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guanciale rancido

Lo scivolone di Lino Guanciale alla Festa del cinema di Roma, vanità e ignoranza abissali

Salvatore Merlo

L'attorucolo de sinistra, chiamato ad aprire la festa del cinema e della ricotta di Roma, paragona Gaza e Shoah. Davanti a Elio Germano e all'Auditorium che fu regno dei fasti veltroniani, proprio non poteva sfigurare

Adesso sappiamo a chi s’ispirò René Ferretti, quello di Boris, la serie, nell’urlo “cagna, cagna maledetta”. Non era un’attrice scarsa qualunque, era un attore. E si chiama Lino Guanciale. Fa le fiction di Rai1. E ve le potete immaginare. Mercoledì gli hanno fatto aprire la Festa del cinema di Roma (tutta ricotta e friccichi de luna) con un intervento fantastico che ci ha ricordato i bei tempi del cineforum e della Corazzata Potëmkin di Paolo Villagio. Era il 16 ottobre. E Lino (che confidenzialmente chiamiamo Guanciale) doveva commemorare il rastrellamento del ghetto di Roma. Solo che Lino è un attore impegnato. Egli è iscritto al Pd. Anche all’Anpi come tutti gli attori de Roma che so’ tutti de sinistra. Ci tiene, infatti. E che fa, non mette sullo stesso piano Gaza e la Shoah?

E’ così popolare, ci giurano, questo attore Guanciale al transistor, che, come succede ai cantanti, viene scritturato come ai matrimoni, ma per le “serate” anche fuori dalla Rai. D’altra parte, basta che uno appaia una volta sul teleschermo della fiction che subito viene considerato maturo per presentare il veglionissimo del carnevale di Rimini, il gala delle libellule di Frosinone o, appunto, un matrimonio a Capalbio. Se poi sei de’ sinistra, e non fai che ripetere a tutti di essere iscritto al Pd, come minimo ti chiamano ad aprire la Festa del cinema di Roma all’Auditorium che fu regno dei fasti veltroniani, proprio lì, davanti al meglio dei pensionati del centrosinistra romano, intersezione tra il generone e quel 2 per cento di popolazione che si è rifatta la villa in Maremma o a Capri con i soldi del superbonus. E che fai se ti fanno recitare all’Auditorium? Che fai tu che pensi d’essere di sinistra e attore impegnato? Che fai, tu? Sfiguri davanti a Elio Germano che oltre a essere la reincarnazione di Enrico Berlinguer nei giorni pari, lo è anche di Giammaria Volonté nei giorni dispari? Eh, no. Pure io so io. Io so Guanciale, Lino Guanciale.

Ed ecco allora che  sali sul palco con la spilla dell’Onu al bavero, presenti il film su Berlinguer, dedichi cure scrupolose all’ondulazione del capello, ed esponi senza complessi la tua notevole capacità artistica da pregiatissima fiction di Rai1 leggendo con voce estenuata, carica di dramma, afono e fatale – insomma alla “cagna maledetta” di Boris – un magnifico testo di Giacomo Debenedetti sul 16 ottobre 1943, giorno del rastrellamento nazi-fascista al ghetto di Roma. Quel testo però te l’hanno dato. Mentre tu, visto che sei Guanciale  e sei di sinistra – accidenti! – hai delle idee.

E pensi pure che in sala ci sia ella, cioè Elly, insomma Schlein, una che magari se ti ascolta finisce che ti candida nell’Abruzzo natìo. Sicché  ti riaggiusti lesto il ciuffetto pendulo e con quella tua faccia familiare da vagone ristorante, ti dedichi incautamente all’imitazione dei grandi attori impegnati che un tempo esistevano davvero in Italia. E abbandonando le piccole, modeste parole che ti sarebbero congeniali, adoperi dei termini totali che riempiono di impegno civile la sala di ultrasessantenni che t’ascoltano attraverso gli apparecchi Amplifon: la pace, la guerra di Israele, le bombe, il massacro di Gaza. Quindi strappi un’ovazione a quel pubblico decotto di politici e cinematografari che nemmeno s’accorge fino in fondo di cosa hai detto e di quali eventi hai accostato tra loro, il genocidio degli ebrei nel 1943 e i bombardamenti su Gaza nel 2024. Sono la stessa cosa? “Cagna, cagna maledetta”. René lo sapeva.

  • Salvatore Merlo
  • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi universitaria in Inghilterra. Ho vinto alcuni dei principali premi giornalistici italiani, tra cui il Premiolino (2023) e il premio Biagio Agnes (2024) per la carta stampata. Giornalista parlamentare, responsabile del servizio politico e del sito web, lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.