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Rai giungla: Conte sfascia l'unita con il Pd e vota per il cda, la destra si offre a Renzi
Il voto per il rinnovo del cda frantuma l'alleanza tra Conte e Schlein e angoscia il Pd che non vuole indicare il nome del consigliere. Trattative, telefonate. Il governo cerca un nome di consigliere gradito a Italia Viva
Giuseppe Conte è il Tony Effe di Meloni: Giorgia dice che lo adora e che sulla Rai lei non vede l’ora. Non vede l’ora che Conte, il suo rapper di male intese, entri in Aula, domani, voti il consigliere M5s Alessandro Di Majo e che il Pd resti a secco. Il centrosinistra si sfascia sulla Rai, sul rinnovo del cda, e Maurizio Gasparri è per lo sfascio planetario: “La candidata presidente Rai, per FI, rimane Simona Agnes e se non verrà votata atrofizzeremo la Commisione di Vigilanza perché se tu mi sputi in faccia, io ti levo la sedia e ti bastono”. Il Pd non vuole partecipare al voto. L’altro consigliere di opposizione verrebbe dunque scelto dalla maggioranza che lo carica in quota opposizione. La destra, per sfasciare meglio, sta pensando di votare un nome gradito a Matteo Renzi. Schlein continua, a fidarsi, a bere la birra del pub Conte, ma lei paga, si sbronza di belle battaglie, e lui incassa direzioni e spazi. Chi si alza meglio, la mattina?
A sinistra hanno le idee chiare: sono al buio. La posizione di Schlein (il non si tratta, non si partecipa al voto, l’Aventino) per i dipendenti Rai, del Pd, è come la fuga americana da Saigon. Vengono smentiti incontri, Conte-Schlein, ma una telefonata c’è sempre, come si insegna alla scuola di giornalismo pane, amore e fantasia, “e vabbé, famò telefonare i leaders…”. Schlein-Conte e Fratoianni mentre si scrive trattano al telefono. Fratoianni e Schlein parlano alla Camera è questo è indiscutibile, visibile, agli occhi. La situazione è così grave che in Transatlantico sopraggiunge l’abate della sinistra bolognese, Marco Damilano, ex direttore dell’Espresso, conduttore Rai, de “Il Cavallo e la Torre”, e tutto per ragionare insieme a Sandro Ruotolo, da Bruxelles, e a Schlein, su come procedere. La sola immagine, il quadro, fa venire voglia di consegnarsi a Federico Mollicone, il presidente della Commissione Cultura di FdI, riconoscere i propri reati: ironia aggravata a destra e occultamento di asinate a sinistra.
Le opposizioni unite sulla Rai non sono unite e i documenti congiunti, firmati, e voluti da Stefano Graziano, il capogruppo in Vigilanza Rai del Pd, valgono come la carta dei fritti. Francesco Boccia, il signor De Girolamo (la strepitosa Nunzia, la moglie, ex ministro di destra, conduce “Ciao Maschio” e mai titolo fu più azzeccato) prevede che alla fine si sfascia la destra e che Forza Italia non rischierà di bruciare Agnes, la designata presidente di Tajani e Gianni Letta. E invece si vota. E si vota domani in Parlamento. Si può arrivare a poche ore dal voto e chiedere a Conte, come chiede il Pd: “Resta fuori, altrimenti il problema diventa politico”? Si può arrivare e chiedere il rinvio del voto, come chiede adesso il Partito Democratico? Schlein sta facendo una scommessa, pensa che il cda Rai, avrà vita breve, qualora il governo non riesca a modificare la governance Rai. E’ una scommessa ma, in ricevitoria, il denaro lo mette sempre lei e Conte si fa dare una sedia, in cda. Lo stesso Pd ha almeno tre linee: la “ruotolana” di Rutolo (Aventino puro) la linea F.Boccia (ragioniamo) la terza, la maggioranza del Pd, la linea “cara segretaria, e ruotoliani, schiantatevi pure”, poi c’è la linea Fratoianni-Bonelli (votiamo il nostro candidato Roberto Natale), l’altra, la linea Renzi, è la linea “ve lo avevo detto”. La destra lo anticipa: “Il consigliere Rai, alla fine, può prenderlo Italia Viva”. Una candidata di spessore che piace tanto a destra, a Ignazio La Russa, e non può dispiacere a Renzi, che nel suo governo l’aveva nominata all’Anac, è la docente Ida Nicotra. Il Pd può sempre votare Antonio Di Bella, Stefano Menichini, e se fosse davvero arguto avrebbe già tirato fuori la carta Goffredo De Marchis, il Braudel della sinistra, il giornalista che ha raccontato per anni, su Repubblica, il mare Pd. In Rai, purtroppo non esiste romanticismo, esiste solo la giungla, Saigon. 12 mila dipendenti Rai, più del sessantatre per cento di sinistra (è il calcolo che ha fatto la destra) dell’integrità di Schlein, che se ne fanno? Hanno bisogno di padrini a cui confessare i torti dei federali del Pd. La destra ha infarcito Agorà, la trasmissione caffèlatte del pensionato, di giornalisti-autori da orbace, ed era la stessa destra che si lagnava, eccome se si lagnava, dei giornalisti-autori di sinistra.
I dipendenti Rai a chi raccontano che, sempre ad Agorà, il capo autore è ora Alessandro Sansoni, ex direttore di Cultura e Identità, promosso dopo gli ascolti estivi imbarazzanti, e già ad Anni Venti, il vecchio programma di sua eccellenza, il Dannunzino, il ministro Giuli? A chi raccontano che la destra, proprio come la sinistra, ha riempito la Rai di giornalisti che scrivono sui quotidiani amici, come Salvatore Dama di Libero, o di altri esponenti di destra, valorizzati, come Luca Colantoni, inviato di “Restart”? A chi raccontano che chi ha scritto per primo, di un caso doloroso, come quello di Sara Giudice, lavora ad Agorà week-end? A chi raccontano che al desk di Agorà lavora, da pochi mesi, la moglie del capogruppo della Lega, al comune di Roma? Il Pd non rischia di lasciare la Rai a Conte e Meloni ma a due famiglie televisivamente compari, gli esaltati di Meloni e Conte, Bandiera gialla e Telefez, con Damilano a pulire gli stivali.
Carmelo Caruso