Il racconto

Schlein Parthenope: esplode la Campania di De Luca e ora Liguria e Umbria sono date "per perse"

Carmelo Caruso

Il governatore, a Benevento, attacca Graziano, il capogruppo Pd in Vigilanza Rai e Ruotolo: "Imbecilli e cafoni". La guerra in Campania fa saltare la tregua nazionale, si prepara il "processo" a Schlein

No, non è più folclore: è selvaggiume. E’ in Campania che Schlein deve urlare “cessate il fuoco,  la lingua. Pace!”. Domenica, a Benevento, Vincenzo De Luca, ha definito Stefano Graziano, capogruppo Pd in Vigilanza Rai, “un imbecille”; “uno che per pietà ho nominato consulente a 3.600 euro  al mese. Cazzo, guadagnava più di me”. Sandro Ruotolo  è invece “un cafone”, “una nullità politica”. Il Pd, e lo dice il Pd, può perdere in Liguria, e la novità è che pure in Umbria crede di non farcela. La Campania sta macchiando un partito, compromette la sua rimonta, la segretaria.

 

Un partito d’opposizione, il Pd, deve fare opposizione (a Meloni), ma un partito d’opposizione deve spiegare come sia possibile che De Luca, governatore più votato del Pd, salga sul palco, del Foglio, e ammazzi la candidatura, in corso, di Andrea Orlando, in Liguria. Un partito deve anche spiegare perché fa la guerra a De Luca. C’è un conflitto violentissimo, da selvaggi, che ha come scena la Campania ma che avrà conseguenze a Roma. Se Orlando perde, perde Schlein e se il Pd perde la Liguria, il partito perde la testa. De Luca ha annunciato che si candiderà ugualmente, con o senza il Pd, e per la terza volta. Segue lo schema di Michele Emiliano (modifica alla legge regionale) e sta pensando di cambiare anche la legge elettorale. Basterebbe sapere cosa ne pensa Schlein: è d’accordo? Non lo è? Tutto si può dire basta farlo con i modi. In Campania il Pd è commissariato da due anni, ed è commissariata anche la sede di Caserta (la commissaria è Susanna Camusso). De Luca, sempre a Benevento, e ci sono i video, si è rivolto al partito, ha anticipato che “devono morire”, perché non permetterà al Pd romano di scegliere il candidato presidente in regione. In questi mesi De Luca e Schlein si erano pacificati. Era stata siglata una tregua, tregua saltata dopo l’arresto di Franco Alfieri, il sindaco di Agropoli, il professore del voto di De Luca. Il Pd di Schlein, ed è la ragione della furia del governatore, ha riscoperto, con Alfieri, la ghigliottina, il giustizialismo, e De Luca ha ripreso la sua prosa estrema, da battaglia. Tutto questo accade perché Francesco Boccia, che è stata commissario in Campania, prima dell’attuale, Antonio Misiani, ha lasciato ma senza un tavolo di pace. Anche Boccia è per la delucalizzazione, la delocalizzazione (impossibile) di De Luca. Accade perché Ruotolo, un altro leale di Schlein, detesta De Luca. In questi mesi, l’area riformista, l’area di Bonaccini-Guerini ha scelto la non belligeranza. Bonaccini è rimasto presidente del partito, una carica da società delle Nazioni, ma Bonaccini deve parte del suo prestigio al presidente campano, che lo ha sempre sostenuto. La questione De Luca riguarda Schlein quanto Bonaccini. Ovviamente la sinistra non fa i conti con la destra che in Campania ha già due valide alternative: Piantedosi o Cirielli.

La Campania non è l’Emilia-Romagna. Il rap, con gli Articolo 31, va benissimo a Milano, ma a Barra, Bagnoli, le elezioni regionali si vincono con le liste e Schlein non può dimenticare che nella contesa delle preferenze è superata dai vari Decaro, Bonaccini e pure  Cecilia Strada. I candidati che hanno permesso la vittoria di De Luca stanno  già guardando a destra, si offrono e non fanno ammuina. In Campania, alle politiche, sono stati eletti, blindati, Dario Franceschini e Roberto Speranza, e sono stati eletti sempre grazie ai voti di De Luca. Su richiesta esplicita della segretaria, Franceschini e Speranza, hanno messo da parte l’idea del correntone Arcipelago, la fusione delle loro rispettive correnti. A Roma, Roberto Gualtieri, con la solita sapienza del monaco Goffredo Bettini, sta lavorando per una grande “cosa” di sinistra, il Pd romano insieme ad Avs (ora c’è anche il rosso Smeriglio assessore) e M5s. Il sindaco è  convinto che se dovesse far bene, con il Giubileo, può aspirare alla carica di federatore, candidato premier del campo progressista. Immaginare che il Pd abbia trovato in Schlein la sua Meloni, una leader salda, inattaccabile, è un pensierino. Il Pd non è FdI. I dirigenti la stanno lasciando fare, non le stanno rimproverando la gestione Campania, solo per presentarle il fascicolo dopo. De Luca non è folclore, ma la voce di dentro, il fantasma di Schlein.

 

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  • Carmelo Caruso, giornalista a Palermo, Milano, Roma. Ha iniziato a La Repubblica. Oggi lavora al Foglio