(foto Ansa)

l'intervento della premier

Meloni in Parlamento: cronaca di cosa accadrà, tra pipponi della sinistra e faccine della premier

Salvatore Merlo

Il bello delle relazioni di Giorgia Meloni alle Camere è la scia di ineluttabilità che le accompagna. Un collaudato cerimoniale nevrotico. State certi che domani Repubblica farà il solito pezzo con ChatGpt sulle faccine della premier e la “commedia dell’arte”

Stamattina la presidente del Consiglio sarà in Parlamento per fare delle comunicazioni in vista del Consiglio europeo del 17 e 18 ottobre. E noi già siamo in grado di raccontarvi cosa accadrà. Per filo e per segno. Il bello delle relazioni di Giorgia Meloni in Parlamento è infatti la scia di ineluttabilità che le accompagna. Un collaudato cerimoniale nevrotico. La presidente del Consiglio farà il suo ingresso puntuale in Aula, leggerà un intervento dai toni precisi e istituzionali. Poi parleranno i gruppi. Quelli di maggioranza, specie i Fratelli d’Italia, le faranno dei complimenti smaccati: lei per noi è un padre, io segretamente la chiamo mamma, senza di lei la vita che sarebbe? La bontà, l’amore, la giustizia dov’erano prima che lei nascesse? Talmente troppo, che la presidente comincerà a fare ampi gesti con le mani –  è già accaduto – gli stessi segni del vigile urbano quando ferma le automobili: anche meno, vi prego.

 

Poi toccherà alle opposizioni. E giù con la deriva autoritaria, i poveri immigrati in Albania, dei diritti ne vogliamo parlare?, manco in Corea del nord succedono queste cose, Renzi dirà di Arianna Meloni, il Pd del ventennio mussoliniano e di tante altre cose che per ascoltarle bisogna usare il collare di Sandoz, quello che adoperano i malati di artrosi per tenere ritto il collo, altrimenti la testa cade giù come una pera sullo scranno (o se si sta a casa sul divano). Al che toccherà di nuovo alla presidente del Consiglio per la replica. La quale sarà completamente diversa dal tono del discorso iniziale. Tanto quello era preciso e istituzionale, quanto la replica, dopo avere ascoltato la sinistra, sarà un insieme di sentimenti spinti fino all’eccesso: fastidio, puntiglio, inquietudine, sarcasmo, brevi increspature corte e furiose che faranno della fisionomia della presidente il luogo di un conflitto tra mille correnti contrarie. Tanto che domani state certi che Repubblica farà il solito pezzo con ChatGpt sulle faccine della premier e la “commedia dell’arte”. Una pacchia veloce per il  giornalista pigro. Ecco. Ora, noi non possiamo dire a Meloni di fare come faceva Massimo D’Alema che, quando stancamente ascoltava querule contumelie parlamentari, componeva gli origami. Ma ricordiamo cosa fece   in una memorabile puntata di “Otto e mezzo” il fondatore di questo giornale: cacciare le mosche. Capitò in illo tempore, con Giulio Tremonti che attaccava un pippone. Tremonti parlava e Giuliano Ferrara, al   timone della trasmissione di approfondimento (da lui inventata),   con noncuranza seguiva il volo di un’invisibile mosca per poi afferrarla, spiaccicarla e mettersela in tasca. Per poi ricominciare – pippone proseguendo – trovandone un’altra. E poi un’altra ancora. Ecco, Meloni oggi cacci le mosche.

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  • Salvatore Merlo
  • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi universitaria in Inghilterra. Ho vinto alcuni dei principali premi giornalistici italiani, tra cui il Premiolino (2023) e il premio Biagio Agnes (2024) per la carta stampata. Giornalista parlamentare, responsabile del servizio politico e del sito web, lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.