il figlio di Rep.
Le notti, le ribattute, la direzione in Rai. Ritratto di Mario Orfeo, nuovo direttore di Repubblica
La carriera a Repubblica (prima di tornarci), la svolta con Ezio Mauro, il passaggio in Viale Mazzini, l'amicizia con Napolitano, gli scontri con il Movimento 5 stelle. Prende il posto di Maurizio Molinari
La Rai di sinistra muore oggi, la Repubblica, una certa idea, rinasce oggi. Mario Orfeo viene nominato nuovo direttore, il Tg3 perde "l’eternità Orfeo", il patriarca che insegna: "Un giornalista quando scrive è un padreterno"; "il peggio che si possa dire di un pezzo è ‘vabbé, non è cattivo’ non morde"; "un giornalista non è amico, un giornalista è giornalista e poi è amico". Orfeo non morde, Orfeo sorride e poi morde. O fa mordere. Orfeo i giornali li legge al buio. A Repubblica, negli anni novanta, di notte, durante i turni, cambiava il giornale in corsa. Ha raccontato: "Avevo la lucidità di modificare, coprire i buchi. Ribattere. Chi lasciava il giornale scopriva la mattina un altro giornale". Ha diretto Il Mattino, il Messaggero, e poi in Rai, Tg1, Tg2, Tg3, direttore generale Rai, intramontabile come "Novecento", il pianista di Alessandro Baricco che restava a suonare sulla carcassa della nave amata. Oggi Orfeo scende con lo spartito e si porta la musica.
Giornalista a Napoli, redazione locale di Repubblica, poi a Roma, sempre Repubblica. Lo promuove Ezio Mauro che lo toglie dal settore sport e lo nomina capo del politico. E anche allora, come oggi, nessuno pensava a Orfeo. Viene scelto da John Elkann nel momento più difficile per il quotidiano, una comunità, redazioni contro editore, scioperi, voci di cessioni prossime, perché Elkann sceglie di farsi, a suo modo, da parte, separare il ruolo di imprenditore da quello di editore. L’ad di Gedi Maurizio Scanavino diventa presidente di Gedi e al suo posto, quello di ad, arriva Gabriele Comuzzo. Orfeo darebbe la notizia secca, perché la misura ideale di un pezzo, i migliori, lo ha detto a una cena, sono i pezzi da trenta righe, 1.800 battute, poi c’è l’affresco, il colore, l’editoriale, le inchieste ma per quello, spiegherebbe Orfeo, serve la penna: "Un direttore può anche non scrivere, un direttore deve esaltare le firme. Un direttore ha solo un dovere, chiudere la porta del giornale per ultimo". Anni fa era stato a un passo dall’essere nominato direttore del Corriere della Sera e di Repubblica, ma non accadde e lo ha sempre ricordato come un apologo, "il giornalismo è così, può cambiare tutto in una sera". Di ottobre.
Ha sempre voluto essere il direttore di Repubblica. Ci riesce dopo venticinque anni di direzioni. Nel calcio è allegriano, tifoso dell’ex allenatore Massimo Allegri. Non ha figli, il fratello è medico. Orfeo vive a pochi metri da casa di Ignazio La Russa. Alla madre, prima di morire, gli leggeva i pezzi al telefono. E’ napoletano, porta la barba a cespi, fulva, il suo parrucchiere è quello dei presidenti della repubblica. Giorgio Napolitano amava Orfeo tanto da negare un’intervista al Tg1, di Augusto Minzolini, per rilasciarla al suo Tg2. Sergio Mattarella, e sarà un caso ma è un bel caso, ieri, lo ha salutato indirettamente con questa frase pronunciata incontrando l’European Alliance of News: "Ho chiesto il leggio perché le istituzioni devono avere rispetto per la stampa e parlare in piedi".
Quando nel 2022, l’ad Rai, Carlo Fuortes, lo rimosse da direttore degli Approfondimenti Rai, convinto che complottasse contro di lui, si stava per riunire il Copasir. Si sono alzati i tornado del Pd, Dario Franceschini, Lorenzo Guerini, e non si può escludere che anche nostro signore abbia fatto una telefonata. Fuortes, per riparare, ha dovuto nominare Orfeo direttore del Tg3 ed è già tanto che non gli abbia dovuto lavare il tappeto di casa. Questione di mesi e si è dimesso Fuortes. Orfeo sta in piedi ma sa ballare la tammurriata, conosce Roma, le sue miserie, e Roma conosce Orfeo. Conosce la professione, la pulizia del mestiere, l’impaginato, che gli ha permesso di fare, per primo, da direttore del Tg1, la diretta dal Bataclan, inviare per primo, i suoi giornalisti a Budapest per seguire il processo a Ilaria Salis in catene. Orfeo non avrebbe mai perso l’esame di Alessandro Giuli perché se hai un servizio, dice, "vai prima, prima. Molto prima".
La destra non lo ha mai perdonato perché Orfeo non è di destra, l’ultima destra Rai lo temeva e prepara già lo scambio ("ora il Tg3 si può dare al M5s e dunque nominare Simona Agnes presidente Rai"). Un’altra destra ancora, quella di Gianfranco Fini, l’antica, lo abbraccia ai matrimoni e gli chiede: "Direttore Orfeo, come la vedi?". Dicono che gli abbia cambiato la carriera un buco giornalistico del solito Minzolini a Repubblica e che Mauro decise allora di sostituire il capo del politico. Chiamò Orfeo, dallo sport e Orfeo fece brillare il suo "politico" con Antonello Caporale e Concita De Gregorio. Poi, la carriera ed è sempre un classico del giornalismo prendersi un pezzo del sorriso dell’altro e dire dunque, "ah, che carriera, ma quel pezzo gliel’ho suggerito io"; "ah, ma vuoi mettere con la notizia?". La prima volta che Orfeo trattò l’incarico, ed era il grande incarico, salutò ringraziando: "A queste condizioni non posso accettare". In taxi, dopo venti minuti, lo richiamarono: "Può tornare, direttore?". Quando il M5s era una cosa seria, e dolente, quando gli attivisti cercavano sotto casa i direttori, per interrogarli, Orfeo venne inseguito al grido "Orfeo rispondi" e lui, "perdonatemi, sono al telefono". Gli rimproveravano servizi durissimi contro Virginia Raggi. In Aula, alla Camera, Giuseppe Conte, quando viene insolentito, sulla Rai, dice ancora: "Qui c’è la mano di Orfeo", Orfeo che nel mito è lo sciamano, colui che sa attraversare la notte.
C. Car