Tutti gli autogol dell'opposizione quando si parla di autonomia
La sinistra punta ad azzerare la legge Calderoli sull’autonomia differenziata ma dimentica che potrbbe, intervenendo sulla fase attuativa della legge, riequilibrare le distanze socio-economiche del Sud col Nord
L’opposizione ha portato la legge Calderoli sull’autonomia differenziata davanti alla Corte costituzionale, e col referendum abrogativo invoca il giudizio del popolo. Punta quindi al bersaglio grosso. Azzerare la legge comporterebbe il naufragio della riforma. Ha però abbandonato un altro terreno di scontro, dove pure si gioca una partita molto importante, sopra tutto se le prime due iniziative fallissero: la fase attuativa della legge. L’opposizione – che da sempre denuncia lo scopo sostanzialmente “secessionista” dell’autonomia differenziata – dovrebbe quindi intervenirvi energicamente: è anche da lì che dipende se alla fine tutta questa storia defrauderà il Sud, o se ne riequilibrerà invece le distanze socio-economiche col Nord.
Vediamo perché. Cuore della “Calderoli” è la determinazione dei Livelli essenziali delle prestazioni (Lep), cioè dei servizi minimi che ogni cittadino – lombardo o calabrese – ha diritto di ricevere dal Comune, dalla Asl, etc. Per esempio, si tratta di stabilire qual è il numero minimo – eguale per tutte le Regioni – di asili nido che dev’essere in funzione. Fatto ciò, si devono poi quantificare i soldi che lo Stato tirerà fuori per arrivare a questo risultato. In ballo c’è un traguardo storico: superare i divarî fra Nord e Sud. Ci lavorano due organismi: l’ormai noto Comitato per l’individuazione dei Lep (il Clep) e la Commissione per i fabbisogni standard. Ma forti riserve sul loro operato (con annesse dimissioni di peso) continuano a essere espresse da giuristi ed economisti. Fra i temi dello scontro: troppi componenti filogovernativi e “nordisti” al loro interno.
Sotto tiro adesso c’è infatti un sottogruppo del Clep, il numero 12. Sono circa dieci di esperti. Trop de zèle, l’accusa a suo carico: si sarebbe fatto un pochino prendere la mano, allargandosi oltre misura. Avrebbe cioè peccato due volte, e “per troppo di vigore”.
Prima marachella, di forma: il “12” stava provvedendo solo soletto a individuare i criteri per determinare questi benedetti Lep. Tutto ciò – gli è stato però obiettato – non è affar suo, essendo un compito che invece spetta al Clep nella sua interezza, cioè riunito in composizione plenaria: sono circa sessanta membri.
Seconda birichinata, di sostanza: i criteri proposti da quel sottogruppo non sono equi, poiché perpetuerebbero i divarî esistenti fra Nord e Sud. Il criterio più contestato, perché considerato foriero di fregatura a danno del Sud, è il “costo della vita nei diversi territori”. La critica si comprende facilmente. Vivere nelle Regioni “ricche” richiede di regola più danaro. A Milano già un caffè costa più che nel meridione profondo. Insomma, se passasse la proposta del “12” e i Lep si basassero quindi sul costo della vita, per finanziare lo stesso asilo lo Stato darebbe più soldi al Nord rispetto al Sud. Con un bel risultato finale: invece di appianarsi, i divarî territoriali resterebbero come sono. In sintesi, i Lep non annullerebbero quelle distanze, ma – all’opposto – le cristallizzerebbero per i decenni a venire.
Ora c’è una nuova polemica, anch’essa fuori dai radar dell’opposizione. Alcuni componenti del Clep (e del suo sottogruppo 12) siedono pure nella Commissione per i fabbisogni standard: ne deriva – s’è detto – una sovrapposizione di ruoli che offusca sia la linearità d’azione dei due organismi, sia la trasparenza dei loro rapporti reciproci. È stata dunque sollevata una questione di incompatibilità formale, o almeno di opportunità politica, affinché costoro lascino uno dei due organismi.
Intanto i lavori del Clep e della Commissione proseguono. Per cui i Lep potrebbero nascere sulla base delle loro conclusioni operative, sebbene non condivise da tutta la comunità scientifica. Al netto della richiesta di referendum e dei ricorsi alla Consulta, incerti negli esiti, sul punto l’opposizione è poco reattiva: sinora si è limitata a chiedere chiarimenti al professor Cassese, buon Presidente del Clep. E’ qui che un po’ più di zelo, forse, non guasterebbe.
Pier Luigi Portaluri è ordinario di Diritto amministrativo nel Dipartimento di Scienze giuridiche dell'Università del Salento