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La cautela su Unifil. I piani per l'evacuazione già pronti. Ma ora Crosetto corregge il tiro: “Rimaniamo lì”

Luca Roberto

In serata una nota congiunta di Italia, Francia e Spagna chiede a Israele di garantire la "sicurezza delle missioni Onu". Il ministro della Difesa: "Non prendiamo ordini da nessuno". Dal Covi garantiscono che in caso di evacuazione i piani "sono stati aggiornati"

“Should I stay or should I go?”. Dopo le parole del ministro della Difesa Guido Crosetto, che giovedì ha paventato lo spostamento del contingente italiano impegnato nella missione Unifil in Libano, il ritornello ha preso a circolare anche ai vertici delle Forze armate. Andare via o restare? Oggi, del resto, dopo i fatti del giorno prima, Israele ha attaccato di nuovo la missione delle Nazioni Unite, nella sua base principale di Naqoura, causando il ferimento di due caschi blu dello Sri Lanka. Ma l’evacuazione del contingente italiano sarebbe davvero un’opzione facilmente percorribile?

 

Come in tutte le altre 35 missioni italiane all’estero, la procedura sarebbe gestita dal Joint Force Headquarters, un comando retto dal generale di Brigata Giuseppe Faraglia. E’ alle dipendenze del Covi (Comando operativo di vertice interforze) comandato dal generale Francesco Paolo Figliuolo. E’ il Covi che, per com’è organizzata la difesa italiana, gestisce l’evacuazione di personale “combattente e non combattente”. Per dire, sempre il Covi organizzò l’evacuazione in Sudan e in Niger. Così come, adesso in Libano, ha predisposto il trasferimento dei civili, con aerei messi a disposizione dalla Farnesina. Dal punto di vista logistico fonti del Covi hanno fatto sapere al Foglio che “così come in tutte le altre missioni, i piani di evacuazione per Unifil sono stati aggiornati per tempo, mesi fa”. Ma questo non vuol dire che il tutto possa avvenire da un giorno all’altro. Anche perché, sottolineano sempre dal Comando operativo di vertice interforze, “nel caso di Unifil si tratta di una missione a guida Onu, per cui non si può concretizzare con una decisione unilaterale”.

Su questo oggi si sono espressi Italia, Francia e Spagna, chiedendo a Israele di mantenere la “sicurezza delle missioni Onu” e reiterando il sostegno a Unifil, “il cui contributo alla cessazione delle ostilità sarà fondamentale”, si legge in una dichiarazione congiunta. Anomala, visti i paesi firmatari. Fonti militari hanno fatto sapere al Foglio che infatti il lavoro operativo non si è affatto interrotto: personale del genio militare è avanzato verso le basi operative 1-31 e 1- 32 per cercare di ripristinare il “confine” messo a repentaglio dall’attacco dell’esercito israeliano di giovedì. A ogni modo, le parole di Crosetto, anche negli alti vertici delle Forze armate, sono  viste più come una reazione d’istinto. E infatti oggi il titolare della Difesa  ha ricalibrato le sue parole. “L’Italia non prende ordini da nessuno soprattutto se è in un luogo in nome delle Nazioni Unite con il compito di mantenere la pace. Non saremmo mai noi che ci spostiamo perché arriva qualcuno che con la forza ci dice ‘spostatevi perché stiamo andando a combattere’. Noi siamo lì e ci rimaniamo con la fierezza di un mandato che abbiamo ricevuto dalle Nazioni Unite”, ha detto il ministro in visita in Kosovo. Crosetto ha espresso le sue preoccupazioni in una nuova telefonata con l’omologo ministro israeliano Gallant.

 

Come spiega al Foglio l’ammiraglio Gianpaolo Di Paola, che ha ricoperto l’incarico di Capo di stato maggiore della Difesa nonché di ministro della Difesa, “anche la presidente del Consiglio Meloni ha ricordato come decisioni del genere siano esclusivamente dell‘Onu. E mi pare che l’orientamento dell’Onu sia quello di restare sul posto”. Anche un altro alto ufficiale delle Forze armate, sotto anonimato, chiede particolare cautela nel tipo di reazione da adottare: “Le condizioni per restare in Libano ci sono, anche perché chi manda il contingente si assume la responsabilità della sua sicurezza. Il mandato delle Nazioni Unite è chiaro. Spetta alla politica decidere”.

In molti, dopo le minacce israeliane a Unifil degli ultimi giorni, hanno chiesto una possibile revisione delle regole d’ingaggio. “Ma Unifil nasce come missione di peace keeping e tale deve restare”, spiega ancora Di Paola. “Un conto è rendere quelle regole più efficaci, un altro è andare oltre, con il peace enforcing. Non è fattibile”. Anche le dichiarazioni di Crosetto hanno smorzato l’ipotesi che, a stretto giro, si possa arrivare a un ritiro delle truppe italiane. Questo sempre osservando l’evolversi continuo di una situazione che ogni giorno subisce delle accelerate improvvise. Anche per questo il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha convocato un Consiglio supremo di Difesa per il prossimo 23 ottobre. Altro è il discorso sul rifornimento di armi a Israele. Oggi il presidente francese Emmanuel Macron, a margine del Med9 a Cipro, è tornato a  chiedere una sospensione dei rifornimenti per le operazioni di Tsahal nella Striscia di Gaza e in Libano. La posizione del governo italiano è meno esplicita.

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  • Pugliese, ha iniziato facendo vari stage in radio (prima a Controradio Firenze, poi a Radio Rai). Dopo aver studiato alla scuola di giornalismo della Luiss è arrivato al Foglio nel 2019. Si occupa di politica. Scrive anche di tennis, quando capita.