A destra sì, ma quanto?
Dopo la crescita dell'AfD in Germania, anche in Austria avanza il vento populista
A settembre il mondo di lingua tedesca ha parlato sovranista. Anche a Vienna la partita è aperta: i popolari del cancelliere Nehammer puntano a prendere un voto in più del Partito della Libertà, con cui non hanno problemi a governare. Un testa a testa che potrebbe far avvicinare il paese a Russia e Ungheria
A settembre il mondo di lingua tedesca parla sovranista. Il primo giorno del mese si è votato in Turingia e in Sassonia, il 22 in Brandeburgo e il 29, domenica, si vota in Austria. Nei tre Bundesländer tedeschi, il partito di destra Alternative für Deutschland (AfD) è andato molto bene, arrivando primo in Turingia e secondo (di misura) nelle altre due regioni tedesco-orientali. Anche in Austria la partita è aperta: i sondaggisti prevedono un testa a testa per la vittoria fra i populisti del Partito della Libertà (Fpö) e il Partito popolare (Övp) del cancelliere Karl Nehammer il vincitore della tornata elettorale. Questione di ore e sapremo chi avrà vinto: meno facile è decifrare cosa succederà il giorno dopo.
Per capirlo è bene anche ricordare come si arriva alla fine di questa legislatura: era il dicembre del 2021 – sembra un secolo fa – quando l’allora cancelliere popolare e già enfant prodige della politica austriaca Sebastian Kurz si ritirò a vita privata – “vado da mia moglie e dal bambino” – per occuparsi del bebè che gli era appena nato. Una scusa per non ammettere di essere rimasto travolto due mesi prima da un’inchiesta della magistratura che aveva messo in luce presunte false testimonianze e falsi ideologici, mazzette e sondaggi taroccati. Kurz lasciò il secondo governo da lui guidato, lanciato nel gennaio del 2020: una coalizione fra i suoi popolari (turchesi) e gli ecologisti (verdi) nelle mani del diplomatico Alexander Schallenberg, poi sostituito da Karl Nehammer, esponente politico dei popolari e già ministro degli Esteri. Le elezioni anticipate furono escluse dai due partiti dii maggioranza. Gli austriaci, va ricordato, di scandali ne avevano avuti già abbastanza e l’esecutivo Kurz II era nato proprio a seguito di elezioni in cui l’Fpö era stato punito per l’Ibizagate l’anno prima. Meglio dunque governicchiare per inerzia fino alla fine della legislatura che perdere elezioni anticipate.
Come nota parlando con il Foglio Ferdinand Karlhofer, per tredici anni direttore dell’Istituto di Scienze politiche all’Università di Innsbruck, “entrambi i partiti della coalizione devono aspettarsi forti perdite”. Sotto la guida di Kurz, alle elezioni del 2019 i popolari portarono a casa un podesoso 37,5 per cento dei voti e gli ecologisti un rispettabile 13,9. Alla luce degli ultimi sondaggi (Övp 24-25 per cento, Verdi 8-9 per cento) non ci sarà un nuovo governo turchese-verde. “E poi – osserva l’accademico a riposo – questa opzione non è più attraente per gli elettori. L’Övp si è spostato significativamente a destra soprattutto in materia di migrazione e diritto d’asilo mentre i Verdi rimangono politicamente a sinistra”. Una ripetizione dell’alleanza guidata da Nehammer è insomma da escludere perché priva tanto dei numeri quanto di un chiaro orientamento politico. Secondo Karlhofer “tutto fa pensare a una coalizione tra Övp e Fpö dopo il 29 settembre. Ideologicamente, entrambi i partiti si collocano alla destra del centro”.
Quale membro del gruppo Patrioti per l’Europa (PfE) all’Europarlamento, l’Fpö può essere considerato di destra dura e pura, mentre l’Övp fa parte del Partito popolare europeo. Più precisamente dell’ala destra del Ppe, “visti gli stretti legami che ha con Viktor Orbán, il cui partito Fidesz è stato il promotore del PfE”. Karlhofer insiste sulla relativa vicinanza fra Övp e Fpö “in termini dei valori che rappresentano”. Politicamente compatibili, le due formazioni non avrebbero problemi di numeri. Se l’Övp è avvistato attorno al 25 per cento, al Partito della libertà è attribuito il 27 per cento dei consensi. “La loro è l’unica possibile coalizione con più del 50 per cento, tutte le altre varianti richiederebbero almeno tre partiti”, senza dimenticare, aggiunge Karlhofer che questa “è chiaramente l’opzione preferita dall’industria e dall'imprenditoria”.
L’avvio di una nuova coalizione turchese-blu, come già ai tempi del primo governo Kurz (2018-2019) significherebbe, per il professore, minore affidabilità dell’Austria in politica europea – “l’Fpö persegue esplicitamente l’uscita del paese dall’Ue” – e un ulteriore avvicinamento alla Russia e all’Ungheria. In virtù del suo status di paese neutrale, negli ultimi due anni Vienna è stata meno dura con Mosca rispetto alle capitali europee e solo i Verdi vogliono smettere di comprare il gas russo – ma perché è gas, non perché è russo. Di conseguenza, una coalizione Övp-Fpö significherebbe che il sostegno all’Ucraina sarebbe massicciamente limitato: “L’Austria – conclude Karlhofer – sta già insistendo in modo irrazionale e opportunistico sulla sua neutralità nelle questioni internazionali”.
Questa analisi descrive però uno degli scenari post elettorali. Secondo Reinhard Heinisch, politologo all’Università di Salisburgo, il turchese-blu è possibile, ma solo in questo ordine “perché l’Övp ha affermato così tante volte che non governerà sotto un cancelliere dell’Fpö che ormai ci credono tutti”. Esiste poi la possibilità che l’ingombrante leader dell’Fpö, Herbert Kickl, si faccia da parte a favore di un altro esponente del Partito della libertà, “ma mi sembra improbabile”. O ancora, se i popolari andranno malissimo, ma così non dovrebbe essere, “potrebbero darsi una nuova leadership favorevole ad allearsi con l’Fpö in posizione subalterna”. E’ tutto da vedere, prosegue Heinisch, spiegando che dipende anche da come faranno i socialdemocratici (Spö) e gli ultraliberisti di Neos, “candidati naturali a formare un governo con i popolari”. Giochi aperti, dunque, in Austria: un cordone sanitario contro l’Fpö paragonabile a quello tedesco contro l’AfD non c’è “ma il presidente austriaco Alexander van der Bellen, (ri)eletto dal popolo con una piattaforma antiradicale e i cui poteri sono analoghi a quelli del presidente francese, ha già detto che non assegnerà l’incarico di formare il governo né a Kickl né a chiunque si professi ant-Europa”. Il possibile arrivo, anzi ritorno, dell’Fpö al governo non esalta l’Europa che però ha già conosciuto ministri dell’ultradestra austriaca. Quella tedesca, in grande ascesa, resta invece ben salda sui banchi dell’opposizione.
Si tratta d’altro canto di due formazioni molto diverse, ci spiega sempre dall’ateneo di Salisburgo la politologa Jessica Fortin-Rittberger sottolineando che, a differenza dell’AfD fondata appena dieci anni fa, “l’Fpö è un partito molto più antico che affonda le sue radici nel secondo Dopoguerra”. Solo nel 1986, sotto Jorg Haider, la formazione ha indossato i colori del populismo di destra, “una destra radicale ma più inserito nell’establishment politico”, un partito più compatto di AfD ancora molto segnato dalla leadership regionale. “Fra il 1983 e il 2019, l’Fpö ha già fatto parte di alcune coalizioni di governo”, ricorda l’accademica, senza dimenticare che è presente in alcuni governi regionali. “Per esempio, l’attuale governo del Land Salisburgo è composto dall’Övp e dall’Fpö. Ecco perché future collaborazioni non sono fuori discussione. La maggior parte degli altri partiti continua però ad affermare che per il momento preferirebbe non coalizzarsi con l’Fpö: una mossa per non diventare impopolari presso i propri stessi elettori”.