(foto Ansa)

Il colloquio

Fiano (Pd): “Pulizia interna contro l'antisemitismo. Vietare le manifestazioni? Sì se inneggiano al terrorismo"

Luca Roberto

L'ex deputato, segretario di Sinistra per Israele: "Anche nel nostro campo c’è un deficit di conoscenze che merita di essere colmato. Chi insulta Liliana Segre non può dirsi di sinistra"

Chi insulta Liliana Segre non può definirsi di sinistra. Sono d’accordo quando si dice che sull’antisemitismo bisogna partire dal fare pulizia al proprio interno”. L’ex deputato del Pd Emanuele Fiano condivide, in linea generale, le considerazioni espresse dal compagno di partito Andrea Romano, che su Repubblica ha scritto proprio questo: “Bisogna mettere fuori dalla porta chi finora è stato tollerato con qualche superficialità”. Ma invita a operare una distinzione. “Perché bisognerebbe recintare meglio cos’è la sinistra. Io per esempio sono convinto che l’antisemitismo non appartenga al Pd. Altro è invece l’atteggiamento di chi, pur criticando legittimamente le azioni del governo israeliano, giudica Israele secondo crismi e metri di giudizio che non si applicano agli altri paesi. E alla cui base spesso c’è la negazione stessa dello stato di Israele. In quel caso opera una inversione perversa che fa parte di un universo di pregiudizi nei confronti degli ebrei”.

 

Secondo Fiano, che è segretario di “Sinistra per Israele”, gruppo a cui, nella sua storia, hanno aderito decine di parlamentari progressisti, “chi critica Netanyahu non è antisemita, ci mancherebbe. Ma chi arriva a giudicare Israele come un paese non democratico, tacendo completamente il mancato rispetto per esempio della risoluzione 1701 Onu che imponeva il disarmo di Hezbollah, beh è evidente che cade nel campo della discriminazione”. Nell’immediato post ingresso delle truppe israeliane in Libano, da Giuseppe Conte ad Avs, c’è stato un coro di prese di posizione che hanno aspramente criticato Israele. Senza che al contempo ci sia stata eguale e ferma presa di posizione contro il terrorismo delle milizie finanziate da Teheran. Sono uscite che rischiano di sobillare certe derive di piazza? “Io dico solo che, a prescindere da quale sia l’alleato, bisogna avere la responsabilità di distaccarsi da manifestazioni in cui vengono veicolati messaggi d’odio. O uno se ne va o si fa di tutto per allontanare chi manda un messaggio del genere”, risponde Fiano. “Credo che da questo punto di vista i cartelloni che etichettavano Liliana Segre come un’agente sionista alla Manifestazione per la pace di Milano, siano stati un monito, un modo per dare una scossa, perché hanno portato a una condanna unanime”.

 

A proposito di manifestazioni di piazza, condivide l’approccio del Viminale che ha vietato i raduni convocati per il 5 ottobre, a ridosso della ricorrenza del 7 ottobre? “Credo che in questo caso abbia pesato il fatto che fossero annunciati come un’apologia del terrorismo, con gli organizzatori che descrivevano il 7 ottobre come un riscatto, una rivoluzione della popolazione palestinese, e non come un massacro di civili. Ecco, in questi casi le forze dell’ordine fanno bene a vietare, anche se credo andrebbero parimenti vietate le manifestazioni in cui si ostentano saluti romani”, dice l’ex parlamentare del Pd. A ogni modo nel giudizio di Fiano, nell’osservazione della deriva antisemita, la sinistra italiana sta messa meglio di quella francese di Jean-Luc Melenchon. “Perché mi pare che la segretaria Schlein, anche muovendo critiche molto forti al governo di Israele, abbia sempre ribadito come la lotta all’antisemitismo sia una priorità. Da questo di vista è ovvio che i laburisti sono un modello cui guardare perché hanno fatto un ottimo lavoro di pulizia interna”. Sinistra per Israele, peraltro, ha fondato uno specifico “Laboratorio Rabin” proprio con l’obiettivo di combattere le derive antisemite che emergono nel campo della sinistra. “Anche da noi c’è un deficit di conoscenze che merita di essere colmato. Perché gli spiriti liberi non possono piegarsi alla drammaticità della cronaca”, spiega Fiano, parlando di un lavoro “molto profondo” che punta a “tenere alto il livello d’interesse per l’approfondimento. E’ il compito che spetta a chi non vuole assoggettarsi a una sola narrazione. E che punta a far capire fino in fondo che in quella terra si scontrano due diritti, quello del popolo palestinese a vedere riconosciuto il suo stato e quello dello stato d’Israele a poter continuare a esistere. E non un diritto e un torto, come professano quelli che in piazza urlano ‘Palestina libera dal Giordano al Mediterraneo’”.

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  • Luca Roberto
  • Pugliese, ha iniziato facendo vari stage in radio (prima a Controradio Firenze, poi a Radio Rai). Dopo aver studiato alla scuola di giornalismo della Luiss è arrivato al Foglio nel 2019. Si occupa di politica. Scrive anche di tennis, quando capita.