Giuseppe Conte ed Elly Schlein (foto LaPresse)

Passeggiate romane

Mugugni dem su Conte e Schlein, ma la segretaria non cambia rotta

La segretari del Pd non parla con nessuno, se non con 4 o 5 fedelissimi, e decide le sue mosse senza comunicarle agli altri dirigenti del partito. I problemi in Liguria e il pericolo di sottovalutare il leader del M5s

Al Nazareno hanno cambiato i toni. Se prima tutti, inclusa la segretaria Elly Schlein, parlavano di cappotto riferendosi alle regionali di Liguria, Umbria ed Emilia Romagna, adesso i toni si sono fatti assai più prudenti. Ora la frase che viene utilizzata più spesso è: “Partiamo da due a uno in favore loro, riusciremo quanto meno a strappare alla destra una regione”. Già perché in Liguria, nonostante la sicumera di Giuseppe Conte il quale continua a ripetere che “Matteo Renzi fa perdere voti”, l’abbandono di Italia viva preoccupa il candidato Andrea Orlando e anche il Partito democratico. E si fa sempre più strada il sospetto che il leader dei Cinque stelle abbia giocato questa partita con l’obiettivo di impedire a Schlein di fare l’en plein. Sospetto che Renzi ha avuto, ed espresso alla stessa leader, sin dall’inizio della vicenda. Perciò nel Pd i mugugni per la gestione del partito si intensificano. La strategia di Schlein, che è quella di intervenire il meno possibile e comunque, quando è proprio il caso, di farlo solo all’ultimo momento viene criticata. Come vengono mosse obiezioni al fatto che la leader dem nella vicenda della Liguria non abbia aperto bocca sulle questioni spinose. 

Mugugni sì, ce ne sono, ma difficilmente vengono espressi ad alta voce. Infatti una cosa è chiara a tutti: si arriverà alle elezioni con Schlein. Sarà quindi la segretaria a fare le liste. Perciò nessuno o quasi ha intenzione di mettersi contro la leader in questa fase. Del resto, anche le correnti che nascono un giorno sì e un giorno no nel partito non hanno come obiettivo quello di condizionare la linea politica della segretaria, perché tanto si è capito come si muove Schlein. 

La leader dem non parla con nessuno, se non con 4 o 5 fedelissimi, e decide le sue mosse senza comunicarle agli altri dirigenti del partito. E’ successo anche alla Rai, dove un pezzo del partito stava lavorando per mettere un ex giornalista di Repubblica nel Consiglio d’amministrazione di Viale Mazzini, mentre la segretaria aveva già deciso l’Aventino. Perciò cercare di costringerla a cambiare metodo è una pia illusione. Meglio rafforzare le correnti per contattare almeno un congruo numero di esponenti di ogni area nelle liste. Ma le correnti nel Partito democratico servono anche a un altro scopo. Ormai è prevalso l’ottimismo circa il risultato delle elezioni politiche e perciò ci sono in vista diversi posti di governo, tra ministri e sottosegretari e ci sono in ballo anche le presidenze delle future commissioni parlamentari. Per ottenere questi posti, fare parte di una corrente forte (e possibilmente di maggioranza) è un requisito essenziale. 

Una delle correnti che si sta strutturando meglio è quella dei cosiddetti franceschiniani, a cui si sono uniti gli ex articolo 1. Quell’area ora sta corteggiando Giuseppe Provenzano. Vorrebbe che anche il responsabile Esteri della segreteria del Partito democratico entrasse nella corrente. 

Intanto la segretaria va dritta per la sua strada come se niente fosse. Anche i timori di molti dem riguardo le intenzioni di Giuseppe Conte non sembrano preoccuparla più di tanto. Come ha avuto modo di spiegare ai fedelissimi, l’idea per le politiche che verranno è quella di costruire un programma che contenga tutti i punti su cui le forze di opposizione (Italia viva inclusa) sono d’accordo e di portare poi quel testo all’attenzione degli alleati. Nessuno si potrà sfilare, è il ragionamento che viene fatto al Nazareno. Ma secondo un pezzo dei riformisti la segretaria sottovaluta Conte.

Di più su questi argomenti: