Il racconto

Migranti, la reazione di Meloni: Cdm in 40 minuti per il decreto sui "paesi sicuri". Giallo sulla manovra

Simone Canettieri

Dopo lo stop all'operazione Albania, ecco la risposta del governo: la lista dei paesi scende da 22 a 19. I timori di Mattarella su un conflitto con l'Europa stile balneari. Intanto la conferenza di domattina salta: il testo della Finanziaria non è ancora arrivato al Quirinale

Oplà. E il decreto interministeriale diventa un decreto legge sui paesi terzi considerati sicuri (che passano da 22 a 19). La reazione del governo, e di Giorgia Meloni, allo stop del tribunale di Roma all’esperimento albanese si consuma in un Consiglio dei ministri  veloce. Annunciato  all’insegna del “non ci fermeranno”. E’ la reazione ciò che conta:  perché ad ascoltare le voci del centrodestra ormai sopra Palazzo Chigi è tutto un sabba di magistrati e opposizioni. Il decreto legge, che forse non risolve il vulnus con l’Europa, è stato accompagnato in maniera silente ma costante dal lavorìo degli uffici legislativi del governo con quelli del Quirinale. Contatti a tutti i livelli fra lo staff di Meloni (in prima linea il sottosegretario Alfredo Mantovano) e il “mondo Mattarella”. Il presidente della Repubblica non si opporrà al dl. Tuttavia è preoccupato per l’efficacia del provvedimento, destinato a confliggere con la Ue. 

I problemi riguardano i contenziosi con Bruxelles e appunto le difformità con le regole della  Commissione, regole sui migranti destinate a cambiare fra un anno con un nuovo patto. Nel frattempo Mattarella non ravvedendo, almeno nelle interlocuzioni informali degli uffici, profili di incostituzionalità non ostacolerà il decreto. Al limite, è un’ipotesi ancora sospesa, potrebbe promulgarlo accompagnandolo da una lettera di raccomandazioni come avvenne per i balneari. Tuttavia non è affatto detto che dal Quirinale arrivi nei prossimi giorni, una volta esaminato il testo definitivo, una nota scritta. Bastano le discussioni informali: tutti i protagonisti sono consapevoli. D’altronde anche una portavoce della Commissione Ue a proposito del caso Italia-Albania è tornata a ribadire che “ad essere applicato è il diritto nazionale ma anche standard legati alla protezione internazionale che sono forniti dal diritto Ue. Abbiamo anche detto che tutte queste misure devono essere pienamente conformi con il diritto comunitario e non devono indebolirlo”. Ecco perché la partita di Meloni si gioca su più campi in Italia e in Europa dove però si muove una maggioranza, con il Ppe al centro, pronta a venire incontro all’Italia. Il fronte interno è quello più interessante: lo scontro con i magistrati sui migranti e la conseguente reazione cadono nell’anniversario dei due anni di governo (“settimo esecutivo più longevo della repubblica”). Ricorrenza per la quale Palazzo Chigi sforna un “agile” vademecum di 59 pagine per elencare tutti i successi dell’esecutivo. Un’autocelebrazione che a essere maliziosi potrebbe funzionare anche come programma elettorale in caso la situazione precipitasse. Scenario, va detto, che chi frequenta il Quirinale, deputato a sciogliere le Camere, non prende minimamente in considerazione.

Quanto al decreto: il Cdm chiude la pratica in meno di un’ora, quaranta minuti per la precisione. La misura “trasla” l’elenco dei 19 Paesi considerati sicuri (compresi Egitto e Bangladesh, oggetti della discordia venerdì scorso, escono invece Camerun, Colombia e Nigeria)  dal decreto interministeriale della Farnesina, l’Interno alla Giustizia, a un decreto ad hoc, con l’obiettivo di renderlo norma primaria. La norma rispetterebbe stavolta sia il principio oggettivo, ovvero l’ambito delle eccezioni relative alle aree geografiche del singolo stato, sia quello soggettivo, ovvero quello riferito a determinate categorie di singoli individui. Il governo cerca così di blindare la sua posizione di fronte alle norme del diritto europeo che fino a ora hanno prevalso pesando sulle decisioni dei giudici. Non entra nel decreto, ma forse accadrà al momento della conversazione, un intervento per accorciare l’iter dei ricorsi, richiesto dal governo ma sconsigliato dal Quirinale. In questo andirivieni fra il Colle e Palazzo Chigi spunta anche un piccolo giallo: la conferenza stampa della premier sulla manovra prevista per domattina è saltata. “Manca Tajani”, dicono dal governo. Anche se fino a questa sera la manovra non era ancora arrivata sulla scrivania di Mattarella.
 

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  • Simone Canettieri
  • Viterbese, 1982. Al Foglio da settembre 2020 come caposervizio. Otto anni al Messaggero (in cronaca e al politico). Prima ancora in Emilia Romagna come corrispondente (fra nascita del M5s e terremoto), a Firenze come redattore del Nuovo Corriere (alle prese tutte le mattine con cronaca nera e giudiziaria). Ha iniziato a Viterbo a 19 anni con il pattinaggio e il calcio minore, poi a 26 anni ha strappato la prima assunzione. Ha scritto per Oggi, Linkiesta, inserti di viaggi e gastronomia. Ha collaborato con RadioRai, ma anche con emittenti televisive e radiofoniche locali che non  pagavano mai. Premio Agnes 2020 per la carta stampata in Italia. Ha vinto anche il premio Guidarello 2023 per il giornalismo d'autore.