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Ambientalismo dimenticato

La triste evoluzione di Greta, in marcia con gli islamisti

Giulio Meotti

Da icona dell'ecologia alla glorificazione del terrorismo palestinese: Thunberg, l’adolescente più famosa del mondo, stravolge la sua agenda puntando quasi esclsivamente contro Israele, tanto da farsi bollare dalla polizia tedesca come “incline alla violenza” per le marce su Gaza

A sedici anni, Greta Thunberg è diventata l’adolescente più famosa del mondo, ha incontrato capi di stato e di governo ed è stata nominata “Persona dell’anno” dalla rivista Time. Politici e celebrità la vedevano come l’autorità morale di “How dare you?”.  La polizia tedesca ora ha classificato Thunberg come “incline alla violenza” in seguito al suo coinvolgimento in diverse manifestazioni pro Palestina. Lo ha deciso la polizia di Dortmund. Alexander Throm, portavoce della Cdu, sulla Bild si spinge a dire che sarebbe “non solo appropriato, ma persino necessario che il ministro dell’Interno emetta un divieto di ingresso per questa antisemita in futuro”. Oggi non c’è più il clima nella sua agenda: Greta si agita quasi esclusivamente contro Israele e sfila persino con gli islamisti a Neukölln, il quartiere berlinese dove una pasticceria ha distribuito dolci arabi per festeggiare il 7 ottobre e alla Rathaus, il municipio in Karl Marx Strasse, per tre settimane hanno issato la bandiera di Israele, ma di sera la toglievano per evitare che la dessero alle fiamme.

Una foto scattata a Berlino mostra quanto Greta si sia radicalizzata. Nell’anniversario del massacro del 7 ottobre, Greta ha posato per i selfie con gli odiatori degli ebrei. Si era recata a Berlino per prendere parte a una delle più grandi manifestazioni anti israeliane in Europa. I partecipanti alla marcia hanno attaccato gli agenti di polizia e gridato slogan vietati. Ora circola una foto in particolare in cui Greta posa con “Abdallahxbln”, come si fa chiamare su Instagram, e ripreso con il dito alzato degli islamisti. L’appello alla marcia dell’odio a cui ha partecipato Greta glorifica il terrorismo palestinese come “resistenza” e chiede la liberazione “totale”, ovvero la fine di Israele. La foto di Greta è stata condivisa dall’attivista anti israeliano Salah Said, che nel tempo libero si mobilita contro lo stato ebraico online e per le strade. E diffonde canali che flirtano con Hamas. 

 

                      

 

Sono finiti i giorni in cui Greta aveva il mondo ai suoi piedi. Politici e artisti, giornalisti e rappresentanti della chiesa pendevano dalle labbra della figlia minorenne di una buona famiglia di Stoccolma. E la sua trasformazione in predicatrice itinerante contro Israele dovrebbe far riflettere la sua vecchia claque. Jean-Claude Juncker la accolse a Bruxelles con un baciamano. Ovviamente, Thunberg ha ancora schiere di fan. Ma la cerchia dei sostenitori è cambiata. Ora incita al boicottaggio, si mostra sui social con il simbolo antisemita della piovra (l’ha poi cancellato), a Rotterdam condivide il palco con una odiatrice di Israele, manifesta insieme agli odiatori di Israele a Lipsia e a Malmö si mescola alla folla che urla “Sinwar (capo di Hamas) non ti lasceremo morire”. 

In Olanda, Greta ha invitato a parlare una ragazza filo Hamas. Un uomo allora è saltato sul palco e, afferrando il microfono, ha detto con una certa rettitudine: “Sono venuto per una manifestazione sul clima, non per una visione politica”. Thunberg ha ripreso il microfono e iniziato a cantare: “Nessuna giustizia climatica nei territori occupati”. Non ci voleva uno scienziato per capire che questi slogan non hanno assolutamente senso. Eppure, Franz Jung, vescovo cattolico di Würzburg, l’ha paragonata a David, eroe e re d’Israele, mentre a Heiner Koch, vescovo cattolico di Berlino, Thunberg ha ricordato “l’ingresso di Gesù a Gerusalemme”. Oggi Fridays for Future disconosce Greta.  


Un declino autoimposto, quello di Thunberg. Qualche settimana fa, Greta era davanti all’Università di Copenaghen per chiedere la fine dei rapporti accademici con Israele e di un laboratorio danese-israeliano che si occupa di tecnologie green per l’ambiente. Non soltanto è Israele che fa arrivare l’acqua a Gaza. Non soltanto Israele è leader mondiale dell’utilizzo delle acque reflue. Non soltanto entro il 2030 un terzo di tutta l’energia israeliana arriverà da fonti rinnovabili. Israele è l’unico paese al mondo che oggi ha più alberi di un secolo fa. Ma tutto questo non sembra importare molto ai verdi “dal fiume al mare”.
 

  • Giulio Meotti
  • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.