Il racconto
Lo stato della Rai e di Giletti: ascolti flop, costi altissimi, produzione esterna. L'esordio del nuovo ad Rossi
La Rai, con Massimo Giletti, si fa battere da Augias, da La7, e manda in onda un talk spaventoso. Le richieste di Giletti, la produzione esterna Rai, puntate da oltre 350 mila euro. Inizia il nuovo corso di Rossi e e del nuovo dg Sergio
E’ Lo stato delle cose, della Rai, e di Massimo Giletti: sbarca su Rai 3 come San Gerolamo nello studio, promette di fare servizio pubblico e cultura, ma il pubblico lo guadagna La 7, la rete che lo avrebbe cacciato perché, dice Giletti, “stavo toccando cose che non si devono toccare”. Si è convinto di essere Mauro De Mauro de L’Ora e nessuno gli getta il secchio d’acqua salutare. Al posto di una limonata, la Rai gli offre la prima serata, anziché lasciargli digerire la sua peperonata mafia-caso Baiardo, la Rai gli consegna le chiavi del ristorante per impiattare tv da incubo. Il nuovo ad Rai, Giampaolo Rossi, al suo primo giorno da ad, si presenta con un talk spaventoso, con Giletti, il cervello di ritorno, strafinanziato (si parla di oltre 350 mila euro a puntata, cifra mai smentita) battuto da La 7, da Corrado Augias, in una serata capolavoro, con ospite Giordano Bruno Guerri, inarrivabile. Chi è l’ultimo Giletti? Uno che confonde i fili della luce, i costi delle sue trasmissioni, da Super Bonus 110, con la verità che gli vogliono impedire di raccontare, le sue puntate per i capitoli mancanti di Petrolio, il romanzo di Pasolini, mentre Dell’Utri, Urbano Cairo, e Piersilvio Berlusconi, sarebbero le sue sette sorelle petrolifere. Tutto questo per sbalordire e invitare, alla fine, su Rai 3, per la sua nuova trasmissione Lo Stato delle Cose, il generale Vannacci e Francesca Pascale, Heidegger e Arendt, “Essere e Tempo”, la Rai di Friburgo, la foresta nera dello spettatore.
Serviva Giletti? Il nuovo ad Rai, Giampaolo Rossi, il garibaldino con l’edera, l’ad nominato ieri dal cda, l’ad che sogna “l’egemonia della libertà Rai”, il repubblicano antifascista, dovrebbe adesso spiegare per quale ragione una trasmissione, che non ha nulla di nuovo, viene prodotta fuori dalla Rai. Il garibaldino Rossi, che ha scelto come dg Rai, Roberto Sergio (aveva ragione lui, quando ha dichiarato, alla festa del Foglio, “farò il dg”) , il garibaldino Rossi dovrebbe spiegare come si possa definire cultura la trasmissione di Giletti, prodotta dalla società esterna Our Films. Per quale ragione viene permesso a Giletti di decidere quale serata è per lui la più gradita? Per fare felice Giletti si è dilapidato quel piccolo patrimonio di spettatori di Salvo Sottile, di “Far West”, spostato a venerdì. Giletti ha perfino stabilito da quali vertici Rai farsi dirigere. Il Pasolini con la coppola si è scelto il controllore, la vicedirettrice Rosa Anna Pastore, responsabile dell’Unità organizzativa, “Divulgazione e Attualità Culturale”, la stessa che ha seguito per anni Fabio Fazio. E’ una scorciatoia per aggirare il controllo del direttore dell’Approfondimento, Paolo Corsini, il direttore A noi!, di destra, che oggi si staglia come genio Rai. Corsini, quantomeno, aveva sperimentato, a suo modo, e chiamato Nunzia De Girolamo, fatto perdere al Pd, in prima serata, con il signor Boccia, due punti nei sondaggi. Il suo lavoro lo aveva fatto egregiamente. La trasmissione di Giletti è tutto eccetto che Cultura. E’ un talk da giletti gialli, con la presenza di Peter Gomez, spalla giornalistica, più lampadato di Carlo Conti. L’ospite politico che ha aperto la puntata era Matteo Renzi e stando a quanto ha lamentato Giletti, per anni, sarebbe stata la Rai di Renzi a cacciarlo. Il resto è la solita Arena di Giletti, un pub con gli svippati della settimana, con servizi sul campo, e il duello fra Pascale e Vannacci, Heidegger e Arendt, uno scontro titanico tra la decima e il calippo. La trasmissione, al suo esordio, ha raccolto il 5.02 per cento di share contro il 5.13 di Augias, la sua La Torre di Babele, un programma assemblato con due sedie, materiale delle teche e che ha un costo di produzione imparagonabile al costo di Giletti. E’ una tv sapiente, con ospiti intelligenti, temi indovinati malgrado Augias, che si gonfia, white trombone, a ogni parola. Quella di Augias è la seconda trasmissione che si inventa in casa La 7. Un’altra è quella di Aldo Cazzullo, “Una giornata particolare” che riparte mercoledì 9 ottobre, lui che è la firma del Corriere della Sera e che un’altra Rai avrebbe inseguito per strada: “Ma che aspetti, vieni da noi”. Un’altra Rai avrebbe inseguito Cazzullo e non Giletti. L’ospite di Augias era Giordano Bruno Guerri, lo storico che la destra si sparge come colonia quando si vuole profumare di cultura, ex direttore dell’Indipendente che in questi anni di Meloni è stato in corsa per tutto, ministro della Cultura, nuovo volto Rai. Guerri è rimasto ovviamente solo Guerri, direttore del Vittoriale, la casa di D’Annunzio (lo ha nominato la sinistra) e ad Augias ha spiegato: “Più studio il fascismo e più divento libertario”. Ed è stato un momento di televisione irripetibile la frase di Guerri: “Ma Augias non dica sciocchezze” e l’altra, “libertario è più di antifascista”. Per compiacere il Pasolini con la coppola, che cerca l’altra verità, la Rai gli ha ceduto il libretto degli assegni. Giletti ha strappato inviati alle altre trasmissioni con rilanci che Mediaset e La 7 definiscono fuori mercato, da fuori canone. Sono passati con Giletti, con la promessa di un futuro da servizio pubblico, redattori, operatori, inviati. Si è tentato in ogni modo di svuotare la redazione di una trasmissione ben precisa de La7 nonostante la disponibilità Rai, la fabbrica del giornalista che imbullona dichiarazioni. La nuova Rai di Rossi, il garibaldino con l’edera, viene superata da Augias, uscito dalla Rai, con le pernacchie della nuova Rai sbruffona, mentre la Cultura della Rai si riduce a magazzino di Pascale e Vannacci. L’unico servizio lo hanno fatto a Cairo. La 7 si libera, una volta e per tutte del Pasolini con la coppola, la Rai paga tre ore di televisione spaventosa per far venire voglia di guardare La 7.