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Schlein prende le distanze da Todde, ma il blocco delle rinnovabili è la linea del Pd

Luciano Capone

La segretaria dice agli imprenditori che il caso Sardegna è un'eccezione, ma i dem hanno proposto moratorie in Umbria e Calabria. E si prepara la Toscana: "L'esperienza sarda è preziosa", dice Giani. Addio transizione

Nei talk show televisivi le domande sono generiche e i tempi stretti, così per Elly Schlein è più semplice rispondere con una battuta oppure cambiando argomento. Ma di fronte a platee preparate la questione si complica e le contraddizioni emergono. Quando lunedì, nell’ormai famoso incontro di Milano a porte chiuse con gli imprenditori, sono state sollevate le perplessità sulla legge della giunta Todde che in Sardegna di fatto blocca gli investimenti nelle fonti di energia rinnovabile, Schlein si è mostrata simpatetica rispetto alle posizioni delle imprese e, in un certo senso, ha preso le distanze dalla decisione. Quello sardo, insomma, sarebbe un caso eccezionale. In realtà non è così.

Breve riepilogo. In Sardegna le proteste contro l’installazione di impianti eolici e fotovoltaici, accusati di essere l’emblema della speculazione e della “colonizzazione” del continente rispetto all’isola, sono state un tema centrale dell’ultima campagna elettorale. Così la giunta progressista, guidata dalla pentastellata Alessandra Todde, come primo atto legislativo aveva imposto una moratoria di diciotto mesi sulle rinnovabili: blocco quasi totale (eccetto gli impianti piccoli e per l’autoconsumo).

Contro questo atto Elettricità Futura, l’associazione confindustriale delle imprese del mondo elettrico e delle rinnovabili, ha chiesto alla Commissione europea di aprire una procedura d’infrazione per la violazione della direttiva europea Red (2018/2001), che prevede l’obbligo per gli stati membri di attuare il principio della prevalenza dell’interesse alla realizzazione di impianti rinnovabili sino al raggiungimento della neutralità climatica. Inoltre il governo, come aveva annunciato il ministro dell’Ambiente Gilberto Pichetto Fratin, ha presentato un ricorso alla Corte costituzionale contro la moratoria.

Nel frattempo, la giunta Todde ha varato un decreto per individuare le cosiddette “aree idonee”, quelle cioè dove le rinnovabili possono essere autorizzate, e le “ aree inidonee”. In questo modo la moratoria decade prima che l’iter del ricorso del governo alla Consulta si concluda. Il problema, però, è che secondo la nuova legge regionale non è idoneo alle rinnovabili il 99% del territorio sardo e, peraltro, con effetti retroattivi: i procedimenti autorizzatori avviati non potranno essere conclusi se in contrasto con la nuova normative e, addirittura, anche le autorizzazioni già emanate decadono se gli impianti ricadono in aree considerate “non idonee” dalla nuova mappa regionale. Non è una moratoria, ma ci somiglia molto.

Anzi, per certi versi è peggiore perché non si tratta di una sospensione della precedente normativa, bensì di un nuovo regime. In questo modo, per la Sardegna diventa impossibile rispettare il cosiddetto burden sharing per raggiungere il target complessivo che spetta all’Italia in attuazione degli accordi di Parigi: secondo quanto previsto dalla legge nazionale, l’isola deve arrivare nel 2030 a circa 8,9 GW di rinnovabili installate, cioè 6,1 GW aggiuntivi rispetto ai 2,8 GW esistenti a fine 2022.

La Sardegna deve, insomma, più che triplicare la sua potenza installata. Che vuol dire installare 1 GW all’anno, mentre la media recente è pari a circa 0,2 GW annui: l’isola dovrebbe cioè quintuplicare il suo sforzo, ma ha deciso di annullarlo bloccando quasi tutto. Già questo potrebbe essere sufficiente a far saltare il piano nazionale che di per sé è molto sfidante. Ma il messaggio politico è ancora più devastante.

Sul Foglio avevamo scritto che la Sardegna, che è la prima regione a compiere un passo del genere, “stabilisce un pessimo precedente che, se fosse imitato, renderebbe impossibile raggiungere gli obiettivi climatici dell’Italia”. Ora la segretaria del Pd dice agli imprenditori incontrati che non è così, la linea Todde è un’eccezione: una sorta di autonomia differenziata energetica e anti rinnovabili (due cose che la sinistra dovrebbe detestare, ma che nel caso sardo, chissà perché, piacciono). Purtroppo non è così.

Le azioni si muovono in direzione opposta alle parole della Schlein: Todde non è un’eccezione, ma un modello. In Umbria e in Calabria, due regioni in cui la sinistra è all’opposizione, il Pd ha proposto una moratoria ricalcando la norma sarda. Ma una linea analoga si è affermata anche dove il Pd è alla guida del governo regionale.

In Toscana il presidente Eugenio Giani ha affermato che, nell’individuazione delle aree idonee, “l’esperienza sarda è preziosa”. L’esponente del Pd ha aggiunto che “come la Sardegna, anche la Toscana è una delle regioni in vista a livello internazionale come meta di turismo e fonte di cultura”. È l’annuncio di paletti rigidi, che sarà replicato da tutte le altre regioni, sotto la pressione dei comitati ambientalisti e gli appelli dei vip, che vogliono il 100 per cento di rinnovabili purché installate lontano dalle loro case e dai loro occhi.

Così però l’Italia non potrà mai rispettare i suoi impegni climatici internazionali. È una scelta politica legittima, basta esserne consapevoli e non prendersela contro la destra “negazionista del cambiamento climatico”.

 

  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali