(foto Ansa)

Il caso

La Sicilia di Meloni e di Renato Schifani: poteri speciali, carrozzoni, per una regione zimbello del mondo

Carmelo Caruso

Il presidente è commissario a tutto, ma la regione annaspa: indagini, nomine, vecchi gattopardi della politica e intanto Schifani si vede presidente al posto di Sergio Mattarella

Mezzo mondo fa titoli sulla Sicilia da terzo mondo, mezzo mondo ride della Sicilia, a ottobre, senza acqua: presidente Meloni, mezzo mondo chiede che mondo sia la Sicilia di Renato Schifani, il governatore dai poteri inauditi, il Bertolaso Massimo. E’ commissario ai rifiuti, è commissario per il completamento dell’autostrada A19, può derogare il codice degli appalti e ha ricevuto denaro, competenze che mai nessuno ha ricevuto. Per farne cosa? Si vede già presidente della Repubblica e per arrivarci sta pensando di imitare Mattarella, passare dalla Consulta. A Siracusa, durante il G7 agricoltura, i rubinetti erano a secco, ma Schifani pensava a scegliersi il direttore d’orchestra, il sovrintendente del Teatro Massimo. La Sicilia non è solo una regione. La Sicilia è la finestra  che apre il mondo e Meloni si sta perdendo la Sicilia. Indisturbato, a Palermo, abita questo presidente che è il potere speciale incarnato. Si sollazza tagliando nastri e partecipando alle feste da gattopardino, da Bagaglino con la meusa. Quel presidente è Schifani, uno che deve la sua elezione a Ignazio La Russa, uno che  è riuscito a farsi consegnare una delega in bianco da Antonio Tajani, farsi nominare come coordinatore del partito il suo segretario particolare, uno che ha nominato il suo rivale, perdente alle elezioni, Gaetano Armao (lo avevamo lasciato calendiano) consulente per curare i rapporti con Bruxelles e presidente della Commissione tecnica specialistica. E’ la commissione che rilascia le autorizzazioni ambientali di competenza regionale, commissione, come si legge dal sito della regione, “fortemente voluta dal presidente Schifani”.

Il Sole 24 ore, del 3 ottobre, ha aperto il giornale con il titolo “Sicilia, in due milioni senza acqua” e non serve spiegare a Meloni che un titolo di un giornale finanziario significa altri dieci articoli, copia-incolla, in Inghilterra, Germania, America, Francia. L’acqua manca e non si può dire ai giornali “avete travisato”. In Sicilia, a Brucoli, arriva la sorella d’Italia, Arianna Meloni, per un raduno di FdI e si augura che almeno lei possa avere dell’acqua da rubinetto. La prima a essere scontenta di Schifani è la premier ma la premier forse non sa che Schifani si fa forte della Meloni golden power. Fa da collaborazionista a una parte di FdI siciliana, tratta con il più assoluto disprezzo Forza Italia, perché lui, in Sicilia, parla direttamente con gli ex mascariati, Raffaele Lombardo e Totò Cuffaro.  Fino a pochi mesi fa, Schifani, aveva anche un vice leghista, Luca Sammartino, che è appena stato rinviato a giudizio e che si è dimesso dalla carica di vicepresidente. Naturalmente qualsiasi siciliano, Schifani per primo, dirà: “Il problema acqua? Antico è!”. E’ vero, la Sicilia negli anni non ha recepito le leggi sull’autorità di bacino per una lite tra assessorati regionali: quello all’Energia non voleva cedere competenze a quello dell’Ambiente. Il ritardo è di almeno trent’anni ed è un motivo in più per correre. Gli agricoltori non pagano le bollette dell’acqua ma in Sicilia l’agricoltura è un formidabile serraglio di consorzi di bonifica. Cosa accade? Il governo chiede di riformare, ridurre il serraglio, ma l’Ars di Schifani boccia la riforma. La Sicilia paga perfino 300 milioni di euro di sanzione all’Ue perché non ha mai costruito depuratori, ma come può costruirli uno che fa il presidente di regione, il commissario a tutto e che nel tempo libero si occupa di allocare amici nei teatri o negli istituti di credito? Un anno fa, Schifani aveva nominato l’imprenditore Tommaso Dragotto a Irfis ma Dragotto si è dovuto dimettere (è partita un’indagine) salvo dire: “Mi dimetto perché l’impegno è troppo gravoso”. Un teatro. E a teatro, nel cda della Fondazione Teatro Massimo, è finita la moglie dell’imprenditore. Adesso si deve nominare il nuovo sovrintendente e il melomane Schifani sogna la bacchetta per Andrea Peria, uno che ha musicalmente sfasciato la Fondazione Orchestra Sinfonica siciliana anche perché era troppo impegnato: aveva un altro incarico. L’assessore all’Economia siciliano è Alessandro Dagnino, partner dello studio Pinelli-Schifani e Schifani non è un omonimo. E’ lo studio di Schifani, presidente della regione Sicilia. Oggi lo studio è retto dal figlio Roberto Schifani che è anche consulente del Trapani calcio, società che ha ottenuto 300 mila euro dalla regione. In silenzio è scomparso il lago di Pergusa, il lago di Ovidio, in silenzio nel dl Omnibus è stato donato a Schifani un nuovo super potere: può costruire impianti dei rifiuti in deroga. Per farne cosa? In Sicilia non si può dire è colpa della sinistra. In Sicilia si può solo dire che la destra ha finora beneficiato del silenzio della stampa: due milioni di abitanti che devono desiderare l’acqua sono il bicchiere vuoto di governo, la siccità di Meloni.

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  • Carmelo Caruso, giornalista a Palermo, Milano, Roma. Ha iniziato a La Repubblica. Oggi lavora al Foglio