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L'editoriale del direttore

Come il salvinismo è stato duramente condannato dal governo di cui fa parte Salvini

Claudio Cerasa

Dalla chiusura dei porti all'invio di armi in Ucraina, fino alla pensione anticipata e alla riduzione del canone: il processo più doloroso per il leader leghista non è Open Arms ma è il modo in cui Meloni l'ha condannato all’irrilevanza. Dolori a Pontida

C’è un processo in tribunale, tutto da vedere, e c’è un processo politico, di cui già si conosce l’esito: condanna. Si è discusso molto negli ultimi tempi sulle conseguenze politiche e giudiziarie del processo a Salvini, processo legato al caso Open Arms, processo interno del quale i pm hanno chiesto sei anni di reclusione per il leader della Lega accusato di sequestro di persona e di rifiuto di atti d’ufficio per avere impedito, cinque anni fa, lo sbarco dalla Open Arms di 147 migranti a Lampedusa, processo di cui certamente oggi Matteo Salvini parlerà, nella sua Pontida. Si è discusso e si discuterà ancora molto di questo processo, e se ne tornerà a discutere tra qualche settimana, quando Matteo Salvini si esibirà in tribunale con la sua arringa difensiva (18 ottobre). Ma al di là di quello che sarà l’iter giudiziario del leader della Lega c’è una condanna peggiore con la quale Salvini sta già facendo i conti, rispetto alla stagione del suo conflitto con Open Arms, e quella condanna, condanna politica si intende, coincide con la linea scelta dalla presidente del Consiglio Giorgia Meloni sul tema dell’immigrazione. Non sappiamo se Salvini verrà condannato in tribunale, sul caso Open Arms, ma sappiamo che Salvini è già stato condannato senza appello dalla sua stessa maggioranza politica, che da due anni, quando si parla di immigrazione, e non solo di questo, ha scelto di seguire una linea alternativa a quella presentata dal vecchio Truce.

Salvini, ricorderete, sosteneva che l’immigrazione andasse fermata, bloccata, stoppata. Sosteneva che il diritto del mare, e dunque i trattati internazionali, non valessero più del diritto di un ministro di dare seguito al suo mandato elettorale. Sosteneva che per governare l’immigrazione fosse necessario chiudere i porti, respingere in mare, fare la guerra all’Europa, allearsi con i peggiori ceffi nazionalisti del continente per alzare muri in ogni dove. Dopo due anni di governo Meloni si può dire senza paura di essere smentiti che il salvinismo in attesa di essere giudicato da un tribunale ordinario è stato condannato dal tribunale politico organizzato dalla stessa destra di cui fa parte Salvini. Salvini chiedeva di non portare avanti politiche di solidarietà in Europa, e Meloni lo ha fatto. Salvini chiedeva di chiudere i porti, e Meloni non lo ha fatto. Salvini chiedeva di contrastare l’Europa sfidandola in mare e Meloni non ha sfidato l’Europa in mare e ha provato a coinvolgere la Commissione per governare il fenomeno sulle coste africane. Salvini chiedeva di non firmare il patto sull’asilo e sui migranti e Meloni invece lo ha fatto. Salvini chiedeva di costruire in Europa un’alleanza con i patrioti per fermare l’immigrazione e Meloni non lo ha fatto. I primi due anni del rapporto tra Meloni e Salvini sono stati tutti così, sono stati anni complicati, sono stati anni in cui la magia del centrodestra, se così vogliamo chiamarla, ha permesso alla coalizione di restare unita pur essendo divisa su molto. E l’immigrazione, in fondo, è solo uno dei terreni in cui il salvinismo – tema ricorrente nei primi  due anni di governo meloniano – è stato condannato senza appello dal melonismo. Qualche esempio ulteriore, per capire di cosa stiamo parlando. 


Salvini aveva chiesto di stare lontano il più possibile da Ursula von der Leyen e Meloni, pur avendo votato contro Ursula, non sembra avere alcuna intenzione di stare lontana da von der Leyen e sui temi legati all’Ucraina ha già votato insieme alla maggioranza contro la quale ha votato a luglio. Salvini chiede da tempo di smetterla di dare armi all’Ucraina e Meloni chiede da tempo di smetterla di chiedere di non dare armi all’Ucraina. Salvini chiede da tempo di costruire una legge di Bilancio per poter mandare gli italiani in pensione un po’ prima e da due anni Meloni insieme con il ministro Giorgetti costruisce una legge di Bilancio immaginata per disincentivare il più possibile gli italiani ad andare in pensione prima. Salvini chiede da tempo al governo di diminuire il canone e Meloni chiede da tempo di non toccare il canone. Gli esempi potrebbero essere ancora molti, sono potenzialmente infiniti e chissà quanti ne stiamo dimenticando. Ma il dato resta. E a due anni dalla sua nascita, il governo Meloni non perde occasione per fare quello che qualcuno all’opposizione spera sciaguratamente venga fatto dal tribunale di Palermo: condannare il salvinismo alla sua irrilevanza. E se due anni dopo la nascita del governo, Meloni gode ancora di buona reputazione in giro per il mondo un po’ lo deve al suo posizionamento sull'Ucraina (l’opposto di quello che sogna Salvini), un po’ lo deve al suo posizionamento sul debito pubblico (l’opposto di quello che sogna Salvini) e un po’ lo deve anche al fatto che nonostante tutto Meloni può vantarsi di quello che è forse il suo principale capolavoro politico: archiviare il salvinismo da alleata di Salvini. Buona Pontida.

  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.