il retroscena

“Lasciamoli scannare”. La linea Pd sulla lite Renzi-Conte

Ruggiero Montenegro

Elly Schlein resta alla finestra, si tiene alla larga dalle polemiche tra i due ex premier. "Ci sono cose più importanti di cui occuparsi": al Nazareno sono convinti che alla fine i leader di M5s e Iv usciranno indeboliti dallo scontro, legittimando ancora di più la centralità della segretaria

Al Nazareno non fanno drammi. “Lasciamoli fare”. Aspettano, fiduciosi. “Conte e Renzi si devono scannare”. Per il momento la disputa tra i due ex premier preoccupa, ma fino a un certo punto. E’ un calcolo che ha i suoi rischi, ma nel cerchio magico che ruota intorno alla segretaria Elly Schlein si stanno convincendo che in fondo valga la pena correrli. La convinzione è che alla fine lo scontro aperto ufficialmente  dal capo dei grillini nel salotto di Bruno Vespa e i continui botta e risposta al veleno con Renzi finiranno per indebolire sia il presidente del M5s, sia il leader di Italia viva.  Legittimando una volta di più, dopo i risultati delle europee, la centralità del Pd come vero e unico  perno dell’alternativa al governo Meloni, al di sopra di certe beghe. “L’Iran sta bombardando Israele, ci sono questioni ben più importanti di cui occuparsi”, è il ragionamento che trapela dai piani alti del Pd. E se martedì sera la premier Meloni aveva convocato d’ urgenza un vertice a Palazzo Chigi, ieri Schlein ha fatto altrettanto, convocando la segreteria per parlare  di medio oriente. “Dobbiamo chiedere ogni sforzo al governo e all’Ue per fermare questa escalation devastante. Il Pd farà la sua parte”, ha detto la leader dem al termine dell’incontro. Con un’altra dichiarazione, in mattinata, aveva attaccato  Salvini per il  caos ferroviario. 

 

Sulle future alleanze Conte chiede parole chiare, vorrebbe un vertice. Ma la segretaria per ora ha preferito non intervenire direttamente nella polemica, non sarà lei a inasprire i toni. L’avversario è  Meloni. Le stoccate semmai le manderanno altri esponenti del Pd. Anche perché in Liguria il pasticcio  è stato ormai fatto,  Orlando non ne è uscito benissimo (“Il campo larghissimo? Serviva più cautela ”, ha sbuffato ieri parlando a Metropolis), e non avrebbe senso riaprire uno screzio che favorisce il centrodestra. Mentre in Emilia-Romagna il discorso è un po’ diverso, lì i dem hanno già vinto (quasi) da soli nel 2020. Ma soprattutto nessuno nel Pd crede davvero che il governo cadrà a breve:  ci sarà il tempo, più avanti, per  cercare  la quadra  tra alleati riottosi. Il vero obiettivo di Schlein resta Palazzo Chigi. Sono valutazioni che tengono conto anche del particolare momento del M5s e dei problemi  di  Conte. Il suo continuo sparigliare le carte è per certi versi fisiologico, va messo in conto. L’ex premier è impegnato infatti anche sul fronte interno, deve rilanciare un Movimento ammaccato dai risultati europee e che sui territori va anche peggio – dopo aver perso centinaia di consiglieri  alle amministrative di giugno. Ci sono  la costituente e la disputa  con Grillo. Altre grane. Il garante è assai più debole di un tempo ma, al di là dei dissidi  personali con l’ex premier, pone anche questioni che stanno a cuore a molti grillini, anche a quelli che hanno deciso convintamente di stare con Conte. L’autonomia del Movimento dal Pd è una di queste. A sinistra del M5s continuano poi a muoversi Fratoianni e Bonelli. Tra Avs e grillini, dalla politica estera sino alle  recenti nomine Rai, c’è una certa sintonia. Ma Conte si guarda bene dalle mosse dei rossoverdi, bravi a occupare ogni spazio vacante tra i progressisti, anche a spese degli stessi pentastellati. “Fa piacere se ci sono forze politiche che possono condividere le nostre battaglie e rafforzare la nostra azione politica”, ha spiegato l’ex premier, per rimarcare la gerarchia e la sua centralità.

Sono un po’ le stesse ragioni  che hanno spinto il M5s a forzare la mano in Liguria, imponendo al Pd la cacciata dei renziani. Una scommessa un po’ spericolata, perché in fondo la presenza di Renzi in coalizione avrebbe potuto rappresentare un alibi per Conte in caso di sconfitta di Orlando. Gli ultimi sondaggi stimano il candidato dem e l’avversario Bucci praticamente appaiati, al 46 per cento secondo l’Istituto Noto . E’ chiaro quindi che se la partita si risolvesse a favore del centrodestra per una manciata di voti, Conte sarebbe tra i primi a finire sul banco degli imputati.  Perché in politica contano i princìpi e pure la strategia, ma alla fine sono i voti a fare la differenza e dettare i rapporti di forza. Schlein sta alla finestra e lascia fare, pronta a presentare il suo conto. 
Ruggiero Montenegro
 

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