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L'editoriale del direttore

L'agenda Tafazzi che guida la sinistra ambientalista

Claudio Cerasa

No al fotovoltaico, no allo stoccaggio della CO2, no ai termovalorizzatori: il pazzo ecologismo di una sinistra che, in vista delle regionali, dall’Umbria alla Liguria combatte la scienza al punto da diventare nemica dell’ambiente

Pensavamo di averle viste tutte a sinistra, o quasi, ma mai ci saremmo aspettati di ritrovarci al punto in cui ci troviamo oggi e di fare i conti cioè con uno strano mostro a tre teste, una strana creatura politica che potremmo provare a inquadrare così: una sinistra ambientalista decisa a fare tutto il necessario per evitare di avere un ambiente più pulito inconsapevole del fatto però che le sue azioni la portano a fare tutto il necessario per avere un mondo meno dipendente dai combustibili fossili. Il caso più clamoroso, di cui avrete sentito parlare, è quello che si è verificato la scorsa settimana, quando il governo ha annunciato che all’interno della manovra non ci sarebbe stata alcuna iniziativa per spingere verso il basso l’accisa che grava sulla benzina. Buona parte dell’opposizione ha colto la palla al balzo per accusare la maggioranza di essere ancora una volta incoerente rispetto alle proprie promesse. Ma la stessa opposizione che ha accusato il centrodestra di aver tradito i propri elettori non deve essersi accorta del fatto che non intervenire sulle accise significa non fare nulla per rendere l’utilizzo della benzina più conveniente e una politica che sceglie di non intervenire sull’accisa è dunque una politica che sceglie di fare qualcosa per disincentivare l’utilizzo di combustibili fossili.

    

Si potrebbe dire che lo stesso vale per la scelta fatta dal governo di inserire nel Piano strutturale di bilancio investimenti per incentivare la cattura e lo stoccaggio della CO2, oltre che tecnologie per decarbonizzare come l’idrogeno e il nucleare, oltre che investimenti per ridurre le perdite di metano, ma anche su questo la sinistra a favore dell’ambiente ha scelto di non offrire una sponda alla destra di governo.

   

Ma il quadro se possibile si complica ancora di più quando si passa dallo scenario nazionale a quello regionale e i casi in cui la sinistra di lotta e di governo ha scelto di combattere contro l’ambiente, contro la scienza, contro le politiche necessarie a ridurre la CO2 iniziano a essere tanti. E se si sceglie di farsi un giro per l’Italia si troveranno storie incredibili.

 

In Sardegna, Alessandra Todde, del M5s, ha disposto una moratoria sulle fonti di energia rinnovabile: diciotto mesi di stop a tutti gli impianti rinnovabili, salvo i piccoli impianti agrivoltaici, e la sinistra nazionale nulla, silente, dormiente, muta. In Umbria, dove si vota il 17 e il 18 novembre per le elezioni regionali, la candidata del centrosinistra, Stefania Proietti, ha scelto di trasformare la lotta contro il progetto del termovalorizzatore unico regionale in un elemento identitario della propria campagna elettorale. Eppure un sindaco importante del Pd, Roberto Gualtieri, da mesi ripete che il termovalorizzatore inquina meno di una discarica, che il termovalorizzatore ha livelli di emissioni di gran lunga inferiori a quelli prodotti dalle attuali gestioni, che il termovalorizzatore è l’unica soluzione possibile per avere città più pulite, discariche meno piene e meno anidride carbonica nell’aria. E anche qui, rispetto alla linea del Pd umbro, la sinistra nazionale non dice nulla, è silente, è dormiente, è muta e avalla l’oscurantismo ambientalista della sua candidata. Stessa storia in Puglia, dove la sinistra da tempo ha iniziato un corpo a corpo contro un impianto a ossicombustione, senza fiamma, che consentirebbe la cattura e lo stoccaggio dell’anidride carbonica con meno emissioni rispetto ai processi tradizionali. Anche qui la sinistra di lotta e di governo è rimasta a lungo silente, immobile, muta di fronte alle derive antiambientaliste della sinistra locale, che non volendo cercare alternative alla discarica continua a lavorare per avere un mondo più inquinato (l’impianto è stato formalmente approvato ma non è stato ancora finanziato e qualche settimana fa la Corte di cassazione ha messo fine al balletto rigettando il ricorso del comitato “No inceneritore” di Bari-Modugno). Ci piacerebbe dire che è finita qui ma purtroppo non è così.

   

In Liguria, il candidato del centrosinistra, Andrea Orlando, ex ministro del governo Draghi, e molto altro, si è detto contrario al rigassificatore di Vado Ligure. Il rigassificatore, per i distratti, è un impianto che permette al gas liquefatto di diventare gas utilizzabile per il consumo finale. L’Italia ha promosso una politica di ampliamento dei rigassificatori nel 2022, dopo l’invasione dell’Ucraina da parte di Putin, e i rigassificatori servono anche a questo: a ridurre in modo strutturale la dipendenza dell’Italia dal gas russo. Oltre a questo, però, i rigassificatori servono anche ad altro, servono potenzialmente a ridurre le emissioni di gas serra: il gas non è una forma di energia pulita, ma è meno inquinante di carbone e petrolio. Orlando, da ministro del Lavoro, firmò il decreto in base al quale venne previsto che il rigassificatore sarebbe stato per tre anni a Piombino e poi si sarebbe spostato. Orlando ammette che aveva firmato quel decreto, ma dice che nessuno aveva mai detto che il rigassificatore di Piombino sarebbe stato spostato automaticamente a Vado. Solita sindrome: not in my back yard.

   

Accanto a queste storie, naturalmente, se ne potrebbe aggiungere una, la più clamorosa, quella che vede la sinistra italiana impegnata con tutto il cuore a combattere contro l’unica tecnologia che potrebbe aiutare l’Italia, in prospettiva, a utilizzare sempre meno combustibili fossili e sempre più combustibili puliti, ovvero il nucleare. Ma in fondo una linearità nella sinistra c’è: il fotovoltaico no, il termovalorizzatore no, il rigassificatore no, lo stoccaggio della CO2 no, l’ossicombustione no. Pensavamo di averle viste tutte ma immaginare di ritrovarsi in modo così clamoroso di fronte a una sinistra ambientalista che combatte la scienza al punto da diventare nemica dell’ambiente ci sembrava troppo. Invece è successo: più discariche, tranne a Roma, e più combustibili fossili.

 

Dall’agenda Tafazzi è tutto, a voi studio.

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  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.