rientrato quel giorno di fretta a Bergamo, dove lo attendeva Mario Draghi, “ma, come ho spiegato, se ci fossi stato avrei votato con convinzione sì, perché quella risoluzione meritava a mio avviso di essere condivisa nella sua interezza, senza eccezioni”.
 

Invece, dei 21 eurodeputati del Pd, solo Pina Picierno ed Elisabetta Gualmini hanno votato a favore “nonostante quella fosse la linea di tutto il gruppo socialista”, sottolinea Gori, che evidenzia come “forse questo è l’aspetto che non è emerso pienamente in Italia, cioè che, salvo la delegazione Pd, tutti gli altri parlamentari del gruppo Socialisti e Democratici hanno votato uniti su quel punto”.
 

Il Pd quindi va fuori strada rispetto alla famiglia del Pse, ma perché? In una parte della delegazione, in sintonia con la posizione della segretaria Elly Schlein, “è emersa una preoccupazione rispetto al rischio di escalation determinato dall’uso di armi occidentali ma devo dire che trovo ingenerose le letture che assimilano queste posizioni al putinismo”, difende i colleghi l’ex sindaco di Bergamo. “Sono opinioni che rispetto, ma non le posso condividere. Se stiamo dalla parte degli aggrediti, la possibilità per gli ucraini di esercitare l’autodifesa anche in termini preventivi, colpendo le basi militari da cui partono i missili che colpiscono le loro città e i loro villaggi, non può essere oggetto di restrizioni”.
 

Ma se Schlein si muove in direzione opposta rispetto ai socialisti europei, anche la minoranza del Pd ha reagito infliggendosi un harakiri e scegliendo, con l’eccezione di Gualmini e Picierno, di non votare. Ma anche su questo Gori sceglie la strada della conciliazione: “Penso che i colleghi abbiano inteso praticare la scelta più neutra, nella differenza di opinioni. Avrebbero potuto astenersi? Forse, non ero presente e non sta a me dirlo. Si lavora per tenere insieme la delegazione e, quando questo non è possibile, è comprensibile che si cerchi di enfatizzare il meno possibile le divisioni che possono sorgere”.
 

Eppure, dire che in quel partito convivono anime spesso troppo distanti è quasi un eufemismo ma Gori difende il suo Pd, “le liste del Partito democratico sono state composte con l’idea di dare rappresentanza alle diverse sensibilità che si ritrovano dentro la cornice del partito, e mi pare che i risultati abbiano premiato questa scelta”. “So bene che su alcuni temi non la pensiamo allo stesso modo, ma certo so anche che le 210.000 preferenze che ho raccolto le ho ottenute perché le mie idee sono quelle che qui rappresento. E che se le stravolgessi, verrei meno al mandato che ho ricevuto”.
 

Occorre dunque ritrovare un filo conduttore per tenere insieme le posizioni della minoranza dem e per Gori non serve guardare lontano, basta rifarsi alla famiglia dei socialisti europei. A partire dal piano Draghi, “le cui principali proposte erano già presenti nel programma riformista del Pse”, passando per “una linea atlantista e di pieno supporto all’Ucraina”, e arrivando a una posizione capace “di bilanciare il diritto a esistere di Israele con l’identico diritto di esistere di uno Stato palestinese, lottando per ottenere l’immediato cessate il fuoco e insieme liberazione degli ostaggi ancora detenuti da Hamas”. Una serie di posizionamenti che, per Gori, sono “assolutamente maggioritari nel gruppo S&D al Parlamento europeo, e in cui non dovremmo mancare di sentirci quindi pienamente a nostro agio anche noi”.

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