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Litigi e ipocrisie

Pur di non avere la supercazzola di sinistra al governo l'Italia vota persino la destra

Salvatore Merlo

Dalla Dc a Berlusconi, passando per Grillo, Renzi e ora Meloni: gli italiani alle urne hanno scelto di tutto pur di non farsi governare dalle bestialità, automatismi e frasi fatte dell'opposizione, pronunciate per celare una mancanza strutturale di idee. Un campionario ben raccolto in un nuovo libro di Italo Bocchino

“Le politiche del 2022 sono state le terze elezioni italiane di portata storica. Come nel 1948 e nel 1994, gli italiani sono stati chiamati a fare una scelta radicale, scegliere da che parte stare. E, tutte e tre le volte, si sono buttati a destra”. Inizia così il libro di Italo Bocchino da oggi in libreria, che s’intitola “Perché l’Italia è di destra” (Solferino libri), un libro agile, intelligente come il suo autore, ma a nostro avviso con un errore di fondo: l’Italia non è di destra. Semplicemente non è di sinistra. E quando vede quelli lì farebbe di tutto: persino votare la destra

Nato a Napoli ma originario di Aversa, cinquantasette anni, da ragazzo cronista al Secolo d’Italia, poi parlamentare per quattro legislature, da An al Pdl, allievo di Pinuccio Tatarella “ministro dell’armonia”, colonnello dell’ultimo Gianfranco Fini cadente, appassionato da sempre di giornali e redazioni, Italo Bocchino, vivacissimo e dialetticamente dotato, è da qualche anno un ospite fisso dei talk-show di La7. Quel genere di spettacolo da circo dove gli ospiti si esibiscono in un trapezio volante senza rete protetti comunque dal grande ombrello dell’informazione (“un sottogenere artistico che non osa dire il proprio nome”, secondo una efficace definizione di Walter Siti). Ed è lì che Bocchino, all’ombra della cofana di Lilli Gruber come avrebbe detto la comica Anna Marchesini, accetta di misurarsi (per ragioni a noi inspiegabili) con una sinistra invasata, in questi spettacoli dell’orrore in cui tutti la pensano brutalmente allo stesso modo tranne uno, che viene messo in mezzo, quello di destra, la vittima, ovvero lui, Bocchino. Appunto. Il quale in questo libro, ci pare, è proprio alla sinistra che si rivolge spiegando errori, miopie, tic, e pure e semplici stupidaggini che questa parte politica maggioritaria nei talk-show e abbastanza minoritaria nel resto del paese compie (e ha compiuto) nell’osservare il fenomeno nascente di Giorgia Meloni. Alla quale andrebbe attribuito quell’adagio che inspiegabilmente Elly Schlein utilizza per sé: non mi hanno vista arrivare. Se c’è infatti una che la sinistra non ha visto arrivare non è ella, anzi Elly, cioè Schlein, ma è proprio Meloni, alla quale la sinistra si contrappone ancora oggi, dopo due anni di governo e un’elezione persa catastroficamente, senza vederla, ovvero ricorrendo ad affermazioni gratuite, indicazioni sbagliate e invenzioni del bersaglio polemico. Una donna, la presidente del Consiglio, la leader della destra, che la sinistra continua così a non capire e dunque a non saper colpire, realizzando probabilmente il più tragico degli errori possibili in politica e non solo: se non capisci un fenomeno non puoi nemmeno combatterlo, se disegni il profilo di qualcuno nell’aria finisci col menare fendenti a vuoto. Così, sotto il titolo “Perché l’Italia è di destra. Contro le bugie della sinistra”, Bocchino non si cimenta nel campo infantile delle bugie, ma mette in fila lo stupidario della sinistra a proposito della destra. Un campionario di bestialità, automatismi, frasi fatte di rapida e facile comunicazione ma intese a coprire la mancanza di idee generali e di prospettive, insomma un riempitivo di vuoti pneumatici che se fossimo membri della segreteria del Pd andremmo subito a leggere per capire dove stiamo sbagliando: dalla filastrocca nasale del pericolo fascista ripetuto  allo sfinimento fino a TeleMeloni, dall’accusa di razzismo a quella surreale di patriarcato rivolto alla prima donna presidente del Consiglio nella storia della Repubblica.


Alla fine però di questo libro che ci è piaciuto per il tono libero, benché militante, e per l’assenza di grevità che (questa non è una banalità di sinistra) è cifra di una parte della destra, di questo libro, dicevamo, ci resta soprattutto l’impressione che la destra vinca non solo per meriti suoi, ma soprattutto perché non è la sinistra. Perché gli italiani, pur di non far vincere la sinistra generica, demagogica, fumosa, litigiosa e inconsistente che immagina di progredire senza sapere come e dove, negli anni hanno votato qualsiasi cosa: dalla Dc a Berlusconi, fino a Beppe Grillo e Matteo Renzi che si riprometteva proprio di rottamare il sinistrese, cioè il brusio che non si traduce mai in impegni personali, precisi, concreti e responsabili. E allora bisogna dire che Bocchino forse non è riuscito a spiegare “perché l’Italia è di destra”, ma ci fa ben capire perché “non è di sinistra”. L’Italia è semplicemente un paese normale, che pur di non essere governato da una supercazzola vuota e presuntuosa si affida persino alla destra. Se necessario. E se questa poi, per coincidenza astrale, è pure guidata da una donna in gamba, ancora meglio. 
 

  • Salvatore Merlo
  • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi universitaria in Inghilterra. Ho vinto alcuni dei principali premi giornalistici italiani, tra cui il Premiolino (2023) e il premio Biagio Agnes (2024) per la carta stampata. Giornalista parlamentare, responsabile del servizio politico e del sito web, lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.