La doppia serata

Due libri, due parterre. Cronaca parallela delle presentazioni Franceschini-Grasso

Marianna Rizzini

Governo e Rai dal consigliere del presidente della Repubblica, Partito democratico con vecchi amici e nuove conoscenze dall'ex ministro della Cultura. Le due presentazioni romane in contemporanea

Infine è arrivato, il giorno in cui il dono dell’ubiquità sarebbe stato utile, se non indispensabile, per chi – armato di pazienza, app dei taxi o motorino – avesse voluto o dovuto recarsi alla stessa ora (18 e 30) del medesimo lunedì 7 ottobre, di qua e di là, o al limite un po’ di qua e un po’ di là, e dunque sia alla presentazione del romanzo dell’ex ministro della Cultura pd Dario Franceschini (“Aqua e tera”, La nave di Teseo), alla libreria Ubik-Spazio7 in via dei Barbieri, dietro al teatro Argentina, per un dialogo con Giovanni Minoli e Anna Foglietta, sia a quella di “L’amore non lo vede nessuno” (ed.Rizzoli), romanzo di Giovanni Grasso, portavoce del Quirinale, all’Auditorium Parco della Musica, per un dialogo con Agnese Pini, direttrice della Nazione, con letture di Greta Scarano e Cesare Bocci e musica del quintetto jazz di Stefano Di Battista, sotto le cupole a tartaruga di Renzo Piano, simbolo dei tempi veltroniani perduti ma anche no, ché poco c’è mancato che si aggiungesse, il 7, nell’ingolfata agenda di politici, giornalisti, funzionari Rai e di Palazzo, una terza presentazione per un terzo libro, quello dell’ex sindaco di Roma e padre del Pd Walter Veltroni (“Buonvino e il circo insanguinato”, uscito ieri per Marsilio ma, per la fortuna dei non-ubiqui, in pubblica uscita soltanto sabato 12, alla libreria Nuova Europa-I Granai).

E se il problema del “dove andare?” s’era posto prima di tutto nell’area dem dei Dem, presso i cosiddetti franceschiniani che, con il Quirinale di Sergio Mattarella, hanno nell’ex ministro un uomo-ponte (Franceschini ha in comune con Grasso le radici nella sinistra dc), quello del “come arrivare in tempo” all’inizio di un evento e alla fine dell’altro, seppur trafelati, ha falcidiato tutte le buone intenzioni, e quel che non ha fatto la personale preferenza ha fatto il traffico di Roma e la penuria infernale di taxi, contro cui né Grasso né Franceschini nulla potevano (si favoleggia però di una Serena Bortone riuscita nel miracolo). Caso o non caso che fosse, dunque, le platee si inscrivevano, con qualche eccezione, nel doppio schema potere-contropotere: all’Auditorium governo e Rai (dal nuovo amministratore delegato Giampaolo Rossi alla possibile futura presidente Rai Simona Agnes, seduti vicini, al ministro per le Riforme Elisabetta Casellati al neo ministro della Cultura Alessandro Giuli); alla libreria Ubik-Spazio7 Pd “and friends”, nel senso degli amici vecchi e nuovi e trasversali, compresi Italia viva (con Raffaella Paita e Luciano Nobili), Azione (con Ettore Rosato) e gli ex Articolo 1 (nella persona dell’ex ministro Roberto Speranza), fino all’ex sottosegretario dei tempi berlusconiani Gianni Letta e all’ex presidente della Camera Pierferdinando Casini, presenti l’ex sindaco di Roma Franco Carraro e l’attuale sindaco dem Roberto Gualtieri, l’ex ministro ed ex m5s Vincenzo Spadafora, il capogruppo dem al Senato Francesco Boccia e il responsabile Esteri pd Peppe Provenzano. 


Mentre calava la sera, chi si fosse trovato nei pressi dell’Auditorium avrebbe visto, ai margini della cavea, a far gli onori di casa, il nuovo vertice di Musica per Roma (nelle persone dell’ad Raffaele Ranucci e della presidente Claudia Mazzola) e avrebbe notato la capigliatura perfetta del ministro Casellati sparire verso la platea, e il velluto scuro della giacca del ministro Giuli ergersi al di sopra degli astanti lungo la scala interna, dove c’era chi attendeva l’arrivo della scrittrice Margaret Mazzantini, eccezione artistica (come il regista Piero Maccarinelli, che metterà in scena a Spoleto la pièce tratta dal libro di Grasso) in un pubblico fatto soprattutto di volti, dirigenti ed ex dirigenti della tv pubblica (tra cui l’ex direttore di Rai 1 Giancarlo Leone, Andrea Vianello, Simona Sala e Tiberio Timperi) e di pilastri del Quirinale presente e passato (tra gli altri: Costantino Del Riccio, storico consigliere per stampa e comunicazione; Daniele Cabras, consigliere per gli affari giuridici e le relazioni costituzionali; Fabio Cassese, consigliere diplomatico). Nella prima oscurità, il convenuto avrebbe così scorto i capannelli di ospiti spostarsi per scale e platea per salutare e salutarsi (a differenza dell’ex ad di Cinecittà Nicola Maccanico, che entrava dal lato bar), mentre all’interno si attendevano la musica di Di Battista e le parole di Grasso su un romanzo di amore, morte, narcisismo e perdono in cui, dirà Grasso, la sfida era scandagliare il grigio dell’animo umano (e visto che i protagonisti del giallo psicologico di Grasso sono una donna manipolatrice e un uomo potente, a qualcuno scappava la battuta: “Peccato non ci sia Sangiuliano!”, pur se di tutt’altra vicenda si tratta).

Ma non riusciva neppure con il libro di Franceschini, l’operazione parallelismo, ai cercatori di paragoni politici giunti trafelati alla libreria Ubik: ché il romanzo ferrarese del ferrarese ex ministro Dario, storia arcobaleno d’amore e di guerra, vira presto su terreni che esulano dai temi prediletti dalla segretaria pd, seduta in prima fila con giacca bluette. Tuttavia uno scherzo d’armocromia voleva che, a fine serata, Schlein si mettesse a conversare in tête-à-tête con il deus ex machina del Pd romano (e non) Goffredo Bettini, visibile a tutti nel suo maglione color fuoco – “rossi contro blu come in America? ride un esponente dem). E, ad applausi ancora in corso, sotto gli occhi della deputata pd e moglie di Franceschini Michela Di Biase, la platea si alzava come in una òla per posizionarsi nell’attigua sala del firmacopie, dove si vedeva passare l’assessore alla Cultura del Comune di Roma Miguel Gotor, il presidente Siae Salvo Nastasi e poi di nuovo lui, l’ex ministro Speranza, presenza assorta e attenta, forse indizio di una possibile, futura comunanza d’intenti tra ex Articolo 1 e area dem. Da qualsiasi parte la si prendesse, la serata si rivelava occasione per ripercorrere vent’anni di stratificazioni nelle leadership pd (c’era anche l’ex ministra della Cultura in tempi dalemian-veltroniani ed ex presidente Maxxi Giovanna Melandri) e arrivare con giri immensi allo stesso punto: ieri come oggi c’erano loro, Bettini e Franceschini.

  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.