Il caso

Liguria incerta, Meloni pensa al colpaccio e Schlein subisce le bizze di Conte. Le incognite Toti e Renzi

Simone Canettieri

Le regionali  diventano un test nazionale. Il 25 l'iniziativa dei big del centrodestra con Bucci. Orlando fatica a tenere il campo largo unito, visto che il leader del M5s dice che è finito. Così le tre sfide delle prossime settimane diventano un test per la tenuta delle coalizioni

Partita finisce quando arbitro fischia. Lo ripetono Andrea Orlando e Marco Bucci, i duellanti liguri, quando si chiede loro: chi vincerà le regionali? La massima (rivista e rivisitata) di Vujadin Boškov – che a Genova, sponda Sampdoria portò uno scudetto – fotografa meglio di qualsiasi cosa l’incertezza che accompagnerà l’appuntamento elettorale fino alla fine. Sondaggi contrastanti, truppe mobilitate, veti, inchieste, il desiderio di attaccare al territorio la sfida, ma la consapevolezza che non sarà così. La partita è nazionale. Ecco perché Giorgia Meloni, Antonio Tajani, Matteo Salvini e Maurizio Lupi il 25 ottobre chiuderanno la campagna elettorale di Bucci tutti insieme. Ecco perché Elly Schlein, che già si è fatta vedere al fianco di Orlando la scorsa settimana, ricapiterà almeno altre due o tre volte. Lo stesso faranno Giuseppe Conte e Carlo Calenda. Oggi Avs presenta le liste. In mezzo due convitati di pietra: Matteo Renzi e Giovanni Toti.  
 
Il primo, caduto sotto il niet di Giuseppe Conte, è tutto da pesare: la sua esclusione coatta dal campo largo farà perdere voti essenziali al centrosinistra e lo ringalluzzirà con un saldo positivo? Il secondo, governatore uscente, arrestato e patteggiante, avrà come sembra un effetto sull’elettorato di centrodestra, scoraggiato a tornare alle urne? Sono queste le domande che si fanno a Genova e che poi rimbalzano a Roma senza risposte. La vicenda Renzi restituisce un solco largo più politico che forse numerico. Ma racconta di una coalizione che balla e traballa: dopo la Liguria, ieri Conte ha detto che anche in Emilia-Romagna e in Umbria se ci saranno liste di Italia viva non ci sarà quella del M5s. Scenario non proprio rassicurante perché alla fine Schlein sembra subire, silente, gli affondi dell’ex premier che da partner di minoranza, ma indispensabile, la condiziona senza affanni. Sarà anche per questo motivo che Orlando sta cercando pure lui di chiudere a Genova, a ridosso del voto, con tutti i leader della coalizione sul palco insieme a lui. Con Calenda, ma senza Renzi. Sperando che il leader di Azione accetti, visto che il pretesto ligure è stata la molla per l’esodo del trio parlamentare Gelmini-Carfagna-Versace al motto “mai con la sinistra”. Resta una variabile ancora da calcolare anche Toti. Il 15 ottobre uscirà il libro dell’ex presidente della regione che ha patteggiato, dopo mesi ai domiciliari, due anni e un mese per corruzione impropria e finanziamento illecito. Si intitola “Confesso: ho governato” e sarà presentato proprio nel bel mezzo della campagna elettorale. La presenza all’evento di Bucci, ma anche degli altri candidati e big locali di Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia sarà un segnale interessante sintesi del risultato fra convenienza politica e solidarietà. Così come nel centrodestra romano si stanno già interrogando sull’evento a cui parteciperà Meloni: Toti dovrà salire sul palco? Dovrà essere comunque ringraziato? Oppure sarà meglio non nominarlo ed evitare qualsiasi foto di famiglia? 

Il tris di regionali che si dipanerà nelle prossime settimane e mesi viene visto dalle due leader della politica italiana con sentimenti sovrapponibili. Giorgia Meloni punta nel migliore dei casi a un onesto 2-1 che non cambierebbe il quadro iniziale: Emilia-Romagna confermata al centrosinistra, Umbria e Liguria che restano nell’alveo del centrodestra. Schlein, dopo le europee, era convinta del 3-0. Adesso tutto è incerto. E prima c’è la Liguria, 27 e 28 ottobre. L’incognita Giuseppe Conte, che dice “il campo largo non esiste più” piomba sulle regionali con forza. Se Orlando pensava di aver archiviato l’esclusione di Renzi, adesso tutto torna attuale e contendibile. Conte, che alle regionali ha da sempre percentuali inferiori alla media delle politiche, sembra aver trovato un grimaldello per essere centrale, almeno nel dibattito. L’avvocato del popolo sancisce e poi mette il bollino sull’alleanza larga che, dice, “non esiste più”. In Emilia-Romagna, dove nacque fisicamente il M5s con il Vaffa-day di Bologna, i grillini sono residuali. E Matteo Renzi, questa volta, non ha intenzione di cedere ai diktat: “Italia viva sarà al fianco di Michele de Pascale con il nostro simbolo e i nostri candidati: non mettiamo veti nei confronti dei grillini anche se hanno fatto l’opposizione a Bonaccini. Ma non siamo disponibili a subirne”. Schlein continua a tacere, e ieri dalla Liguria, mentre leggevano le parole di Conte, commentavano con perfidia: “Questo è il miglior regalo che ci potessero fare, a noi basta stare fermi”. La segretaria non parla del campo largo terremotato. Anche se Orlando inizia ad avere qualche problema anche per riunire i leader di tutti i partiti che lo sostengono: ce la farà a dare questa prova di unità? I sondaggi oscillano, la percezione diventa cangiante. Bucci gioca con il metodo Boskov: tutto è possibile fino all’ultimo minuto, fino a quando l’arbitro non fischierà.

  • Simone Canettieri
  • Viterbese, 1982. Al Foglio da settembre 2020 come caposervizio. Otto anni al Messaggero (in cronaca e al politico). Prima ancora in Emilia Romagna come corrispondente (fra nascita del M5s e terremoto), a Firenze come redattore del Nuovo Corriere (alle prese tutte le mattine con cronaca nera e giudiziaria). Ha iniziato a Viterbo a 19 anni con il pattinaggio e il calcio minore, poi a 26 anni ha strappato la prima assunzione. Ha scritto per Oggi, Linkiesta, inserti di viaggi e gastronomia. Ha collaborato con RadioRai, ma anche con emittenti televisive e radiofoniche locali che non  pagavano mai. Premio Agnes 2020 per la carta stampata in Italia. Ha vinto anche il premio Guidarello 2023 per il giornalismo d'autore.