elezioni regionali

Il candidato del centrodestra in Liguria Bucci: “La mia malattia è il tema unico dei miei avversari” 

Salvatore Merlo

“Non ce l’ho con nessuno, ma il mio cancro non è un tema di cui discutere in campagna elettorale", dice il sindaco di Genova, dopo l'intervista di Nicola Morra al Foglio. "La malattia non impedisce a una persona di vivere, lavorare e tenere fede ai  doveri”

"Mi hanno detto che  il sistema immunitario lavora meglio se c’è in circolo tanta adrenalina”, ride. “E non c’è niente che dia tanta adrenalina come fare il sindaco di Genova e il candidato alle elezioni regionali in Liguria”, aggiunge. E ancora, sul filo del paradosso, sornione: “Non mi spingo a dire che sia una cura per il mio cancro, ma io quando lavoro mi sento meglio. E credo sia così per tanti altri malati oncologici”. Come sta oggi, sindaco Marco Bucci? “Benissimo, inauguro cantieri”. Ed è fatto così il sindaco  di Genova, l’uomo la cui barba metodica governa la città più in bilico d’Italia, l’uomo del ponte Morandi ricostruito, l’uomo della diga e della Gronda, il sindaco ruvido e funzionalista, senza tessere di partito ma laureato in Chimica, quello che per vent’anni  ha vissuto in Minnesota e poi a New York dirigendo la divisione ricerca e sviluppo d’una multinazionale che produce macchinari ospedalieri.

“Quando lavoro mi sento meglio e io lavoro tanto, quindi mi sento benissimo”. Ed è spiritoso, sì, ma soprattutto Bucci possiede la fede, non solo in Dio (ha anche un fratello frate, Luca), ma la fede nel dinamismo e nelle proprie capacità. Quella sorta di complesso di superiorità che distingue i dogmatici e i capitani d’impresa, unito a una capacità di lavoro che tutti definiscono mostruosa. Malgrado la malattia che lo offende.  E però Nicola Morra, candidato anche lui alla presidenza della regione, ieri ha detto che i liguri ci devono pensare bene, prima di votarlo. Perché lei, sindaco Marco Bucci, ha il cancro. E’ malato. “L’ho letto sul Foglio, Morra. Non penso che la mia malattia sia un tema politico. Mi sembra una stupidaggine”. Ma i liguri  sono spicci, sindaco, proprio come lei: potrebbero non votarla per ragioni pratiche e ciniche. “Guardi, gli americani dicevano che ero abrasivo, come la carta vetrata. La carta vetrata è spiccia come i liguri, ruvida, ci si può fare male, ma se la usi bene con la carta vetrata ci fai dei gran bei lavori. I miei concittadini sono fatti così. Come me. Persone che guardano i fatti, danno fiducia a chi riesce a fare le cose e ha dimostrato di saperle farle. Non credo che il cancro sia un tema politico. Le cose che ha detto Morra circolavano da prima, sui social, a sinistra. Io non avrei mai usato questo argomento contro un avversario”. Ma si sente in grado di governare la regione? “Io mi sento benissimo, e ho parlato della mia malattia da subito, appena sono stato operato. Per trasparenza. Poi il resto, però, sono fatti miei”.

E Marco Bucci  incarna un’antropologia riservata, molto genovese, dunque si esprime senza enfasi, perché con l’enfasi non ci costruisci un ponte e non ci rilanci l’economia, non fai una bretella autostradale, l’alta velocità né ottieni dal governo la certezza che lo sviluppo non venga bloccato dalla stupidità ideologica che è sempre dietro l’angolo: no ponte, no tav, no gronda, no diga... “Penso anche che Morra, al quale telefonerò stasera perché mi ha cercato, abbia  danneggiato solo se stesso. Non me. Guardi,  sono altre le cose che mi turbano e mi fanno venire il voltastomaco.  Più di Morra, mi dispiace  che alcuni amici di Andrea Orlando, candidato del Pd, dicano cose false: sulle menzogne ho un senso di ribrezzo, di rigetto. Dicono che la diga è in ritardo. Dicono che non abbiamo fatto nulla in passato. Dicono che non ci sono i finanziamenti... Ma come si fa? Ma è tutto sotto gli occhi di tutti!”. E tuttavia Orlando ha detto che non parlerà della sua malattia, che non intende farlo perché in nessun modo lo considera un argomento politico.  “E sono d’accordo con lui, ha ragione. Dunque  parliamo della Liguria. Delle cose fatte, delle cose da fare. Mi piacerebbe che ne parlasse un po’ anche lui di programmi e di idee, mentre in realtà ha un solo argomento: collegarmi alle vicende giudiziarie di Giovanni Toti. Che fantasia. Che orizzonte. Che slancio ideale...  Il problema della Liguria è stato il tempo perso per quella stupidità ideologica che è sempre causa di     povertà, regressione sociale e persino di tragedia”. Come il ponte Morandi crollato, simbolo di una modernità ferma al 1950? “Qua  bisogna lavorare ancora tanto. In silenzio. Ma lavorare. Occupiamoci  di questo, in campagna elettorale. La Liguria è un tema nazionale. Bisogna che arrivino e partano più persone e più merci. Genova e La Spezia sono il porto dell’Italia industriale e di gran parte dell’Europa del sud.  La Liguria è il posto di mare più vicino alla Svizzera. Qui abbiamo una missione geopolitica, e nazionale, importantissima. Siamo lo sbocco del Piemonte e della Lombardia, che insieme sono la maggioranza del pil italiano. Quando riparte la Liguria riparte anche tutta l’Italia”.

E può un presidente malato contribuire alla ripartenza della Liguria e dell’Italia?    “Non c’è famiglia italiana, credo, che non abbia avuto una malattia in casa o che  non abbia vissuto un periodo di crisi: la forza delle persone risiede nella  volontà di superare i problemi. Di affrontarli. Di continuare a vivere. E di continuare a fare le cose che si vogliono e si possono fare. La mia malattia non è un ostacolo né per me né per la Liguria. Guardi, il 29 maggio non pensavo minimamente al cancro. Poi improvvisamente, il 30, ci ho dovuto fare i conti”.  La vita scorreva tranquilla e incanalata, come un ruscello di cui osservando la sorgente si possono prevedere con una certa approssimazione il percorso e la lunghezza. Ma non è così. “Non è affatto così. La malattia ti colpisce all’improvviso, da un momento all’altro, però non ci si può fare travolgere né può diventare uno strumento nelle mani di qualcuno che ti vuole spiegare chi sei e come stai: lo so io come sto. E non credo di dover rinunciare alla mia natura, al mio modo di essere, ai miei impegni e ai miei doveri”. Lei si sta sottoponendo all’immunoterapia, come va? “Io ci credo molto all’immunoterapia. Perché è selettiva, seleziona le cellule malate e le distrugge. Un grandissimo passo avanti della scienza.  Vede come ritorna anche qui il tema del progresso, come per la Liguria?”.   Ma è vero che i suoi figli hanno provato a dissuaderla dal candidarsi? “E’ vero,ma certamente non per la malattia, ci avevano provato anche la prima volta che mi sono candidato sindaco a Genova”. E con quali argomenti? “Mi hanno ricordato del mio sogno: portare mia moglie in barca a vela in Grecia”. La signora Laura, che lo chiama affettuosamente “Bucci”. Il sindaco ride. “Dovrò aspettare un altro po’ prima di farla questa traversata in barca. Ma arriverà anche quel momento, porterò la mia Penelope a Itaca”.
 

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  • Salvatore Merlo
  • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi universitaria in Inghilterra. Ho vinto alcuni dei principali premi giornalistici italiani, tra cui il Premiolino (2023) e il premio Biagio Agnes (2024) per la carta stampata. Giornalista parlamentare, responsabile del servizio politico e del sito web, lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.