(foto LaPresse)

Oltre il caso Albania

La sinistra non abbia paura di parlare di sicurezza, dice l'ex prefetto Morcone

Marianna Rizzini

Parla l'assessore alla Sicurezza della Campania: "Vedo un’involuzione della sinistra rispetto ai temi securitari, anche di fronte alla forte aspettativa in merito da parte di un elettorato preoccupatissimo"

E’ il giorno in cui il tribunale di Roma decide di non convalidare il trattenimento di dodici tra i sedici migranti che si trovano nel centro italiano di permanenza per il rimpatrio a Gjader, al di là dell’Adriatico, mettendo in dubbio l’impianto su cui si basa il “modello Albania” voluto dal governo Meloni. Bangladesh ed Egitto, i paesi da cui provengono i migranti, non sono considerati sicuri, e oggi una nave della Marina militare li riporterà in Italia (l’approdo è previsto a Bari, da dove poi i migranti potrebbero essere portati in un centro per richiedenti asilo ed entro due settimane potranno presentare ricorso). La segretaria del Pd Elly Schlein parla di “accordo fuorilegge e danno erariale” e invita il governo “a smontare tutto, tornare indietro e chiedere scusa agli italiani”, mentre la Lega, nel giorno in Matteo Salvini è a Palermo per il processo Open Arms, definisce “pro-immigrati” i giudici che hanno emesso l’ordinanza e li invita a “candidarsi alle elezioni”. Al di là delle accuse reciproche, resta la domanda: che fare? “Quando penso a questa situazione in Albania mi deprimo e mi vergogno”, dice al Foglio l’ex prefetto Mario Morcone, assessore alla Sicurezza nella giunta De Luca in Campania e al vertice del dipartimento Immigrazione del Viminale con quattro ministri di diverso orientamento politico: Roberto Maroni, Giuliano Amato, Angelino Alfano e Marco Minniti. “Scommetto mille euro che nessuno in Europa seguirà l’Italia su questa linea, contrariamente a quanto si ipotizza secondo la narrazione distorta di questi giorni, e ricordo che il premier laburista inglese Keir Starmer, appena entrato a Downing Street, ha stracciato il cosiddetto piano Ruanda del predecessore Rishi Sunak”.

 

Morcone è d’accordo con la proposta di legge Delrio per il superamento della Bossi-Fini, illustrata due giorni fa al Nazareno davanti ai dirigenti Pd e ai rappresentanti di alcune associazioni e ong, ma pensa che “la sinistra faccia ancora un po’ fatica” a pronunciare senza paura la parola “sicurezza”. “Sicurezza è libertà”, dice l’ex prefetto, ragionando su un vocabolo che è bifronte (per l’effetto che fa) da qualsiasi lato politico lo si guardi: chiave di accesso alla fiducia dell’elettorato, ma anche banco di prova per ogni governo e amministrazione locale. “Lo dico sinceramente”, riflette Morcone: “Vedo un’involuzione della sinistra rispetto ai temi securitari, anche di fronte alla forte aspettativa in merito da parte di un elettorato preoccupatissimo”. Talmente preoccupato che, se il tema non viene affrontato, può essere spinto a rivolgersi altrove, spianando praterie per la destra? “Ho provato a porre il problema della sicurezza rispetto alle frontiere, durante l’assemblea sulla proposta di legge Delrio, dicendo che c’è un tema ingressi che va affrontato e che non può essere trascurato. Dobbiamo sapere chi entra in Europa e in Italia e non possiamo affidare ai comuni il compito del primo rilascio del permesso di soggiorno. Un conto è il rinnovo, ma per il rilascio serve uno screening a monte. E’ vero che il lavoro dev’essere al centro di una eventuale nuova legge, è vero che servono permessi di soggiorno più lunghi, che il rispetto dei diritti deve essere tema fondamentale e  che dobbiamo cambiare paradigma rispetto alla Bossi-Fini, ma bisogna sapere a monte se chi arriva viene davvero per far parte del nostro sistema economico-sociale, per imparare la nostra lingua, per integrarsi”. Morcone il tema lo ha posto, e il riscontro? “Ecco, mi pare che il Pd non abbia ancora maturato del tutto una piena consapevolezza sul tema delle frontiere. Siamo europeisti convinti? Penso proprio di sì, e allora però non possiamo esserlo a corrente alternata e dobbiamo porci con serietà il problema, come l’Europa d’altronde chiede: la sicurezza delle nostre frontiere va garantita, e quindi sapere chi entra è prioritario”. 

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  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.