Giancarlo Giorgetti (Ansa)

il buddista

Giorgetti in Tibet. Si inventa la tassa che non è tassa.  Sacrifici, proteste dei medici.  FI: “E sull'Irpef...”

Carmelo Caruso

Il ministro dell’Economia si tremontizza. Annuncia "il sacrificio" delle banche (3,5 miliardi) ma non è chiaro in cosa consista. Si capirà tra due anni. Schlein attacca: "È il gioco delle tre carte". Intanto i forzisti aspettano in Parlamento: “Migliorare sull'Irpef, aumentare dal 33 al 35 per cento le detrazioni”

Si è fatto buddista: Giorgetti in Tibet. La manovra da 30 miliardi? “C’è un’attenzione per i redditi medio-bassi”. I contributi di banche e assicurazioni? “Io li chiamo sacrifici”. Il piano di rientro? “La traiettoria dura sette anni” (come in oriente). Il ministro dell’Economia si tremontizza, scala  cime hymeloniane. Vede monti, Tremonti, e pratica “giorgettismo creativo”, come Giulio (Tremonti) il Budda.

In conferenza stampa, per presentare la Finanziaria, il vice Maurizio Leo, affaticato, rompe un bicchiere  (Giorgetti: “Speriamo non porti male”). Il governo Meloni preleva 3,5 miliardi da banche e assicurazione ma spiegano i tecnici: “E’ una partita di giro”. Schlein: “E’ gioco delle tre carte” (lei è di fede protestante). Le banche, per due anni, non avranno crediti d’imposta, lo stato avrà liquidità. Proteste dei medici (battono le agenzie). Per prepararsi all’ascesi, Giorgetti, il Tibetano, indossa una giacca con le toppe. Giorgetti è spirito. Om-om-om.   

La differenza? La sinistra, la sera, va a vedere il film “Berlinguer”, alla Festa del Cinema di Roma del Cesare-presidente, Salvo Nastasi, la destra, in una sera, si toglie la Finanziaria che si chiama adesso Dpb. Il 21 ottobre, la legge approda in Parlamento, e sbarca verniciata con una passatina di populismo. Leggete questa. Giorgetti il tibetano spiega che lui ha una lingua tutta sua e che i giornali malandrini “censurano” la parte costruens del suo pensiero: chi ha di più paga di più, “e lo dice l’articolo 53 della Costituzione”. Punta il dito come lo zio Sam, versione “cerco te, piccolo evasorello”, “banchiere, vieni qui” (si fa per scherzare), poi annuncia, in una conferenza dove tutti profumano di dentifricio, che ci sarà una quota limite per quanto riguarda l’indennità dei manager. Chi presiede enti finanziati dallo stato, dice il Tibetano, non potrà percepire più dell’indennità del presidente del Consiglio. Scatta il panico, ma in Forza Italia spiegano il trucco: “Attento, parla di indennità. Non di stipendio”.

E le banche? Buona questa. Leo, che è il tenerone del Mef (a proposito, cari Pier Silvio e Marina Berlusconi, la leggina sconto sull’eredità Leo l’ha inserita, ma dopo che avete pagato la tassa) dice che alle banche vengono “differite le deduzioni”. Non si capisce se le banche paghino o se le banche anticipino. Tra due anni si capirà. I medici protestano: “Pochi soldi” Meloni, interviene: “Mai dati così tanti”. Il Mef aggiunge la sua: “Nel 2025 andranno alla Sanità 2.366 milioni in più rispetto allo scorso anno”.  Il giornalismo economico che conta, i Keynes  con la bieta, ripete che ci stanno seducendo grazie al saio buddista, la Kesa: “E’ un prestito, una presa in giro”. Tajani, che anche quando sorseggia il caffè viene fermato dal cronista d’assalto (“Ministro, ma Mediolanum è contenta?”),  si ritiene soddisfatto, anzi, il portavoce di FI, Raffaele Nevi, spiega che la soluzione Giorgetti “è il lodo Forza Italia”.

L’ascesi fa brutti scherzi. Ognuno chiede un pezzo di saio. Il vero stilista di governo, Federico Freni, l’Yves Saint Laurent del Mef, il sottosegretario, ci soccorre e ci informa che anche questa volta la sinistra ha sbagliato film: “Qualcuno immaginava la manovra come il trailer del ‘Pirata dei Caraibi’, ma qui non ci sono né Jack Sparrow né forzieri da aprire ma solo sana e leale collaborazione”. Giorgio Mulé, il vicepresidente della Camera: “Non ho asciugato lacrime né ho fatto prelievi di sangue”.

 

Meloni è partita per Bruxelles, ma la Repubblica di Orfeo, lo sciamano, stia tranquilla. Il Tibetano Giorgetti anticipa che lunedì prossimo ci sarà il bis e che Salvini è felicissimo della manovra (questa è una visione del Tibetano). Nelle tende di Forza Italia diciamo che la raccontano un po’ diversa: “In Aula si potrà migliorare la legge su Irpef, aumentare dal 33 al 35 per cento le detrazioni”. Il Tibetano ci rimprovera perché non siamo mai contenti: “L’anno scorso abbiamo fatto la tassa sulle banche senza farle pagare, quest’anno le facciamo pagare senza la tassa. Mai contenti. Uffa”. Nel 2026, se resta ancora lui, finirà con Tremonti, Elsa Fornero, Matteo Salvini, tutti a pregare  con il Dalai Giorgetti. Ricordate, il “sacrificio” è la purificazione che vi connette al concordato preventivo. Om.  


 

  • Carmelo Caruso
  • Carmelo Caruso, giornalista a Palermo, Milano, Roma. Ha iniziato a La Repubblica. Oggi lavora al Foglio