Il retroscena
Rampelli e la pace con le sorelle Meloni: così il vecchio zio di FdI non borbotta più
Dopo due anni ai margini e quasi all'opposizione interna, il "maestro" della premier torna ad avere un ruolo centrale. I segnali di un patto che porta al Campidoglio o forse, difficile, al governo
Piccoli indizi: è andato in Croazia, a Dubrovnik, per il convegno di Ecr con la delegazione di Fratelli d’Italia. E’ stato fra i primi, se non l’unico, nel giorno del varo della finanziaria in Consiglio dei ministri a suonarle alle banche. Difende la manovra con il coltello fra i denti, parla di vittoria del merito sulla sanità, attacca le opposizioni sulla decisioni dei giudici rispetto al centro di accoglienza per migranti in Albania, agita mandanti dietro ai dossieraggi. Insomma, ultimamente – ma forse sono superficiali suggestioni – Fabio Rampelli, vicepresidente della Camera e busto di Fratelli d’Italia piazzato al Pincio dalle sorelle Arianna e Giorgia Meloni, sembra essere ritornato sul pezzo. In linea con i vertici del partito. Chi lo conosce da una vita aggiunge: “E’ più sereno”. Sarà.
Poi si scava e si scopre pure che in vista degli imminenti congressi del partito, che quasi un anno fa lo portarono quasi a una rottura clamorosa recuperata in zona Cesarini, sembra esserci un accordo per i responsabili dei municipi di Roma. Nessuna candidatura alternativa rampelliana. Insomma, sembra venir meno almeno nel racconto politico parlamentare il ruolo dello “zio Fabio”, il borbottone messo da parte ma mai domo, dopo aver creato, soprattutto nella capitale, lo zoccolo duro di Fratelli d’Italia (e qui ci vorrebbe la solita epica sulla Colle Oppio, la sezione dove tutto ebbe inizio). Qualcosa sembra muoversi negli equilibri interni di FdI. Sono piccoli segnali, certo. Dettagli da unire e da capire. Eppur qualcosa si muove, nel pissi pissi del partito famiglia, che ultimamente vede a ribasso (ma chissà se è vero) le quotazioni di Francesco Lollobrigida, ministro-ex. A favore di Rampelli? Non esageriamo.
Possono essere semmai rette parallele che per un caso raro e occasionale si toccano. Sta di fatto che il vicepresidente della Camera, unico big a non avere avuto un avanzamento di carriera rispetto alla passata legislatura, è tornato a essere più centrale. Almeno nella percezione. Chi gli vuole bene dice che forse in caso di rimpasto potrebbe, a sorpresa, entrare a fare parte del giro buono. Chi non gli vuole bene – e ce ne sono – afferma: “Giammai!”.
E però l’unico mezzo oppositore interno di Giorgia Meloni (appellativo che al diretto interessato fa gonfiare le vene del collo) è rientrato nel gruppo che per un periodo lo aveva, complice il suo carattere non proprio elastico, messo un po’ ai margini. Rampelli non si sente una riserva della repubblica melonista, dice di divertirsi a fare il vicepresidente vicario della Camera (la quinta carica dello stato), ma fra due anni si voterà a Roma. E dopo la tragedia di Enrico Michetti l’idea è quella di puntare su un politico puro. Le alternative sono il deputato Luciano Ciocchetti e la vicegovernatrice Roberta Angelilli.