(foto Ansa)

lo scenario

I piani del Viminale per gestire le piazze (vietate) pro Palestina

Luca Roberto

Nonostante la mancata autorizzazione, gli organizzatori della manifestazione del 5 ottobre vanno avanti. La possibile mediazione con la Questura e la posizione del ministero: se ne assumeranno la responsabilità

La decisione è stata presa dalla Questura di Roma. Ma ai piani alti del Viminale la scelta di vietare le manifestazioni pro Palestina in programma il 5 ottobre a Roma è chiaro che l’abbiano condivisa. In effetti, era stato il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi ad anticiparlo: “Consentiremo ogni libera espressione anche di critica legittima contro qualsiasi governo, che sia quello israeliano, che sia quello palestinese o quello italiano, di chiunque, ma non formule di celebrazione di eccidi”, aveva detto un paio di settimane fa. E’ stata questa la linea che ha prevalso, alla fine, con il comitato ordine e sicurezza in cui, appunto, la scelta è spettata alla questura capitolina, visto che la manifestazione organizzata dai “Giovani palestinesi in Italia”, avrebbe dovuto tenersi proprio a Roma, nel quartiere Ostiense, partendo dalla Piramide Cestia. La macchina organizzativa, con l’adesione anche di sigle come l’Associazione dei palestinesi in Italia e L’Unione democratica arabo palestinese, era già partita, le comunicazioni social avevano iniziato a circolare dal 19 settembre. Ma nei ragionamenti del nuovo questore di Roma Roberto Massucci, il rischio che ci potessero essere problemi di ordine pubblico nello svolgimento della manifestazione è tangibile, concreto. Da qui la scelta di non concedere l’autorizzazione.

 

Fin qui tutto liscio (si fa per dire). Ma il punto è che sono state le stesse associazioni organizzatrici a rivendicare la volontà di andare avanti. Di tenerla, questa manifestazione, alle porte della ricorrenza della strage perpetuata da Hamas sui civili israeliani lo scorso anno. Scendendo ugualmente in piazza, non curanti del divieto emanato dalla Questura, e rivendicandolo come “atto minimo di disobbedienza, contro Israele e i suoi crimini, contro la Nato che ci ha portati nel baratro della guerra, prima che sia troppo tardi, prima che non esistano più le libertà fondamentali”. Sui profili social dei Giovani palestinesi ci sono già testimonianze di persone che raccontano di aver organizzato la trasferta romana, chi partendo da Catania, chi dal nord, e non intendono rinunciarci. E quindi il ministero dell’Interno che farà? Perseguirà una linea ispirata alla massima intransigenza o alla fine sarà permesso a queste persone di sfilare in corteo? Brandendo, chissà, una serie di slogan che inneggiano alla cancellazione di Israele dalla faccia della terra? Come del resto è successo anche durante l’ultima Giornata della memoria.

Fonti del Viminale hanno spiegato al Foglio che “qualora decidessero di manifestare comunque, nonostante il divieto, i manifestanti si assumerebbero le loro responsabilità. Anche perché in quel caso si aprono scenari che andranno valutati sul momento”. Questo sempre considerando che nei giorni immediatamente precedenti al 5 ottobre potrebbe esserci, com’è prassi in questi casi, un’interlocuzione tra la Questura e gli organizzatori della manifestazione. In cui le parti potrebbero ancora convenire a uno spostamento di data.

 

Certo è che, almeno in queste prime battute, dopo la decisione di non autorizzare le manifestazioni, le associazioni coinvolte non si sono dimostrate granché disposte a prendere in considerazione un giorno alternativo. Sempre dal Viminale, a ogni modo, fanno notare come l’approccio delle forze di polizia resti sempre “improntato alla massima precauzione e prevenzione”. Evitando, ove possibile, che qualsiasi violenza possa trovare sfogo. Ma è evidente che una manifestazione che contrasta con le disposizioni ufficiali dell’autorità, qualora avesse al suo interno delle frange più estreme, potrebbe diventare un grattacapo non da poco per le forze dell’ordine. Che alla vigilia del 7 ottobre avrebbero voluto proprio evitare quest’innesco di tensioni.

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  • Pugliese, ha iniziato facendo vari stage in radio (prima a Controradio Firenze, poi a Radio Rai). Dopo aver studiato alla scuola di giornalismo della Luiss è arrivato al Foglio nel 2019. Si occupa di politica. Scrive anche di tennis, quando capita.