La linea del Pd

Il Pse guarda Meloni sull'immigrazione. Schlein valuta se andare in Albania

Gianluca De Rosa

La segretaria convoca un'assemblea al Nazareno per presentare la proposta Delrio. E sui centri in Albania lancia una "staffetta democratica: Saremo sempre lì per vedere cosa succede". Oggi la decisione del Tribunale di Roma: i 12 immigrati nell'hotspot albanese potrebbero essere trasferiti in Italia

Elly Schlein si prepara alla battaglia: “Garantiremo una presenza costante di monitoraggio, una staffetta in Albania, per vedere quello che accade”. Mentre  Giorgia Meloni è a Bruxelles, al consiglio europeo per parlare anche di immigrazione e del modello Albania, al Nazareno la segretaria e il fido Pierfrancesco Majorino hanno organizzato una grande assemblea. Associazioni, dirigenti del partito e attivisti delle ong sono qui per ascoltare la proposta di legge in sette articoli scritta da Graziano Delrio per superare la legge Bossi-Fini. La Pdl prevede che il ministero del Lavoro stili ogni anno il fabbisogno di lavoratori per settore che serve al nostro paese. I singoli migranti potranno poi iscriversi alle liste per l’ingresso su base nazionale. La proposta prevede anche il meccanismo della sponsorship e l’estensione della durata dei permessi di soggiorno, con l’introduzione anche di quello per ricerca di lavoro. Dietro c’è un principio ispiratore: cambiare paradigma, passando dal reprimere l’immigrazione clandestina al riaprire canali regolari d’accesso al nostro paese perché, ha detto Schlein: “Sulle politiche dell'immigrazione anche il Pd ha commesso degli errori”. Poco prima glielo aveva ricordato la presidente dell'associazione Migrare, Shukri Said: “Non avete abolito la Bossi-Fini quando eravate al governo, che senso ha presentare una proposta di legge ora che siete all’opposizione?”.


Nel corso di  questa seduta di psicanalisi politica collettiva, il Pd ci mette un po’ a mettere a fuoco,  ma alla fine capisce: la battaglia oggi sono i centri in Albania che da due giorni, proprio alla vigilia del consiglio europeo, sono entrati in funzione.  Anche perché gli hotspot  sono guardati con attenzione anche dal resto d’Europa, governi socialisti compresi. A loro ieri mattina Schlein prima di tornare da Bruxelles a Roma ha detto: “Quando la socialdemocrazia ha deciso di rincorrere le destre sul terreno dell'immigrazione ha ottenuto un unico risultato: rafforzare le destre. Dobbiamo fornire una risposta diversa”. E però sconsolato anche Delrio ieri ammetteva: “Non possiamo nasconderci che la posizione di Meloni sta purtroppo riscuotendo successo in Ue, anche tra i Paesi guidati dal centrosinistra”. Dal palchetto della sala David Sassoli Matteo Orfini, gli altri socialisti europei se ne facciano una ragione, ha comunque confermato l’intenzioni battagliere di Schlein: “Nelle prossime settimane cercheremo di essere sempre presenti in Albania. Faremo ispezioni a sorpresa, monitoreremo ogni passaggio, saremo sempre lì”. Ieri nell’hotspot di Schengjin sono andati Paolo Ciani e Rachele Scarpa insieme a Riccardo Magi di Più Europa, oggi sarà il turno di Francesca Ghirra di Avs. Anche Schlein potrebbe recarsi lì: “Non lo escludiamo”. D’altronde tutti sono convinti o vogliono convincersi che l’accordo sarà un flop: “Si rivolterà contro Meloni dopo la sentenza della Corte di giustizia europea”, dice Orfini. E in effetti sull’argomento anche al Viminale c’è una certa apprensione. L’accordo tra Italia-Albania prevede che possano essere sottoposti alla “procedura accelerata” per valutare le richieste d’asilo solo i migranti che vengono da paesi sicuri. Il 4 ottobre però la corte di Lussemburgo ha stabilito che non è possibile considerare un paese “parzialmente” sicuro come  fa oggi l’Italia per Bangladesh, Egitto, Camerun, Costa d’Avorio e Tunisia. Se i giudici italiani si adegueranno a questa interpretazione anche i fermi per tenere in Albania i migranti proveniente da questi paesi, non sarebbero più validi e i migranti potrebbero dover essere trasferiti in Italia. La deputata dem Rachele Scarpa, intervenuta ieri in collegamento telefonico dall’Albania,  indicava di guardare già a quello che accadrà oggi al tribunale di Roma: “Abbiamo avuto la garanzia che se domani non verranno convalidati i trattenimenti di queste persone, verranno riportate in Italia, se così sarà ci troveremo di fronte a un fallimento incredibile del governo Meloni, con 12 persone che non avranno la convalida e saranno riportate in Italia”.

 

L’Albania punto debole del governo, ma anche preoccupazione. E non solo perché è un modello guardato anche fuori dall’Italia. Il vero timore è che, se non ci saranno intralci giudiziari, possa funzionare. Soprattutto come deterrente per chi parti. Molti  attivisti delle ong ieri al Nazareno tra loro lo dicevano chiaramente: “Guardate che già in Libia si è sparso il panico, con questa storia dell’Albania nessuno vuole più partire”. E d’altronde il grande rimosso del Pd è quello dell’immigrazione irregolare. A dirlo chiaro e tondo durante l’evento  è stato l’ex prefetto Mario Morcone, oggi assessore alla Sicurezza in Campania, ma con quattro ministri  –  Maroni, Amato, Alfano e Minniti – a capo del dipartimento Immigrazione del ministero dell’Interno: “Io – dice –  sono d’accordo con la proposta di Delrio però vorrei anche dire con molta chiarezza che non possiamo accantonare il tema della frontiera”. Per spiegare il perché Morcone ha raccontato un aneddoto degli anni passati al Viminale: “Ricordo –  ha detto – quanto accaduto nel 2014.  Fino ad allora noi  spostavamo i migranti in Lombardia e  poi loro volontariamente andavano verso la Germania. La Merkel la prese molto male, io fui spedito a Berlino per provare a calmare i tedeschi e per evitare che si chiudesse Schengen.  Si decise di istituire questi hotspost per identificare con certezza tutti e farlo con esperti degli altri paesi”.  

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