Il racconto
7 Ottobre, molta destra e poca sinistra. Calenda: "Il Pd si finge morto". Fini "Meloni qui grazie alle mie svolte"
Alla cerimonia in sinagoga la premier Meloni con mezzo governo, più tanti esponenti di FdI. Assenti Schlein, Conte, Fratoianni e Bonelli. Mini delegazione dem
Carlo Calenda, leader di Azione, attraversa svelto Largo Argentina. E’ appena uscito dal Tempio maggiore dopo la cerimonia a un anno dall’attacco di Hamas contro i civili israeliani. “Incredibile: la sinistra non c’era. Il Pd, a partire dalla sua leader, si finge morto. Strategia dell’opossum. Questi sono argomenti delicati e controversi: bisogna schierarsi, però. Noi abbiamo perso alle europee 100 mila voti, secondo i nostri calcoli. Per non parlare di Conte”. Per uno scherzo del destino Calenda viene affiancato per strada da Gianfranco Fini che è in compagnia di Benedetto Della Vedova. Anche loro sono appena usciti dalla sinagoga. “Conte? E’ un campione di tutto”, interviene l’ex leader di An che tira fuori dalla giacca, ben ripiegata, la kippah “storica”, che lo accompagna da anni. Svolte comprese. “Tutto inizia con le tesi di Fiuggi, se non ci fosse stata la mia svolta oggi Meloni non sarebbe premier. Mi ricordo benissimo: Rauti mi disse di togliere la frase relativa ai valori inculcati dal fascismo, lo dissi a Tatarella, l’uomo delle mediazioni impossibili, e insieme decidemmo di dargli ancora più forza a quel passaggio”.
In sinagoga alla cerimonia c’era più di mezzo governo. A partire da Giorgia Meloni, ringraziata e applaudita più volte. Il rabbino capo Riccardo Di Segni: “Esprimo gratitudine al governo che ci protegge con ogni mezzo”. Con la premier una nutrita rappresentanza di ministri. Fra cui Matteo Piantedosi, Andrea Abodi, Carlo Nordio, Matteo Salvini, Giuseppe Valditara e Alessandro Giuli. E poi Giovanni Donzelli, Federico Mollicone, Lucio Malan, parlamentari e sottosegretari sparsi, a partire da Giovanbattista Fazzolari, di FdI. Tantissima destra in kippah. Maria Elena Boschi per Italia viva. Per il Pd ci sono Peppe Provenzano, responsabile esteri, e Piero Fassino. Assenti i leader di Avs, del M5s e dei dem appunto. Conte e Schlein si fanno sentire con delle note per la stampa. Forse un po’ anodine, vista la giornata particolare.
L’ex premier e capo del M5s, alle 12.14, dopo aver ricordato “il terribile attacco di Hamas”, le vittime e gli ostaggi polemizza perché “dopo un anno Italia e Ue sono assenti ingiustificati per un’azione forte e autorevole”. Schlein alle 14 si affaccia sui social network. La segretaria si dice “vicina alle famiglie di vittime e rapiti”, chiede una soluzione internazionale per arrivare al cessate il fuoco, ma rivendica il diritto di criticare il governo di Netanyahu. Alle 11 Meloni appena varcato l’ingresso del Tempio aveva diramato una lunga nota. Per ricordare e condannare “ciò che è successo un anno fa come presupposto di ogni azione politica che dobbiamo condurre per riportare la pace in Medio Oriente”. Perché, dice, “la reticenza che sempre più spesso si incontra nel farlo tradisce un antisemitismo latente e dilagante”. E le manifestazioni pubbliche di questi ultimi giorni “lo hanno, purtroppo, confermato”. Meloni ribadisce il “legittimo diritto di Israele a difendersi”, ma anche la necessità che questo “sia esercitato nel rispetto del diritto internazionale umanitario”.
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